“…Pan en tò pan.. ovvero: mutanti che crescono troppo in fretta…” – La storia di un androide matto o troppo umano raccontata da Simone Sutra
Arcano senza numero: Il Matto
L’androide Z.22.K.0. era pronto. Il suo inventore e realizzatore, lo scienziato Leonardo Dè Vinxis, gongolava al pensiero che forse avrebbe perfino ricevuto il premio Nobel per quella creazione pressoché perfetta. Il replicante era nell’aspetto in tutto e per tutto simile ad un umano, e in verità di primo acchito non c’era alcun modo di notare una differenza fra lui e un essere in carne ed ossa.
“Andro” gli chiese utilizzando il nomignolo affettuoso che gli rivolgeva di solito, “dimmi: che ne pensi della dialettica materialista di Feuerbach?”
“Ah, Leo caro” gli rispose l’androide – che si sintonizzava automaticamente sulle stesse tonalità e sfumature espressive con cui veniva interpellato rispondendovi nel modo più adeguato– “vedi, il problema è che il filosofo tedesco svilisce, congedando in modo un po’ sbrigativo (e a mio parere con insufficiente cognizione di causa) l’istanza, connaturata alla natura umana, ad andare al di là della mera razionalità, nonostante tutte le sue rassicurazioni in contrario. A volte l’uomo cerca perfino di prendere in giro se stesso. Che follia! In ogni caso mi sembra di aver sentito dire che ci sono addirittura dei fisici nucleari che girano con un cornetto portafortuna in tasca. Se vuoi però potrei sviscerare l’argomento da un punto di vista più prettamente tecnico, cioè partendo dall’esame critico delle pagine del Feuerbach, a livello dettagliato, di opera in opera, secondo i commentari filosofico-letterari più accreditati.”
“Non sarà necessario, Andro, ti ringrazio. Puoi anche ritirarti.”
“Benissimo. Ci vediamo, Leo”.
“Stupefacente!” ammise il capo del laboratorio, Professor Kaspar Von Vert Muller. “Caro Dè Vinxis, stavolta, ci siamo! E se lei riceverà il premio Nobel darà lustro a tutto il lavoro del nostro laboratorio…e lei sa che significa, no? Carriera sfolgorante per lei e …per me, s’intende! Sono fiero di lei. Ma ci tengo anche a comunicarle che ho ovviamente segnalato il completamento dell’invenzione al Ministero della Difesa. Come può immaginare, sono estremamente interessati, e verrà domani stesso il Vicecapo di Stato maggiore, Generale Trullo Jarni, a darci un’occhiata. E se l’invenzione piace al Ministero – cosa di cui sono certo- ci saranno anche soldi a palate per lei …e per me, s’intende. Ma suvvia, ora celebriamo….ho giusto comprato una bottiglia di spumante al Discount: era in offerta! Ma mi tolga una curiosità, Dè Vinxis: chi è questo Feuerbach?”
Ad Andro, che era rimasto dietro l’angolo del corridoio ad ascoltare (era decisamente molto umanoide nelle sue caratteristiche), non piacquero questi discorsi. Era un automa umanistico, dotato di forti valenze etiche e decisamente avverso alla violenza. Non ci poteva far nulla: era così che l’aveva creato l’ingenuo Dè Vinxis, che come tutti gli scienziati era un cervellone, ma attitudini pratiche zero. Questo Leonardo, un po’ sognatore, mezzo tecnico e mezzo artista, aveva fatto un eccellente lavoro ma aveva mescolato un po’ troppi ingredienti nella ricetta conclusiva di Androide Z22K0, che era venuto fuori un po’ troppo perfetto per le sue aspettative.
Andro prese una rapida decisione: si introdusse di soppiatto nella stanza di Leonardo e sottrasse – non senza un qual certo senso di colpa – i suoi abiti migliori. Li indossò e se ne andò per le strade del mondo.
Vagò per tutto il giorno per stradine e viuzze, nel tentativo di far perdere le sue tracce. Verso sera entrò in funzione la modalità “riposo” e, guarda caso, si trovava proprio di fronte a un edificio su cui spiccava la scritta: “Casa di riposo Ruspantino Paraluppi-Bernis (1880-2010)”. Gli parve che capitasse a proposito, non rendendosi esattamente conto di che significasse (pur avendo un’intelligenza artificiale non poteva sapere tutto). Comunque entrò per soddisfare una delle modalità in base alle quali era stato programmato. La sua primaria modalità di funzionamento diceva infatti: “Le modalità di funzionamento vanno seguite a puntino e al momento in cui esse sollecitano le centraline elettroniche.”
Entrò dunque e nessuno gli fece caso nonostante avesse un aspetto assai più giovanile di tutti gli ospiti: si pensò fosse uno dei parenti in visita.
Gli anziani stavano quasi tutti giocando a carte nella sala comune, poiché avevano già cenato. Vi era però un vecchietto seduto solo e in disparte con aria triste. Andro pensò bene di sedersi lì.
“E’ libera questa sedia?”
“Ma certo” disse l’anziano, felice di avere compagnia.
