“Dal paganesimo al cristianesimo e dal cristianesimo alla paganesimo….” – Excursus di spiritualità laica (in chiave naturalistica), passando per la Grande Madre, Caino ed Abele sino a papa Ratzinger … ed oltre
“Felix qui potuit rerum cognoscere causam” [Felice chi può conoscere le cause delle cose] (Virgilio)
Le menti più aperte hanno da qualche tempo percepito che gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dalla crisi del cristianesimo. Questa crisi si presenta come “epocale” anche se ci vorrà molto tempo, forse più di un secolo ai nostri posteri per assistere alla nascita di una nuova forma di religiosità istituzionalizzata, che però si sta delineando con la massima precisione. D’altronde il cristianesimo ha avuto un’elaborazione iniziale durata un mezzo millennio e fino a pochi secoli fa interventi piuttosto drastici hanno inteso “punire” ed indirettamente “minacciare” chiunque, più o meno fedele, più o meno credente, ecclesiastico o “laico” avesse osato elaborare un sistema di pensiero non inseribile all’interno di canoni logici dettati a suo tempo dal sistema religioso egemone in Europa e nei continenti colonizzati dagli europei.
A nostro avviso, questa crisi riguarda essenzialmente una diversa disposizione d’animo della società nei confronti della religione egemone, quale si è venuta formando in conseguenza delle trasformazioni che hanno coinvolto il mondo durante l’ultimo secolo.
Queste trasformazioni sono dovute essenzialmente al progresso della tecnica, ma le conseguenze non sono dirette, come vorrebbero far credere i propugnatori di un “ateismo” ormai piuttosto datato ed oggi funzionale agli interessi egemonici del Clero, il quale ha buon gioco nel contrapporre il razionalismo scientista, posizione concettuale ampiamente superata con la fine del positivismo materialista, all’idealismo spiritualista, attualmente ancora rappresentato dalla religione cristiana della quale costoro si proclamano custodi. Quando scriviamo di progresso tecnico ci riferiamo, ovviamente, non solo allo sviluppo della riflessione scientifica, ma anche e soprattutto all’apporto davvero enorme della tecnologia alle ricerche in campo archeologico, storico, antropologico, geografico, geopolitico. La messe di documenti emersa in questi ultimi decenni e la professionalità dei loro interpreti sono state determinanti per chiarire definitivamente moltissimi enigmi del passato più remoto.
In realtà le oscillazione concettuali dei pensatori cristiani esposte durante gli ultimi secoli hanno dimostrato soltanto che a fronte dell’elaborazione filosofica, sociologica e psicologica prodotta nelle Università laiche, ben poche sono le armi che il cristianesimo in quanto dottrina originale può contrapporre. Un esempio importante ci viene dal Modernismo, sorto impetuosamente tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento, che coinvolse gli elementi più coltivati del cristianesimo, agenti sotto l’influsso della cultura laica. La Chiesa, retta allora da Pio X, difese con energia i suoi dogmi e condannò i devianti con l’enciclica <Pascendi> del 1907. Ma la conseguenza fu che esse perdette un alto numero degli spiriti più ricchi di dottrina sui quali avrebbe potuto contare. Si tratta delle situazioni inevitabili nelle quali si viene a trovare chi pretende di gestire un qualche potere in nome di un’ideologia religiosa. Da questo punto di vista è bene ricordare che le basi filosofiche sulle quali ancora oggi sono costruiti i sistemi di pensiero laici sono le stesse, come dimostreremo con la massima concisione, sulle quali è stato costruito il cristianesimo attraverso l’elaborazione dottrinaria discussa ed approvata, sempre dopo lunghe ed astiose contrapposizioni quasi mai incruente, seguite da persecuzioni dei “devianti”, che erano poi i sostenitori della tesi filosofica soccombente, attraverso gli innumerevoli Concili e Sinodi, troppo spesso sottoposti nelle conclusioni alle interferenze d’imperatori, stanchi e disgustati per quelle interminabili sofisticherie pedantesche.
