Le arti marziali come esercizio filosofico… l’avventura spirituale e guerriera del samurai Tsuji Gettan
Chiunque pratichi Arti Marziali deve essere consapevole che il combattimento rappresenta solo una parte di esse. L’arte Marziale è un cammino che ci insegna e ci fa riflettere su discipline quali la filosofia, l’etica, la medicina e molto altro. Dopo questa breve introduzione è il momento di parlare di Tsuji Gettan, un leggendario praticante di Arti Marziali.
Tsuji Gettan fu un samurai che visse dal 1647 al 1726 nell’antico Giappone, esperto nell’arte della spada combinata alla filosofia Zen, era stimato nel paese anche per la sua saggezza. Egli viene ricordato non solo per la sua abilità nel combattere ma anche per i suoi scritti. era raro a quell’epoca che un samurai sapesse scrivere bene come gli accademici e le persone colte. Le opere di Gettan invece, erano considerate tra le migliori dell’impero. Per i contemporanei di Gettan che cercavano fama e gloria fu una fortuna che Gettan non interessasse essere il numero uno nel combattimento. Utilizzò la sua abilità per aiutare i bisognosi, cosa assai poco comune in quell’epoca.
In un’occasione, dopo una lunga meditazione tra le montagne, percorrendo la strada verso una città, venne a sapere che sette “ronin” (samurai falliti, o samurai rimasti senza padrone per la sua morte o mancanza di fiducia) stavano spaventando la gente ed erano divenuti i padroni della strada. Quando si annoiavano minacciavano i poveretti che avevano la sfortuna di incrociarli. Per Gettan il comportamento di quei ronin era chiaro. Volevano guadagnarsi il rispetto che loro stessi non erano capaci di offrire. Gettan andò a parlare con loro. Disse “non occupate tutta la strada. C’è molto posto. Anche gli altri vogliono usarla ed è un loro diritto.” i ronin erano sorpresi, ed intuirono che l’uomo venisse dalle montagne per gli abiti consunti e per il berretto. Uno di loro rispose. “Non osare parlarci col berretto in testa. Toglitelo affinché possiamo vedere il tuo viso, mostraci rispetto” gridò.
Gettan si tolse il berretto. i suoi capelli uscirono in tutte le direzioni e i suoi occhi guardarono i ronin. Questi, vedendolo come fosse infuriato, scapparono via correndo.
Gettan disse allora “i persecutori sono persone spaventate che serbano in gran segreto la loro paura. Si muovono sempre in gruppo e dimostrano la loro forza. ma se infrangi quella crosta finiranno per piangere come bambini. E’ un peccato, perché non si rendono conto che la vita consiste nel dare e nel ricevere. E’ come essere circondati dagli specchi -quello che dai finisci per riceverlo-.
Raccontò anche la storia della scimmia che vide un riflesso di se stessa nello specchio e che sorpresa per un immagine così orribile, dipinse lo specchio con del rossetto per rendere l’immagine più bella. Ma dato che l’immagine continuava a essere la stessa, la scimmia finì per diventare pazza e, più pazza era, più brutta diventava l’immagine. Si mise a correre attorno allo specchio e alla fine si accorse che quello che stava vedendo era un riflesso, un’illusione, ed allora si mise a ridere. Guardò lo specchio e più rideva più diventava bella l’immagine.
(Storia ri-raccontata da Vincenzo, giovane studente di Monterotondo)