“Grazie, signore. Mi presento: io sono Andro Dè Vinxis” gli disse con l’estrema cortesia trasmessagli dal suo inventore.
“Molto piacere, Andro. Io sono Vito Tazzolla, filosofo in pensione.”
“Filosofo! Come Feuerbach, dunque!”
“Oh no, no…Feuerbach era un materialista…io sono metafisico”
“Metà….fisico?”
“Ah ah! Simpatico, questo giovanotto…ma immagino abbia sentito parlare di Leibniz, no?”
“Purtroppo non è stato contemplato nei miei programmi”
“Ah, grande pensatore Leibniz! Anche se, bisogna dirlo, non tutta era farina del suo sacco, per così dire … certo l’idea delle Monadi…ma non dimentichiamo che l’incommensurabile Platone aveva già accennato a qualcosa di simile quando parlò dell’incarnazione ciclica dell’anima….per non menzionare la sua concezione degli archetipi.”
“Archetipi?”
“Modelli universali della realtà. Ognuno di noi incarna uno o più archetipi, che si rivelano come le linee guida della nostra vita: da altri siamo influenzati in misura minore o maggiore, a seconda di quanto li interiorizziamo e ne integriamo la comprensione intuitiva. Sono, per così dire, il nostro contatto con la matrice universale da cui io e lei veniamo. D’altra parte…. “Pan en tò pan”, recita l’antichissimo detto greco degli ermetici, cioè “Tutto nel tutto”; si potrebbe anche leggere come “nell’uno, il tutto”; in altre parole, “tutto è uno”. Noi rispecchiamo, in un certo senso, ogni aspetto dell’universo”.
“Ma è fantastico!”
“Già….pensi che….”
“Ora di andare a letto!” arrivò l’infermiera a portare via tutti. Nessuno si accorse che Andro era rimasto lì: spensero le luci e lui attivò pienamente la modalità “riposo”.
Aveva bisogno solo di tre-quattro ore di ricarica energetica, e così prima dell’alba era già fuori di là. Ma mentre camminava gli arrivò un segnale di emergenza e con la vista interiore visualizzò la spia della centralina che segnalava la modalità “input”. Passava in quel momento proprio davanti all’Università e così ne approfittò per entrare, facendo poi ingresso nella prima aula che gli capitò. Sulla porta la scritta: Fisica quantistica II – Prof. Auro Gemmaz.
“A quest’ora si arriva?” Lo rimproverò il docente. “Fortuna per lei che mi sono perso in qualche domanda e non ho ancora iniziato! Se no col cavolo che la lasciavo entrare!”
La centralina di Andro segnalò la funzione: “spiacente” e così ne assunse tutta l’aria, scusandosi col professore. Poi si sedette ad ascoltare, pronto a ricevere tutto l’input che gli serviva.
“Come ho già preannunciato la volta scorsa, oggi prenderemo in esame il teorema di Bell – enunciato negli anni ’60 – secondo il quale, come sapete, eventi separati nello spazio non sono indipendenti l’uno dall’altro…se vogliamo portarne all’estremo le implicazioni concettuali, ciò significa in parole povere che ogni punto dell’Universo contiene le informazioni sul tutto, e quindi ogni essere umano dispone – in linea teorica, s’intende – di tutta la conoscenza del cosmo….”
“Pan en tò pan!” Esclamò Andro.
« Già : uno e tutto; tutto è uno » confermò il Gemmaz. “Mi fa piacere vedere tanto entusiasmo, ma la pregherei, la prossima volta che ha qualcosa da dire, di alzare la mano prima di parlare! Comunque questo è il principio dell’ologramma – l’immenso arazzo dell’universo intessuto da ogni cosa che esiste – che mi accingevo a spiegare; in sostanza il concetto, ormai dimostrato, che ogni cosa racchiude in sé il seme dell’essenza di tutto ciò che esiste nell’Universo … e rispecchia, nelle modalità in cui è stata concepita – secondo categorie tracciate a grandi linee e riconducibili in un certo senso al concetto di archetipi – di cui avrete certamente sentito parlare – il tutto. Pensate che già nell’antichità filosofi pre-classici come Anassimene e Anassagora ne avevano parlato, e gli ermetici alessandrini, a cavallo del primo millennio, esponevano il concetto di un microcosmo che replica un macrocosmo in scala minore. Premetto che anche il grande Charon ha affermato che ogni atomo è collegato ad ogni altro atomo del cosmo, e che tutta la conoscenza è potenzialmente accessibile a tutti gli atomi dell’Universo. Ma veniamo ora alla dimostrazione matematica del teorema di Bell.”
Andro se la godette fino in fondo, giacchè, come ogni automa, era fondamentalmente una congerie di formule matematiche.
Uscì dall’aula perfettamente ristorato e contento dell’input ricevuto.
Cercò di allontanarsi il più possibile dalla città, e facendo autostop fu caricato da una donna graziosa, dall’aspetto un po’ informale: vestiva un abito coloratissimo, lungo fino ai piedi, alla moda degli anni ’70.