Proprio di questi tempi è la ripresa della discussione sull’insegnamento del Cattolicesimo nelle scuole di Stato. E’ naturale che l’istituzione religiosa difenda a spada tratta l’ora di religione, che assicura una retribuzione sicura a tanti preti e che garantisce un’indubbia egemonia ideologico-politica. E’ meno naturale che quest’ora sia difesa come “spazio di libertà”. Indubbiamente quando entrano in gioco certi interessi le parole volano, troppo spesso sganciate dal loro significato. Noi siamo apertamente favorevoli e non vediamo le ragioni dell’assenza di quest’insegnamento che riguarda una forma di religiosità che ha accompagnato lo sviluppo della società occidentale nel suo complesso, ma vorremmo che quest’insegnamento fosse reale, non fittizio. Infatti troppo spesso l’insegnante sviluppa il suo programma insegnando educazione sessuale o impartendo lezioncine a sfondo moralistico.
Tale insegnamento invece dovrebbe essere costituito dalla storia della nascita della dottrina e dalla storia della Chiesa, e non potrebbe essere disgiunto dall’insegnamento delle religioni comparate. Questa tipologia d’insegnamento sarebbe quanto mai utile per favorire la crescita di personalità autonome, non succubi del fascino dei riti e delle cerimonie pubbliche, nonché della cieca fiducia nell’efficacia dei sacramenti e delle indulgenze (a pagamento!)
A tal proposito è utile tenere presente che l’istituzione “Chiesa” si trova proprio in questo particolare periodo a prendere atto che una buona parte del suo residuo potere è costituito proprio dagli aspetti spettacolari, anche perché la società attuale è immersa in una dimensione estetica, per non dire onirica, costituita dalla pervadenza sempre più condizionante di “evidenze” sempre più astratte, come cinema, televisione, virtualità d’Internet, corpi destrutturati e rielaborati in funzione dello spettacolo o degli usi “sociali”, pensiero decostruito.
Non a caso è stato notato che un comune orientamento culturale d’alcuni gruppi di pressione, come ad es. Comunione e Liberazione, non interferisce se non marginalmente nei comportamenti, che restano definibili come “immobilismo”, perché oltre al “prendere parte” a qualche manifestazione marginale (ad es. Meeting di Rimini) il reale coinvolgimento dentro la società per determinarne un cambiamento ha senso solo in astratto. L’impegno è apparente, esteriore, non tocca il caso concreto. Non a caso è stato notato che, mentre Piazza San Pietro era gremita di persone che assistevano all’agonia di Giovanni Paolo II (evento mediatico-spettacolare), le chiese romane erano vuote anche la domenica.
Fu Walter Benjamin a capire per primo l’importanza della vetrina. Intuì che essa sarebbe stata il gene fondamentale dell’intero capitalismo post-fordista, fatto di merci sovraesposte, seducenti e fantasmagoriche. Egli inquadrò le gallerie parigine come “grotte” del fantastico ed i flaneur come i nuovi cantori di queste narrazioni urbano- merceologiche. Scriviamo queste cose per far capire che in questo paesaggio si muove la religione ufficiale, la quale, per ovvie ragioni, ne subisce e ne determina i modi, mentre la religione in stato nascente sta elaborando le sue nuove forme di comunicazione basandosi essenzialmente sulla percezione che accomuna in sempre maggior numero di persone sperse per il mondo. Questo è il primo effetto positivamente concreto della presa di coscienza che precede l’aperta ribellione alla globalizzazione, strumento concepito dai gruppi di potere per lo sfruttamento integrale del Pianeta Terra
Astrazione contro concretezza.
Nello scontro in atto per la riaffermazione della concezione unitaria dell’Universo (Olismo), noi riteniamo necessario confrontarci con le varie forme assunte dagli interpreti della religione cristiana, a dimostrazione che, una volta imposta una struttura dominante, questa impone le proprie regole mentali a persone che esprimono caratteri psicologici ed etici sostanzialmente diversi.
