Agenzia Fregoli a Viterbo: “Noleggiasi uomini e donne per ogni bisogna…” – Recita a soggetto del teatro Cinabro (entrata gratis… uscita a pagamento)
Il 30 maggio 2010 alle h. 19, nella chiesa sconsacrata di San Salvatore, in piazza San Carluccio (Quartiere San Pellegrino) si compie un rito pagano farsesco, una commedia degna della più classica Commedia dell’Arte: “L’Agenzia Fregoli” sbarca a Viterbo!
L’ultima creazione del Teatro Cinabro Calcata va in scena nell’ambito della Biennale d’Arte Creativa e sarà una sorpresa per tutti… E’ stata una sorpresa del trasformismo scenico persino per i suoi ideatori, infatti l’Agenzia Fregoli, nel corso delle prove ha visto ripetutamente cambiare i suoi attori… Gente che va, gente che viene, uno resta e l’altra se ne parte, maschi che diventane femmine e femmine che diventano maschi. Tutti alla mercé del fato (e della richiesta-offerta di “Uomini a nolo…”). Con questa piece, liberamente tratta da brani di rivista anteguerra del principe Antonio De Curtis, si solletica il pubblico con sane battute “purgate” dalla censura.
“La censura esiste anche oggi!” qualcuno potrebbe obiettare.. -magari a ragione- ed esiste anche la crisi economica e la fame, motivo di più per ridere della fervida fantasia creativa di un Totò che aveva immaginato i Co.co.co, i call-center e la necessità di arabattarsi per vivere, con oltre settant’anni di anticipo…
Alcune notizie sulla fonte ispirativa:
Nato nel 1898, Antonio De Curtis, in arte Totò, ha fatto la sua “Università” recitando a Napoli nelle farse a soggetto, di origine ottocentesca e pulcinellesca. Le sollecitazioni per un giovane comico erano tante. Da una parte la farsa urbana e sottoproletaria di Pulcinella, la farsa cafona e grassa della tradizione cavaiola, la farsa piccolo borghese di Don Feliciello Sciosciammocca, i pasticci linguistici di Don Antonio Tartaglia.
Dall’altra l’esplosione del varietà, erede del Cafè Chantant.
Da questo calderone emersero, insieme a lui, due altri grandi comici, il Viviani ed Edoardo, ambedue tesi al rifiuto della prigionia della maschera a favore del carattere e del personaggio.
Totò, al contrario, trovò la sua libertà espressiva proprio diventando maschera, esaltandola con il suo volto disossato, la disarticolazione del corpo e con le sue fulminanti invenzioni linguistiche.
Abbiamo liberamente tratto i due tempi della nostra farsa dalla Rivista “Uomini a Nolo”, scritta nel 1937 da Totò in collaborazione con Bel Ami (Anacleto Francini).
Questo testo, come tutti gli altri degli anni ’30, è segnato dalla ricerca di nuove diramazioni del linguaggio comico, principalmente il travestimento e una palese “lunarità” quasi surreale delle battute.
Nella nostra messa in scena ci siamo sforzati di impiegare le tecniche interpretative di quell’epoca, senza per questo tentare l’impossibile imitazione di quell’inimitabile “mostro comico” che fu Totò. Siete tutti invitati a “soffrire” con noi un sacco di felicità e di risate.
Battute finali:
“Così, gentile pubblico beneamato, finisce questa farsa un po’ arronzata.. e se qualche risata alfine c’é scappata… forse il nostro dover l’abbiam compiuto, perciò donateci un applauso di saluto… (applauso auspicabile).. Ed ora gentile pubblico beneamato non vogliamo farvi mancare il momento più amato della serata, il momento che tutti ci invidiano… (omissis)…” Si chiude il velario con la danza dei pompieri (forse).
Grazie per l’accoglienza che vorrete riservare alla nostra “fatica” teatrale e per la vostra auspicata presenza allo spettacolo!
Paolo D’Arpini
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