“Eolico pesante e dannoso… arriva la sindrome da turbina” – Alcuni scienziati riconoscono la pericolosità per la salute degli impianti industriali di produzione elettrica con il vento

Mentre sempre nuovi fronti si aprono per l’emergenza ambientale: carenza di  acqua potabile, allevamenti industriali ed OGM, effetto serra, inquinamento atmosferico,  rischi di polluzione atomica, etc.  sono costretto a tornare al problema dell’eolico pesante, un argomento che qui nella provincia di Viterbo fa molto discutere, soprattutto per la tignosità con cui alcuni sindaci insistono nel voler creare “parchi eolici” industriali. Avviene a Piansano, nella zona lacuale di Bolsena ma pure nell’Agro Falisco. Un amico di Faleria mi scrive: “Il sindaco Pierluigi Bianchi intende proseguire con il progetto eolico su Monte dei Porcari ed altre porcate… dobbiamo attivarci per fermare lo scempio…” .

Purtroppo non ho la bacchetta magica e non posso obbligare nessun sindaco a fare marcia indietro su progetti devastanti,  e d’altronde anche qui a Calcata abbiamo lo stesso problema….  Nel frattempo  nell’Agro Falisco si è venuta a creare anche un’altra emergenza per il progettato impianto a biomasse (ai confini di Civita Castellana), mentre non si sa ancora che fine faranno le discariche avvelenate nelle ex cave dimesse (Capranica, Fabrica, etc.).

Siamo messi molto male…. Forse, sul piano dell’eolico pesante,  una piccola mano può venire dalla comunicazione che mi ha inviato oggi Oreste Rutigliano di Italia Nostra, relativa ai danni fisiologici che deriverebbero per la salute umana in seguito alla vicinanza alle mega-pale… Il rischio per la salute riguarda soprattutto i bambini: attacchi di panico, cardiopatie ed anomalie dello sviluppo cerebrale sono le conseguenze dell’eolico industriale ravvicinato.

“Per chi vive vicino a una centrale eolica aumentano le probabilità di malattie cardiovascolari, attacchi di panico ed emicrania…”  Lo rivelano ricercatori americani, che hanno anche ‘battezzato una nuova malattia: la sindrome da turbina eolica, che annovera fra i sintomi ronzii continui nelle orecchie, vertigini, insonnia.

Non solo. Secondo Nina Pierpoint, pediatra newyorkese che ha coordinato l’equipe di ricercatori, i bimbi che vivono vicino a questi impianti affrontano notti popolate da incubi, ma soprattutto rischiano ritardi e anomalie nello sviluppo cerebrale. Lo studio, durato 5 anni, ha analizzato i rischi per la salute degli abitanti vicino a centrali eoliche in Usa, Gran Bretagna, Canada, Irlanda e Italia. Nel nostro Paese è il Centro-Sud la terra dell’eolico: degli oltre 1.700 MW di energia dal vento installati in Italia, più di 1.200 MW, con 2.300 turbine eoliche, sono prodotti in Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia… ed ora arrivano anche nel Lazio.

Ebbene, secondo l’equipe Usa, le turbine che trasformano il vento in energia elettrica hanno effetti nocivi perché i suoni a bassa frequenza emessi interferiscono con il sistema vestibolare dell’orecchio, che controlla il nostro senso d’equilibrio. Queste frequenze, troppo basse per essere percepite dall’orecchio umano, causano un insieme di sintomi che la pediatra definisce “disturbi vestibolari vibratori visceralì” (Vvvd). Le conseguenze sono tremore, nervosismo, paura, impulso incontrollato a scappare, senso di costrizione al petto, tachicardia.

Il rumore può anche danneggiare lo sviluppo cognitivo di bambini e ragazzi. Non tutti gli abitanti vicini a un parco del vento sono suscettibili alla sindrome delle turbine eoliche, precisa Pierpoint, aggiungendo però: «Non c’è dubbio che infrasuoni, ultrasuoni e vibrazioni causino i sintomi evidenziati da questa ricerca, anche se l’industria eolica tenterà di screditare i risultati. Per anni i colossi del tabacco hanno negato i danni alla salute». La ricercatrice chiede che i nuovi parchi del vento vengano costruiti ad almeno 2 chilometri di distanza dalle abitazioni.

Lo studio sarà pubblicato da K-Selected Books”. Spero che i sindaci della Tuscia abbiano il tempo di leggerselo prima di inventarsi nuove distruttive armi  contro la salute pubblica… Tra l’altro trovo che l’unico modo per soddisfare le esigenze  prospettate nello studio statunitense sarebbe di istallare le mega-pale lungo i percorsi autostradali dove le abitazioni sono pressoché inesistenti, oppure nelle aree industriali  non in prossimità degli abitati. 

Paolo D’Arpini

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