“Cina vicina? Nel mio DNA è profondamente lontana…” – Altra opinione sul Celeste Impero
Quando si affronta una tematica complessa, si dovrebbe tentare di sintetizzare e al tempo stesso analizzare, e se si vuole si può anche tentare di “forzare la mano” e offrire una chiave di lettura che propenda a dar seguito alle proprie opinioni. La realtà è sfaccettata ed è impossibile nonché limitante e fuorviante considerarne solo alcuni aspetti, ma è pur sempre innegabile che gli asini non volano, come è innegabile che alcune “realtà” sono tali e non modificabili; possono essere solo distorte dalla visuale (ovvero ideologia) con la quale le si osserva.
Il problema, infatti, non risiede nelle convinzioni che si hanno, ovvero alla quantità e alla qualità dell’acqua che si vuole portare al mulino, ma piuttosto a come la si trasporta!
Leggendo l’articolo relativo alla Cina, sono rimasta alquanto perplessa e ancora sto interrogando me stessa poiché non riesco a comprendere come sia possibile osannare la “Repubblica Popolare” e addirittura imbastire un discorso geopolitico che ne esalti le scelte di politica interna, internazionale ed economica decisamente discutibili.
Prima della più nota dinastia Ming, ha governato la dinastia mongola Yuan, che ha attuato una politica discriminatoria ai danni dei Cinesi, e soprattutto ha aumentato l’inflazione e trascurato l’agricoltura. A seguito di una rivolta popolare, si è insediata appunto la dinastia Ming, alla quale ha fatto seguito quella Qing. Le incursioni costanti della pirateria giapponese e i continui tentativi mongoli di riappropriarsi del potere, hanno spinto i Cinesi ad attuare una politica interna di accentramento nelle mani dell’imperatore, che ha assunto nel corso del tempo un ruolo sempre più autocratico, e l’abbandono di espansionismo esterno, ovvero il tentativo di colonizzare i territori circostanti. Le spedizioni marittime che prendono corpo durante il XVI Secolo,spingono i Cinesi ad attraversare l’Oceano Indiano e a lambire le coste dell’arcipelago asiatico Sud-Orientale, ma la scelta di abbandonare i traffici marittimi si è tradotta in un rallentamento dell’industrializzazione in Cina, nonostante si fosse creata una rete relativamente florida di commerci,e l’esaltazione dell’agricoltura come primaria fonte di rendita economica del Paese.
Il dibattito storiografico sul ripiegamento della Cina, od addirittura il suo arretramento, è ancora aperto: il pensiero degli storici Cinesi marxisti si incentra sulla presenza degli Occidentali, che avrebbero impedito alla Cina di dare avvio e seguito, durante la dinastia Ming, dell’incipiente capitalismo che era in atto, e attribuendo alle guerre dell’oppio la responsabilità di questo mancato sviluppo. Ovvero, attribuendo la colpa al colonialismo europeo.
A questa teoria, si contrappone l’altra, che sostiene invece quanto già fossero avviati i commerci nell’area del Sud-Est asiatico, quindi la prima presenza europea, ovvero quella Portoghese a Macao, è stata il frutto di un filo economico che gli Europei si sarebbero limitati a seguire.
Dunque, non sarebbe imputabile alla presenza europea e al tentativo di colonizzare l’area suddetta, l’arretramento e il conseguente indebolimento cinese durante l’epoca moderna.
Questo breve, superficiale e sommario riassunto della storia cinese, non può certo aiutare una più profonda comprensione delle scelte economiche come riflesso di una cultura a dir poco millenaria, ma può fornire uno spunto di riflessione circa la Rivoluzione di Mao e la nascita della Repubblica Popolare. Innegabile, infatti, che in Paesi in cui lo Stato era fortemente presente ed accentratore, in cui la società era decisamente gerarchizzata, e la fonte primaria di sussistenza era l’agricoltura, siano avvenute rivoluzioni che abbiano aderito al modello economico e sociale marxista, dottrina di pensiero che il filosofo aveva elaborato durante i moti di rivoluzione che erano scoppiati in quasi tutti gli Stati europei tra il 1848 e il 1850.
Si potrebbe in effetti accennare alla Russia degli Zar,durante la quale ancora era in uso l’istituto della servitù della gleba, che per alcuni storici è definibile “Europa bianca” mentre per altri è considerata a pieno titolo figlia dell’Asia, e ai presupposti storico-politici che hanno condotto questo immenso Paese ad una Rivoluzione che ha segnato anche le sorti della Prima Guerra mondiale. Mentre, di altra natura, sono state le cause che hanno pressato l’Impero Ottomano, fino al suo totale collasso, e la successiva concessione prima dell’autonomia, poi della totale e definitiva indipendenza degli Stati ad esso assoggettati.
