Chiusura dimezzata ma solare della Fiera Arti Creative di Calcata 2010
Dovevamo non esserci (tutti e due): io perché non vedo mio figlio da Natale ed avevo colto il suo messaggio pressante di volermi accanto a lui almeno per qualche giorno, Paolo perché, come si dice, colto da un senile risveglio primaverile sentiva l’urgenza di andare a trovare la sua fidanzata con l’occasione di un provvidenziale passaggio.
Insomma, fregandocene ambedue altamente, dopo tutte le “belle parole” spese la scorsa settimana nelle giornate di apertura, degli artisti che debbo dire mai come questa volta hanno dato prova della loro bravura nell’esprimere la loro alta spiritualità e sensibilità.
Dovevo quindi essere a Londra in questo week-end (17 e 18 aprile). Per cui, visti i disguidi degli orari di apertura degli addetti al Palazzo Baronale avevo provveduto lunedì scorso a fare la mia bella telefonata di rimostranze al Presidente del Parco al quale ho chiesto di impegnarsi almeno per il sabato e domenica di chiusura di tenere la mostra aperta tutto il giorno fin dalle 10,30 del mattino, almeno questo “rispetto” a persone che hanno impegnato il loro tempo, le loro energie ed il loro denaro, era dovuto, era obbligo morale, almeno per me.
A volte succede che per qualcuno i programmi vadano a monte, ma sicuramente c’è sempre un perché. Il mio viaggio è saltato a causa di un vulcano islandese che ha deciso di svegliarsi proprio giovedì ed ha bloccato gli aeroporti di mezza Europa creando moltissimi disagi e danni economici, in quanto i biglietti non verranno risarciti, si potrà solo cercare di salire su un prossimo volo. Ma non tutto il male vien per nuocere, i primi a rallegrarsi dell’incidente sono stati proprio gli Islandesi che riferendosi agli Inglesi vanno ridacchiando “Volevano i nostri soldi avranno le nostre ceneri”.
Mio figlio è rimasto un po’ male, ma i giovani si riprendono subito e basta un niente e “volano già un po’ più in la”. Io, sentendomi in fondo a posto con la coscienza, avevo deciso di regalarmi comunque attimi di libertà. Ma una telefonata di Anna Maria, che mi diceva di aver trovato nuovamente il palazzo chiuso, ha risvegliato i miei sensi del dovere e sabato mi sono precipitata a verificare. Ho avuto così la piacevole conferma che l’impegno preso da Gianni di Giovanni era stato adempiuto nei termini richiesti ed un bel giovanotto, il guardiaparco, accoglieva i visitatori con un gran bel sorriso.
Con gli artisti presenti rimaniamo d’accordo di vederci domenica mattina alle 11,30. Come al solito, la mia deformazione mi porta ad essere puntualissima, passa il tempo e non si vede nessuno. Dentro al palazzo l’umidità comincia a penetrare nelle ossa, fuori c’è un bel sole e vado a sedermi sulle scalette della chiesa. Improvvisamente mi ritrovo a vivere una situazione di completo distacco rispetto alla piazza di fronte a me e alle persone che si muovono davanti ai miei occhi e in un lampo ho la visione del quadro che voglio realizzare per la biennale d’arte creativa di Viterbo.
Ritorno in me, tra la folla si fanno largo due bambini, ma si! sono proprio loro, i miei adorati bambini Sava e Mila che avendomi vista stanno correndo verso le mie braccia e si lasciano baciare ed abbracciare, giochiamo e prendiamo il sole, arriva anche Sofia con Teo, e stiamo lì felici come lucertole fino all’ora di pranzo. Poi loro vanno e dopo qualche minuto arrivano anche i ritardatari.
Un piatto di pasta, incontri, chiacchiere. Si fa l’ora di cominciare a smontare. Ad un certo punto Rosalia grida “venite, venite, andiamo tutti a vedere porta segreta” io chiedo cosa sia e lei mi risponde “non lo so, ma da come lo stanno dicendo sembra una cosa molto intrigante e particolare”. Lasciamo quadri e materiali lì in mezzo e corriamo tutti dietro a qualcuno senza vedere e capire chi è il primo a trascinare la fila. Ci fermiamo davanti ad una porta che in effetti avevo trovato sempre chiusa, dentro c’è Giancarlo Croce che ci presenta e ci fa perlustrare la sua futura galleria, un luogo suggestivo, pieno di cunicoli ed una scala che scende nelle viscere della terra (ovvero del tufo) per aprirsi in un’altra grande sala con le pareti a tufo vivo. Il tutto con una umidità che ti penetra fino all’ultimo ossicino. Tra le varie persone vedo un volto conosciuto, non riesco a ricordare chi sia, poi mi avvicino e gli dico “ma noi ci conosciamo?”, ma si certo è l’assicuratore del mio capo, sta con un altro che suonerà al Granarone, allora gli ricordo della Biennale di Viterbo e che cerchiamo sponsorizzazioni, di pensarci, e lui “si, si (se, se)”.
Sono a casa e ripenso a questa due giorni fuori programma, se me l’avessero detto non ci avrei creduto, c’era tanto sole, tanto calore e tanto colore.
Laura Lucibello