Giorgio Vitali: “In difesa dell’onore di essere italiano” – Perché le invenzioni degli italiani non vengono riconosciute?

Ante scriptum

SI TRATTA DI UN COMUNICATO MOLTO IMPORTANTE CHE VA FATTO CONOSCERE. TUTTO QUANTO è FATTO contro ed  ALLE SPALLE DEGLI ITALIANI PASSA SOTTO SILENZIO… dobbiamo abituarci a pensare che ci dobbiamo difendere. Sempre!! G.V.

“Non solo Meucci scippato da Bell, ma anche De Pretto da Einstein; che sia un vizio?” (Roberto Sestito)

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Da qualche tempo ormai si scrive e si parla (molto) di difesa delle radici, della cultura e quant’altro. Tuttavia non sembra che NEI FATTI ciò che abbonda nelle parole divenga prassi di governo generale della cosa pubblica. Ne è un esempio più che evidente la stato della scuola ed il livello delle trasmissioni televisive. Ma c’è dell’altro, che riguarda più da vicino lo “stato dell’arte” di un’inveterata attitudine ad incassare discriminazioni se non offese. Mi riferisco all’immagine degl’italiani nel mondo, comunicata non solo dalle solite Mafie, ma anche dal silenzio degli Organi Competenti sui meriti degli italiani, che sono davvero moltissimi.

Di recente, circa due anni or sono, i Media hanno trasmesso la notizia che alla conclusione di una querelle durata all’incirca centocinquant’anni, è stata riconosciuta a Meucci la “primogenitura” per la nascita del telefono. Attribuzione del tutto formale perché nel frattempo i vari Bell hanno sfruttato brevetti e creato attività economiche potentissime. Lo stesso dicasi per Marconi, sulle cui invenzioni la polemica non si è ancora placata con i russi, mentre i brevetti hanno fruttato cifre enormi che avrebbero potuto appartenere agli italiani; e che dire di Colombo? Si tratta di uomini troppo importanti per l’umanità quindi il poter accaparrare l’immagine per il popolo che li ha espressi è già un fatto di grande prestigio. E non mi sembra che qualche italiano con incarico governativo sia mai sceso in campo per difenderne il buon nome o il luogo di nascita.

Adesso si prospetta qualcosa di molto più interessante: sabato notte Radio Radicale ha trasmesso la notizia che il Guardian, prestigioso giornale inglese, ha scritto che la più famosa formula scientifica del XX Secolo non fu formulata dal noto Einstein, ma dall’italiano Olinto De Pretto. Chiunque può capire le implicazioni di questa notizia. La faccia d’Einstein è stata utilizzata durante un intero secolo in tutte le declinazioni mediatiche a simboleggiare il GENIO della SCIENZA. La più gran mente “illuminata” che cambia il paradigma della conoscenza entro il quale si agita l’umanità intera. L’essenza della genialità, le cui battute “di spirito” vengono ripetute con monotonia dalla compiaciuta consapevolezza degli appartenenti al mondo della “mezzacultura”.

E invece oggi comincia a circolare la voce che si tratta di un accaparratore. E non sarebbe, purtroppo, il primo, anche se l’uso del personaggio, sicuramente pompato dai Media, è stato eccessivo anche per gli estimatori acritici di tutto quanto è imposto per via politico-mediatica.

Conoscevo la storia, sapevo che la formula, sostenuta dall’illustre astronomo Schiaparelli e presentata in un convegno scientifico del Reale Istituto Veneto di Scienze il 23 novembre 1903, era stata pubblicata dal De Pretto nel 1904 (licenziate le bozze per la stampa il 27 febbraio) molto prima che il perito tecnico dell’ufficio brevetti di Berna dove lavorò dal 1904 al 1909, divenuto poi “mito del XX Secolo”, pubblicasse i suoi studi in merito (1907). E d’altronde il Nobel a questi fu conferito nel 1921 solo per la teoria dell’effetto fotoelettrico, fatto piuttosto indicativo.

Conoscevo la storia perché avevo comperato un simpatico libretto, A caccia di libri proibiti, di Simone Berni, edito dalle edizioni Simple (www.stampalibri.it), il quale presentava come ormai introvabile perché esaurito un libro del fisico prof. Umberto Bartocci: Albert Einstein e Olinto De Pretto: la vera storia della formula più famosa del mondo, edito da Andromeda (www.alinet/it/andromeda). Acquistai il libro tramite il mio libraio ed appresi che il Bartocci aveva scritto anche un libro su Majorana. Fatto importante, perché tanto Majorana quanto De Pretto morirono giovani. (Fra questi fisici di gran valore morti giovani dovrebbe essere inserito anche Giovannino Gentile, figlio del più noto Giovanni, amico e sodale di Majorana, che morì nel 1942 non si sa di che..)

Questi libri vanno letti perché aprono molti spiragli della mente su argomenti di grande attualità troppo spesso ignorati. Sarebbe meglio scrivere occultati. (A quanto mi risulta, il libro su De Pretto è stato presentato dal solo quotidiano IL TEMPO del 9 novembre 1999).

Tuttavia non è su questi argomenti che vorrei concludere la presente lettera.

Gli italiani sono universalmente conosciuti, oltre che per l’apporto che la Mafia elargisce al progresso delle tecniche d’occultamento di cadaveri, anche per una genialità diffusa che fa di loro i più citati nelle enciclopedie.

Malgrado quest’indiscusso primato, poche volte ho avuto il piacere di notare la citazione di un italiano nella letteratura corrente. A parte Leonardo, Raffaello e Michelangelo, e qualche volta Galilei o Machiavelli, o Garibaldi. Gli italiani anticipano i tempi, a volte di secoli, nelle arti, in politica, nelle scienze, nelle scienze sociali, nella musica, nelle trasformazioni della società, ma parrebbe che pochi nel mondo se n’accorgono. Anche perché nessuno di noi fa molto in tal senso. E pensare che in un momento molto triste per la cultura europea fu un italiano, Benedetto da Norcia, che impose per regola ai suoi monaci la lettura di un libro più volte il giorno

Mi sarebbe piaciuto che al posto della stucchevole faccia di Einstein, spesso in posa di sberleffo (non aveva tutti i torti..) qualche grafico italiano incaricato di illustrare un’opera scientifica avesse messo di sfondo chessò: il volto di Galileo, di Marconi, Fermi o di Pitagora (un italico!), di Bruno (da ricordare come geniale anticipatore del pensiero scientifico contemporaneo più che interprete del “libero pensiero” a posteriori), di Pico della Mirandola (grande matematico), di Volta e di Galvani o, per quanto riguarda la medicina, un Malpighi, un Morgagni, un Ramazzini, un Vincenzo Tiberio che scoprì la penicillina con il solito anticipo, un Fabricio d’Acquapendente, che scoprì la circolazione del sangue ma il merito fu preso da un altro… e così tanti, tantissimi altri.

Ma, a volte, il tempo fa giustizia. Con l’accettazione del mondo anglosassone decretata dall’articolo del Guardian, ci siamo riappropriati di un nostro fondamentale diritto. Sta a noi batterci per l’immagine dell’egemonia italiana nel mondo del pensiero creativo e non solo della moda ove questo primato, sostenuto da una forte pressione mediatica, è piuttosto labile, se non opinabile.  Sarebbe un bel passo avanti. Sarebbe il segno di un cambiamento. Definitivo.

Dr. Giorgio Vitali.

Presidente Federazione Nazionale Quadri Informazione Scientifica e Ricerca.

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