La Turchia, ex sede dell’Impero,ha scelto una forma democratica e soprattutto laica, a seguito della Rivoluzione di Ataturk, dichiarandosi una Repubblica, a maggioranza musulmana, e dotandosi di tutti gli strumenti costituzionali necessari. Vige però ancora la pena di morte, strumento che impedisce al Paese che possiede l’esercito meglio equipaggiato dei membri Nato, di entrare a far parte dell’Unione Europea.
Seppur, dunque, in un mare di contraddizioni, la Turchia si è allontanata molto, anche per scelte di politica estera, da Paesi quali l’Iran o l’Afghanistan, e risulta ancora essere quella chiave invisibile che apre la porta tra Oriente e Occidente. Il mondo islamico è del resto caratterizzato da realtà profondamente diverse, tali da non poterne permettere una totale ed unica analisi storico- politica, e rende molto improbabile una riunificazione del “grande Islam”.
Basti infatti paragonare l’ex possedimento britannico, l’Egitto, al più ricco ed ortodosso Stato islamico, l’Arabia Saudita. Da non sottovalutare, in questa analisi generale, la “crisi di Suez” episodio avvenuto nel 1956 e che ha costretto l’Europa, in particolare Gran Bretagna e Francia, a concedere, al nuovo colosso che si era affacciato da poco sugli scenari, gli Stati Uniti, lo scettro del potere. Non era forse bastata la Seconda Guerra mondiale per capire che il mondo non sarebbe più stato “eurocentrico”. Da quel momento in poi, l’Europa decide di reagire, cancella le vecchie rivalità, e da avvio ad intensi scambi commerciali e ad una maggiore collaborazione politica ed intellettuale, partendo dalla “piccola Europa” a sei membri, ovvero l’ex Cee che si è trasformata nel tempo nell’attuale UE. L’allargamento ad altri Stati, non ha sostanzialmente modificato le scelte di politica estera, invero ancora appannaggio dei singoli Governi, non volendo condividere una delle più importanti funzioni di competenza statale, ovvero le relazioni con Paesi terzi, ancora quindi considerate politiche di “dominio riservato”. Il rifiuto di cedere ulteriormente una parte della propria sovranità, ha limitato la riuscita e l’emergere dell’Unione sugli scenari internazionali.
Il Vecchio Continente, sta battendo la fiacca, e sta limitandosi, come è stato da più parti osservato, a coltivare il proprio orticello: non ha effettuato manovre aggressive rispetto agli altri grandi mercati, ma addirittura sembra indietreggiare rispetto alla politica di neo- colonizzazione cinese nel Continente Nero. Alleata ad un gigante ferito, gli Stati Uniti, non ha attuato politiche competitive in un mercato sempre più globalizzato inserito in un quadro geo-politico che si è trasformato da bipolare a multi-polare.
Infatti, attualmente, non si può affermare con certezza che ci sarà una potenza contrapposta ad un’altra, come si è verificato negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, che hanno visto contrapporsi l’ex Impero Sovietico agli Stati Uniti, contrapposizione che è venuta meno con il crollo del comunismo, simboleggiato dall’abbattimento del “Muro” nel 1989.
Più probabile invece pare essere in atto un confronto, e forse uno scontro, tra diverse potenze, tali appunto da poter far parlare di un nuovo sistema multi-polare.
La novità vera però, consiste negli attori: Cina, India, Brasile, si contenderanno l’egemonia di risorse primarie con le “vecchie” potenze quali la Confederazione russa, gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Le passate strategie,durante la così detta “Guerra Fredda”, principalmente attuate da Americani e Russi e dai loro rispettivi alleati, non si possono né devono attribuire al tentativo di egemonizzare una determinata area, quanto piuttosto al contenimento dell’altrui potenza. L’ideologia è stata la protagonista infausta non solo della guerra in Corea, ma dei tanti conflitti scoppiati nel Sud- Est asiatico, nel Corno d’Africa e nell’Europa Balcanica.
Non si può prevedere con certezza chi emergerà e chi sarà o saranno i protagonisti dello scenario del XXI Secolo, stilare giudizi ed emettere sentenze mi pare errato, inopportuno e fuorviante. Mentre non è irragionevole sostenere che la Cina, se non metterà in atto un sostanziale e formale rispetto per i diritti umani e si ostinerà a negare l’evidente carenza di rispetto per i diritti civili, nonostante sia contemplato l’istituto del divorzio, con difficoltà potrà ergersi a “super-potenza”, e lo stesso ragionamento è valido per tutti gli altri Stati, America compresa, che non hanno raggiunto il grado di maturazione che la dottrina relativa ai diritti civili, politici e i relativi meccanismi di tutela degli stessi, ha raggiunto la sola Europa.
Angela Braghin