Valter Vecellio: “Diario carcerario e proposte per conformare le condizioni di detenzione al rispetto degli standard minimi di vivibilità”

I Garanti per i detenuti preparano un reclamo collettivo che richiede il rispetto degli standard minimi di detenzione. Il reclamo, spiegano i Garanti potrà essere completato da ogni persona detenuta a seconda della particolare condizione carceraria in cui si trova, “sarà oggetto di capillare distribuzione e pubblicità”, e andrà presentato al magistrato di sorveglianza, “per richiedere l’adozione di misure necessarie per conformare le condizioni di detenzione al rispetto degli standard minimi di vivibilità”. Una decisione motivata dalla impotenza, la definiscono così, delle forze politiche ad affrontare il dramma attuale del carcere ed esprimono “grande preoccupazione per l’avvicinarsi della stagione estiva”. Quando si parla di impotenza delle forze politiche è evidente che si parla della coalizione di Governo e magari di partiti di opposizione come il PD e l’Italia dei Valori. Meno genericità non avrebbe guastato, sarà per un’altra volta.

Ad ogni modo, i Garanti si riservano di “intraprendere iniziative forti di sensibilizzazione qualora non intervengano provvedimenti che incidano intanto sulle detenzioni di breve periodo”. Se il buongiorno si vede dal mattino, a giudicare da quello che fanno e soprattutto non fanno, a palazzo Chigi e al ministero della Giustizia, questa riserva la dovranno presto abbandonare.

Cagliari, ora. C’è un detenuto malato di cancro, è in gravissime condizioni. Il caso è sollevato da Maria Grazia Caligaris, presidente dell’Associazione “Socialismo Diritti Riforme”. Osserva che “nelle sovraffollate carceri italiane accade di tutto, ma un detenuto in gravissime condizioni di salute, a letto con le bombole di ossigeno che gli consentono di respirare, nel Centro Clinico di Buoncammino di Cagliari non si era mai visto”.

Il detenuto in questione è una persona di 67 anni; i medici hanno dichiarato che le sue condizioni di salute sono assolutamente incompatibili con il regime carcerario, essendo affetto da un carcinoma polmonare non trattabile chirurgicamente. E’ ricoverato nel Centro clinico del carcere, che certo è meglio della cella, ma è molto improbabile che possa garantire quel tipo di assistenza necessaria. Certamente non è idoneo alla ossigenoterapia; non è in grado di gestire, in piena sicurezza, la dotazione di bombole di ossigeno; non è in grado di garantire il trasporto e la loro sostituzione. Si è creato un clima di allerta continuo anche per l’eventuale, tempestivo trasporto dell’ammalato in ospedale in caso di crisi che possano compromettergli la vita.

A Udine: festa del corpo della polizia penitenziaria. Uno dei sindacati di questa polizia, il Sappe diserta la Festa, e lo fa con una motivazione che è interessante e fa loro onore: nel carcere manca dignità per detenuti e agenti: troppi i detenuti nel carcere di Udine, troppi pochi gli agenti, denunciano. Visto l’obiettivo primario di “tutela della salute e della dignità umana” manca anche personale medico-sanitario. “Non ha senso”, dice il SAPPE, “presenziare a una cerimonia che può essere tutto meno che una festa per coloro che ogni giorno, 24 ore su 24, vivono la tensione nella prima linea delle sezioni detentive sovraffollate. Le carceri scoppiano e la classe politica tutta assiste inerte all’implosione del sistema penitenziario”. Anche qui, giusta protesta, ingiusta generalizzazione. Quando si dice che tutta la classe politica assiste inerte, si dice una cosa sbagliata e ingiusta. Bisognerà trovare il modo di farlo presente al segretario regionale di quel sindacato Vito Gesualdi, che peraltro fornisce dati di una realtà che si commenta da sola: “La capienza regolamentare è di 63 detenuti, quella tollerabile di 168 e quella attuale di 224, mentre l’organico previsto è di 147 agenti, contro i 122 in forza e i 110 presenti effettivi in servizio. Il numero necessario sarebbe invece di almeno 180 agenti”. Piccola notazione: come sia possibile che da una capienza regolamentare si possa passare a una tollerabile di quasi il triplo, appartiene ai misteri di questo paese.

Si chiude citando una cronaca apparsa sul “Tirreno”, quotidiano toscano. Racconta che la sottosegretaria alla giustizia, Maria Elisabetta Casellati, ha visitato il carcere di Pisa. Leggiamo: la direzione è illuminata, il personale esperto e disponibile, il centro sanitario è un fiore all’occhiello. Ma i numeri sono impietosi: 389 detenuti, compresi quelli ricoverati per motivi di salute. Vale a dire 179 oltre la capienza massima. Le guardie carcerarie in organico erano invece 177, comprese quelle assegnate al nucleo traduzioni e piantonamenti, 77 in meno rispetto al numero fissato. Un’asimmetria evidente, che con la logica ha poco da spartire. E cosa dice la sottosegretaria? “Il carcere è luogo di espiazione della pena. Finisce per contagiare, coinvolgere, fa perdere di obiettività. Deve dare pace sociale e rieducare per il dopo. I discorsi sul sovraffollamento sono banali, qui non ci sono le condizioni d’invivibilità…”.

Speriamo che sia il giornalista ad aver frainteso, ad aver preso, come si dice, fischi per fiaschi. Se così non è, davvero: buona fortuna.

Valter Vecellio – Notizie Radicali  – va.vecellio@gmail.com

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Proposta per un carcere modello auto-gestito:

http://www.circolovegetarianocalcata.it/2008/12/24/proposta-di-carcere-auto-gestito-al-presidente-del-consiglio-al-ministro-della-giustizia-alle-commissioni-parlamentari-preposte/

 

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