Come diventare Buddha in tre mosse? Con i tre codici di disciplina buddhista: Citta, Samadhi e Prajna che servono a superare le illusioni dell’ego, cioè conferiscono l’esperienza dell’assenza di ego..
Signore e signori, ecco vi qui realmente una buona notizia, se possiamo esprimerla così. Siamo essenzialmente dei Buddha e siamo essenzialmente buoni. Senza eccezioni e senza bisogno di studi analitici, possiamo dire di avere spontaneamente il Buddha all’interno di noi stessi. Ciò è noto come natura di Buddha, o bodhicitta, il cuore del Buddha.
Bodhi significa risveglio; Citta significa essenza. Bodhicitta è “l’essenza dei risvegliati” Prajna è conoscenza.
La vera pace è la non-azione; questa è la fonte di tutte le azioni. Dobbiamo imparare ad essere una roccia prima di poter essere un albero, o un fiore, o il vento, o il fulmine, o un uragano. Dobbiamo essere calmi, e poi potremo andar oltre questo. Perciò la pratica seduta è molto importante.
Noi non ci stiamo particolarmente addestrando per distruggere o conquistare il mondo. Stiamo cercando di collegarci al mondo nello stesso modo in cui ci colleghiamo alla nascita del nostro primo figlio o, ed è la stessa cosa, al nostro primo orgasmo; come accade, voglio sperare, nel fare l’amore.
Sembra che vi siano due differenti approcci al sentiero spirituale. Quello intellettuale e quello intuitivo….[...] Nella tradizione mistica o intuitiva, lo sviluppo spirituale è visto come un aumento di consapevolezza o devozione, attraverso pratiche come la meditazione…..
Il passaggio dalla conoscenza alla saggezza non è semplicemente acquisire prima la conoscenza e poi, all’improvviso, diventare saggi. La definizione del concetto di saggezza è che si conosce già tutto intuitivamente; è una cosa indipendente dall’ammassare informazioni. La conoscenza è trasformata in saggezza attraverso la compassione. Toccare e andare vanno sempre insieme. Essi sono contemporanei. Questa simultaneità è consapevolezza……..
La devozione in senso convenzionale è un atto di fiducia. L’oggetto di devozione, sia esso una persona o un’idea, è avvertito come affidabile e definito, ben più solido e reale di se stessi. In questo confronto il devoto si sente incerto, non abbastanza solido e pieno. Sente che gli manca qualcosa, e questa è la ragione della sua devozione verso qualcuno o qualcosa diverso da se. Dopo un certo periodo di tempo, questa relazione supera diversi strati di falsa comunicazione, che si fonda su un ancor più sottile inganno dell’ego.
La reale ammirazione è basata su un senso di coraggio e di grande dignità. Quando ammiriamo qualcuno in modo onesto, non ci mettiamo a competere o a cercare di vincere con quella persona, ma partecipiamo alla sua profonda visione. La relazione può essere una grande celebrazione dato che non stiamo avvicinandoci ad essa come fosse una personale investitura per qualche strategia o causa. In tale ammirazione il nostro ruolo è semplicemente quello di dedicarci devotamente e completamente, con il solo scopo di continuare il cammino senza aspettarci nulla in cambio per la nostra ammirazione
A questo punto c’è bisogno di una comunicazione faccia a faccia, di un amico piuttosto che di un maestro. Ma come colmare il divario tra la nozione di un salvatore e quella di un amico spirituale?
Quando ci siamo ripresi dopo la nostra operazione, vi è la possibilità che la persona che ci aveva operati abbia ancora interesse nei nostri riguardi, poiché lui ha imparato molte cose su di noi nel corso della cura. Ma c’è la difficoltà che essendo malati, si possa essere infastiditi per il suo interesse. Non vogliamo essere bloccati nel sentirci dire la storia del nostro caso. Adesso il concetto di resa è molto importante. Dobbiamo mostrare al nostro dottore i nostri disturbi più segreti…….
La nostra relazione con un amico spirituale tende a richiedere ed a consumare sempre più energia mentre ci inoltriamo nel sentiero. Dal punto di vista della devozione fondamentale, il senso di amicizia è semplice e stimolante, ma il vero significato della devozione si manifesta soltanto a livello del vajrayana. A questo livello in definitiva può essere descritta come una relazione magica.
………. La devozione fornisce una percezione potenziata della sua vera natura tramite l’azione e questo avviene in modo particolare in ciò che è noto come resa o offerta.
Naturalmente, ci piacerebbe sempre vedere che colui che riceve il dono apprezzi ciò che ha ricevuto. Se offriamo il nostro intero essere e qualcuno ci ringrazia, allora, in realtà, non lo abbiamo donato completamente: lo abbiamo avuto indietro. Se doniamo completamente e non tratteniamo nulla, non potremo neppure rivedere il processo del donare; non potremo più prendere parte al rituale……. Attraverso la comprensione intellettuale avremo almeno la volontà di aprirci, il che è molto importante………. Il sentimento di minaccia è un punto di partenza, è la base di partenza per evolvere.
Di fatto, lo studente del Tantra dovrebbe stare in un costante stato di panico. Solo allora la sua situazione potrà considerarsi produttiva. Ci stiamo rapportando al mondo senza neanche una pelle per proteggere i nostri corpi. L’esperienza diventa così intima e personale che in realtà ci brucia o ci congela immediatamente. Possiamo diventare estremamente sensibili e nervosi…. L’esperienza diventa così diretta e magica che ci dà un diretto shock.
Perciò il Tantra è molto pericoloso. E’ elettrico. In aggiunta alla nostra nuda elettricità ed a quella del mondo, vi è il maestro vajra, l’insegnate che ci introduce alle possibilità del mondo vero. L’insegnante ha la stessa elettricità, anch’egli è nudo. In questo senso, l’insegnante ha un potere enorme, ma non un potere su di noi come un ego maniaco. Come sempre l’insegnante è un portavoce della realtà; egli è colui che ci introduce nel nostro mondo. Così il maestro vajra diventa molto potente e anche un po’ pericoloso….. Egli ci tocca, ci odora, ci osserva ed ascolta il battito del nostro cuore.
Abhisheka è un termine sanscrito che significa “unzione” ……. L’insegnante è la sola personificazione del potere in questa trasmissione di energia. Senza l’insegnante non potremo sperimentare ciò adeguatamente, totalmente. Ed il solo modo di rapportarci ad un tale insegnante è la devozione.
Dobbiamo quindi semplicemente cominciare. Dobbiamo donare, dobbiamo aprirci e mostrare il nostro ego; dobbiamo presentare il nostro ego come dono al nostro amico spirituale. Se siamo incapaci di fare ciò, allora il sentiero non inizierà mai, dato che non c’è una base di lavoro, non c’è nessuno che lo percorra.
Angela Braghin