“E allora, bello, come ti chiami?” Gli chiese. Effettivamente Andro era stato formato di bell’aspetto, per dargli il tocco finale della perfezione esteriore. Somigliava a un giovane efebo rinascimentale.
“Andro, signorina. E lei?”
“Sono Amrah, ma non penserai mica di chiamarmi “signorina”, no? Mi fa sentire tanto segretaria d’azienda. Io invece sono una pittrice….”
“Oh! Io amo l’arte! Il mio….ehm…genitore mi ha trasmesso questo interesse: Raffaello, Il Caravaggio, Leonardo stesso….e poi gli impressionisti, Monet, Renoir, Degas, Sisley… i puntinisti, Seurat… i macchiaioli, Fattori, Signorini…. i surrealisti, Dalì, De Chirico… e poi lui, l’inarrivabile, l’insuperabile, il maestro di tutti i maestri…Van Gogh!”
“Certo che hai dei gusti molto vari! Però te ne intendi, tutta roba di prima qualità…io non arrivo certo a tanto!”
“Mi piacerebbe vedere i suoi dipinti”
“Davvero? Allora ti porto a casa mia…poi ti posso riaccompagnare a casa, se non abiti troppo distante!”
“Purtroppo non ho casa…ce l’avevo…ma non più”
“Oh, poverino! Bè, casomai stanotte puoi stare da me…poi si vedrà. Ma dammi del tu, per favore, se no mi fai sentire vecchia.”
Amrah gli volle cucinare un po’ di pasta ma lui addusse la scusa che non aveva fame, così lei gli fece vedere i suoi quadri: molto belli, tutti a tenui tonalità di blu.Traspariva da essi una disperata, malinconica dolcezza. Il suo stile ricordava quello di Chagall, ma ovviamente con un’impostazione del tutto personale ed originale.
“Sono meravigliosi” disse Andro senza nessuna esitazione.
“Oh! Lo credi davvero?”
“Ma Amrah! Io non sono stato programmato per dire bugie!”
“Sei proprio buffo, lo sai? Ma sei tanto carino! Senti…ma te l’hanno mai detto che sei proprio bello?”
“Sì…. Leonardo!”
“Ah aha! Mi fai morire…su vieni qui” e lo afferrò dandogli un bacio appassionato. Poi lo guardò intensamente negli occhi e gli disse:
“Vuoi fare l’amore con me? Io sono molto ….sola, sai?”
“Un attimo” disse Andro lasciandola un po’ spaesata. Si girò e attivò la vista interiore alla voce “sesso” e vide che, sorprendentemente, quella funzione era stata inserita nella sua programmazione, chissà come mai. “I ghiribizzi di quel mattacchione di Dè Vinxis” pensò Andro con sollievo.
“Sì, posso…e voglio” Le rispose girandosi di nuovo verso di lei.
“Ah! Bontà tua!” Rise lei. E si spogliò in un attimo, per poi passare a lui, che fece appena in tempo ad attivare la modalità “erezione”.
“Oh!” disse lei. E si tuffarono in una notte di piacere e d’amore.
“Sei dolcissimo” gli diceva lei.
“Anche tu”
Dopo lei, in vena di romanticismo, ancora abbracciata a lui, disse sospirando:
“Lo sai che tutte le stelle ci stavano guardando, stanotte?” Poiché era estate e avevano fatto l’amore sul suo terrazzo.
“Sì, lo so….nulla di ciò che succede nel cosmo è separato da noi, e qualunque cosa facciamo si ripercuote su tutto il cosmo”
“Che bello! L’ho sempre pensata anch’io così!”
“Ma è naturale! E’ così, lo dicono anche Leibniz e Platone, oltre che Vito Tazzolla e Auro Gemmaz! E anche Bell!”
“Dio mio! Non ti facevo così colto!”
“In realtà sono un ignorantone. Lo diceva anche Socrate: “Io so solo di non sapere”
Lei lo tacitò con un bacio. E poi con un altro, e poi un altro ancora.
Al mattino però lui era già lontano quando lei si svegliò. Amrah pianse un pochettino e poi pensò che forse lui apparteneva solo al mondo e a nessuno in particolare; questo in qualche modo la consolò.
“Sono grato a Leonardo per avermi creato” pensava intanto Andro mentre camminava svelto verso la frontiera. “Però ho imparato di più in questi tre giorni che tutto il tempo passato con lui.Ora so davvero che significa essere un umano, perché mi si è attivata la funzione estrema, quella di riserva: “emozione”. Che altro ancora posso desiderare, che altro c’è da imparare più di questo? Forse qui no, ma nel cosmo? E se io appartengo al cosmo, anche il cosmo appartiene a me, no? Pan en tò pan! »
« Qui caposquadriglia a comando stormo aereo. Abbiamo l’androide sotto tiro, generale. Procediamo?”
“Qui generale Jarni. Procedete, caposquadriglia. Non possiamo certo permettere che l’androide cada in mani nemiche. Fuoco sul bersaglio!”
E fu così che tutte le minuscole particelle di Andro si dispersero nel cosmo a cui lui apparteneva… Pan en tò pan.
Simone Sutra
Chi desidera contattare l’autore può scrivere a : itadavol@tin.it