Tarocchi tradotti in parole: Il significato dell’arcano N° 1 – Inizio del viaggio — (Il Bagatto – o Mago – o Giocoliere che corrisponde alla Scimmia dell’oroscopo cinese)
C’era una volta….un tempo in cui anch’io credevo nella favole, nelle fate, nel bene che vince sempre sul male…ma questa è storia di ieri. E oggi me ne sto affacciato alla finestra della vita, a osservare il pigro scorrere del tempo…me ne sto rinchiuso in questo guscio d’uomo svuotato della preziosa linfa dell’entusiasmo.
Le sferzate del destino (ma esiste…o non è un pallido alibi da usare quando conviene per stornare le proprie responsabilità?) non sono state quelle che mi hanno ridotto così, no.
E’ stato un giorno in cui, forse per somma di cose, si è sentito un piccolo “crac” dentro da qualche parte, o meglio se ne è sentita un’eco agghiacciante, come la piccola crepa che poi provoca il crollo dell’intera diga, quella diga che faticosamente mi ero costruito negli anni.
Mi sono ritrovato statua di fango rappreso.
Ed è così che si è aperta la via a tutte quelle presenze-assenze (di queste ultime, soprattutto la mia) che adesso popolano il teatro di questo essere che sono io: paure, angosce, deliri, visioni, paranoie, alienazione (da tutto e da tutti) ma soprattutto indifferenza, grigia, anonima, strisciante, perfida come una bonaccia per i naviganti di un tempo, la condanna a un’immobilità che sembra eterna. La paralisi della mosca di fronte al ragno, l’incubo ricorrente di non potersi muovere mentre strani mostri si apprestano a divorarti.
E’ in questo stato d’animo (o meglio: non-stato d’animo) che mi corico stasera, sperando, come sempre, in un mattino di non risveglio, visto che il coraggio di fare certi passi non c’è.
Il sonno, blando placebo ai miei malesseri, come sempre tarda a venire, per accentuare ancora di più il non senso del mio esistere.
E vedo.
Ombre che si strascinano lungo lo sfondo della coscienza….figure che prendono corpo come uscendo da bozzoli di non sapere, non vedere, non capire…Colori? A non finire, intessuti in un arazzo fantasmagorico e vivo, straordinaria messa in scena di un mistero unico e multiforme, che vive di architetture scolpite nell’anima, di forme affidate al plastico soffio della psiche per modellarsi di volta in volta nuove e diverse, ma sempre riconosciute dall’io… E in ognuna di esse vedo mondi e universi di significato, di bellezza, di limpida serenità, di sussurrata autorità, di dolce riaffermazione del segreto della vita, percepito come un abbraccio totale, un tenero bacio sulle labbra, una sensuale promessa, una gioiosa resa di sé.
E tutti questi mondi….sono io.
Un nuovo me stesso trova la sua testa posata sul cuscino al mio risveglio, e si interroga con tranquilla introspezione comprendendo che il lungo passaggio nelle tenebre più fitte ha dischiuso orizzonti di luminosa significanza; che dalla morte più tormentosa è nata la vita più abbondante; che la fatica del non-vivere ha ceduto il passo all’incedere leggero sul filo di una melodia.
E lui…quel curioso ometto vestito di rosso e blu, con quell’enorme cappello a forma di infinito è ancora lì, come ieri notte, come se fosse il regista del mio spettacolo, e mi guarda divertito da un angolo della mente, con la sua attrezzatura da mago di baraccone: una bacchetta di legno, un denaro, una coppa, una spada.
E dei dadi, che mi invita a lanciare, per dar vita a un nuovo gioco.
Simone Sutra – itdavol@tin.it