Recensioni librarie esoteriche di Simone Sutra: “Cabaret Mistico, Edgar Cayce e le anime compagne, Agricoltura Celeste”

AGRICOLTURA CELESTE – La conoscenza ed il potere dell’alchimia di Giorgio Sangiorgio (Edizioni Cenacolo Umanistico Adytum, 2005)

Ponderoso trattato che definirei però indispensabile per chi vuole avvicinarsi a una materia non priva di complessità come l’alchimia cercando un approccio divulgativo quale quello che sorregge questo testo fondamentale; d’altronde, nonostante la relativa facilità della lettura, la profondità e la completezza della trattazione non ne vengono minimamente intaccate.

L’autore si muove con consumata abilità- quella del vero conoscitore che padroneggia ampiamente la materia – tra i meandri e le possibili sabbie mobili di un argomento abbastanza restìo ad essere affrontato alla leggera; argomento che presta il fianco, inoltre, alla faciloneria del giudizio di chi vi vorrebbe riconoscere solo un astruso esercizio mentale, un vano inseguire obsolete chimere del passato. Obiettivo che apparentemente si cela, per di più, dietro criptici aforismi e oscuri sillogismi, affidati a un apparato simbolico piuttosto complesso e di non immediata risonanza per la mente non avvezza a certa  terminologia, a tali sottili insinuazioni: un dire e non dire, un coprire per svelare.  Ma Sangiorgio – paladino alchimista alle prese con un temibile drago concettuale – qui assume di volta in volta le vesti del microchirurgo, del fine cesellatore, dell’intagliatore di pietre preziose, dello scienziato che effettua una dissezione pilotata con lucidità, ma soprattutto dell’impietoso fotografo che ferma con contrasti scolpiti dalla luce più che dall’ombra l’obiettivo su immagini di realtà tanto rarefatte quanto innegabili. Così facendo l’autore riscatta la “fanciulla” alchemica presa in ostaggio dai luoghi comuni e dall’incapacità (o dal rifiuto) di andare oltre un linguaggio codificato e misterioso, svincolandola dalle scorie del pregiudizio ed esaltandone l’attualità, confermata da un raffronto con la fisica moderna; per poi penetrare nell’intimità della sua alcova, svestendola abilmente dai suoi numerosi veli ed inducendola a rivelare le sue arcane verità. La non facile operazione agevola l’empatia della mente nei confronti di questa esotica amante, senza tuttavia comprometterne le virtù nascoste, che ogni vero esploratore potrà reclamare come propria prerogativa quando scoprirà in sé l’alchimista. Magari proprio in seguito a questa preziosa e illuminante lettura.

“Ogni processo in natura è una metafora che indica una funzione precisa, al di sotto della quale esiste a sua volta un potere, una causa invisibile dell’esistenza che l’operatore alchimico deve scoprire e sperimentare, a riprova della sua intuizione”

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EDGAR CAYCE E LE ANIME COMPAGNE di Kevin J. Todeschi (Edizioni mediterranee, 2010)

Ecco un interessante trattatello che mette parecchi puntini sulle “i”  e sgombrerà il campo, per molti, dalle innumerevoli teorie, più o meno affascinanti, che si sono formate ultimamente a proposito del cosiddetto “gemellaggio” delle anime.

Il libro prende spunto dal lavoro del famoso veggente “dormiente”  che sviluppò la sua opera di consulenza spirituale nella prima metà del ‘900, basandosi sulle letture psichico-destiniche delle persone che si rivolgevano a lui per avere una più chiara comprensione di  alcuni aspetti della propria vita.

Consiglierei questa lettura a tutti coloro che si sono chiesti in qualche momento della loro vita se esiste davvero l’anima gemella e che cosa significhi la definizione “anima compagna”. Le differenze fra questi due concetti (oltre che molte altre panoramiche sui rapporti personali) vengono rese chiare attraverso l’esame di tutta una serie di casi su cui Cayce si pronunciò (o meglio su cui consultò gli “archivi akashici”, che era in realtà la sua attività subconscia mentre lui stesso dormiva).

Nonostante una certa vena prettamente cristiana pervada un po’ il testo, tutto sommato ho trovato questo libro nel suo complesso utile per chiarire certe dinamiche e soprattutto per comprendere che i rapporti con le persone che ci stanno più vicino sono generalmente, e più spesso che no, dei retaggi karmici da affrontare e risolvere.  La visione d’insieme offerta da questo libro rimane perciò profondamente valida e quanto mai obiettiva, e in realtà prescinde di per sé da qualsiasi interpretazione dottrinale, nonostante la dichiarata appartenenza cristiana dell’autore.

“Le letture di Edgar Cayce chiariscono che l’anima attira a sè quelle difficoltà ed opportunità che potrebbero permetterle di “affrontare meglio se stessa”. Più che vedere i problemi come qualcosa di estraneo al proprio sé, Cayce era convinto che ogni individuo fosse in qualche modo un co-creatore durante lo svolgimento del viaggio della propria vita”.

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CABARET MISTICO di Alejandro Jodorowsky (Feltrinelli, 2008)

Eccoci di nuovo alle prese con il folleggiante Jodorowsky, che ci propone un lavoro di immensa piacevolezza, di  grande profondità e di integrazione di visione fra Oriente e Occidente, sfruttando il veicolo apparentemente più improbabile per affrontare i temi dell’anima: l’umorismo. 

L’antica saggezza del ridere è infatti il tema conduttore che si snoda tra storielle comiche, aneddoti buffi e barzellette di varia provenienza, ognuna delle quali ci riporta un insegnamento, a volte anche molto profondo, che magari riusciamo a carpire proprio perché ne ridiamo: di qualche situazione, di qualche personaggio, ma infine, e forse molto di più, di noi stessi. E’ infatti ciascuno di noi, con il proprio caleidoscopico essere, a finire per riconoscere facilmente brandelli di sè nelle storielle che mettono a nudo l’anima e ci coinvolgono in un’analisi in seconda battuta tutt’altro che superficiale e tutt’altro che da ridere, se vogliamo. Alejandro, da buon regista d’annata, assume magistralmente la direzione di questa ricerca, dandole tempi e cadenze che lasciano poco spazio al vuoto, all’inerte, poichè nella psiche tutto è continuo fermento; e Jodorowsky, che all’occasione sveste i panni del direttore d’orchestra solo per indossare quelli dello psicanalista e del saggio sulla montagna, ne cavalca più che volentieri le complesse circonvoluzioni riportandone ragguardevoli trofei di consapevolezza.

“Dopo un mese di assenza, Mulla Nasrudin ritorna al suo villaggio dalla capitale. Felice, racconta tutto orgoglioso: “Il sultano ha parlato con me, con Mulla Nasrudin!” I compaesani lo acclamano: “Gloria a Mulla Nasrudin, il sultano gli ha parlato!” Organizzano una grande festa in onore dell’illustre compaesano. Nel bel mezzo dei festeggiamenti un bambino si avvicina a Nasrudin e gli domanda: “Che cosa ti ha detto il sultano?” “L’ho visto uscire dal suo palazzo, allora mi son messo a correre e senza dare tempo ai soldati di fermarmi mi sono ritrovato davanti al sultano, proprio a un palmo di naso” “Ed è stato allora che ti ha parlato?” “Sì, e mi ha detto: levati di qua, pezzente!”      

Simone Sutra -   itdavol@tin.it

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