Due casi tra i tanti sono esemplari e vanno citati. Nel 428 d.C. si ebbe un primo contrasto col dogma di Nicea in una controversia fra il patriarca di Costantinopoli, Nestorio ed uno dei suoi sacerdoti, Proclo. Costui, in un’omelia, parlando della Madonna, l’aveva chiamata “madre di Dio”. (Theotòkos). Tale frase era il frutto di una normale elaborazione mentale. Se Gesù è identico al Padre e coeterno con lui, sua madre è anche Madre di Dio. Secondo Nestorio, ed altri, invece, una donna vissuta “nel tempo” non può aver generato Dio, che è eterno. Pertanto i nestoriani sostenevano che la Madonna potesse essere chiamata soltanto Christotòkos Questa presa di posizione porta a tumulti che Nestorio soffoca con la violenza. Il vescovo d’Alessandria, Cirillo, dichiara invece che la definizione di Theotòkos è legittima ed ortodossa e scrive una lettera a tutti i monaci d’Egitto invitandoli a propagare questa definizione e compone contro i nestoriani ben dodici anatemi. Celestino I, vescovo di Roma, conferma a Cirillo la propria solidarietà e, convocato un Sinodo, sconfessa Nestorio ordinandogli di mandare una ritrattazione per iscritto. I nemici di Cirillo, ce ne sono anche in Alessandria, accusano presso Teodosio II il loro vescovo di aver fatto massacrare tanti avversari religiosi, fra cui la nota filosofa Ipazia. Ma Cirillo convoca illegalmente il Concilio di Efeso, terzo Concilio ecumenico della storia della Chiesa il 22 giugno 431 ed, in assenza di Nestorio e dei nestoriani, li fa dichiarare scomunicati. Questi giungono però il 26 giugno e dichiarano nulle le decisioni prese in precedenza. Cirillo allora riapre le sedute del Concilio il 10 luglio e, con i suoi soli sostenitori e con i vescovi giunti dall’Italia, riscomunica Nestorio.
Infine, sempre Cirillo riesce a corrompere i consiglieri di corte ed a piegare alle sue decisioni l’imperatore Teodosio II con preziosissimi doni dei quali ci è rimasta la lista: tappeti, cortine e tende, tovaglie da tavola, copriletti, sedili e scanni d’avorio, parecchie libbre d’oro. E così la controversia sulla Madonna ed indirettamente sulle due nature di Cristo si protrasse nel tempo e, possiamo dirlo, fino ad oggi. Per quanto ci riguarda ci resta solo da costatare che le torture e la morte inflitte nel tempo a tanti cristiani pauperisti, che contestavano la corruzione della Chiesa (Giovanni Huss e Girolamo da Praga, gli anabattisti, tanto per fare alcuni nomi) trova una sua giustificazione proprio all’origine di questa dottrina che pretende di discendere nientemeno che da Dio. Agli antipodi di questa visione della vita basata su una totale astrazione intellettualistica, sta l’esperienza “spirituale” dei mistici che possiamo riassumere in un passaggio scritto da una grande mistica, nel quale si può ben individuare l’incerto confine fra l’astratto ed il concreto, tra l’allegorico ed il letterale, come un’interpretazione da parte dei posteri e fino ad oggi, degli scritti dei padri della Chiesa in senso estensivo o letterale, allegorico, mistico, magico, sapienziale, ma sempre al bisogno e con molta naturalezza. Scrive per noi Santa Caterina da Siena: < …la vita s’è innestata nella morte, sicché noi morti abbiamo avuto la vita per l’unione sua. E perché Dio fu innestato nell’uomo, Dio-e-uomo corse, come innamorato, all’obbrobriosa morte della croce. In su questo arbore si volle innestare questo Verbo incarnato….O padre, non stiamo più ed innestiamoci nell’arbore fruttuoso, acciocché il maestro non si levi senza noi. Tolliamo il legame, il vincolo dell’ardentissima sua carità, la quale il tenne confitto e chiavellato in sul legno della santissima croce. Percotiamo, percotiamo con affetto; perocché lo infinito bene vuole infinito desiderio….> Questo interessante periodare è stato tratto dal libro di Piero Camporesi, “Il sugo della vita” nel quale l’autore espone molte prose d’autori cristiani che esprimono con sanguigna concretezza i motivi della loro fede. In questo caso particolare, e non ci stupisce in una seguace di Francesco d’Assisi, c’è proprio l’espressione intensa di una transustanziazione da carne in legno, sia pure il legno della croce, di carattere prettamente pagano. Non stupisce neppure che di recente uno studioso cristiano, riferendosi al dogma dell’”Assunta”, definito solo nel 1950 ma che fin dagli inizi avrebbe ispirato l’arte cristiana, (da notare che la congregazione agostiniana degli Assunzionisti era stata fondata nel 1847.) abbia sostenuto < l’alto senso cristiano della carne e del Cosmo.>, anche e soprattutto contro le Chiese protestanti, che dichiararono la loro avversità a questa decisione papale, secondo noi per chiara antitesi ideologica. Timothy Verdon, prete americano e storico dell’arte, sostiene infatti che il dogma in questione, fu promulgato solo quando la “concretezza carnale” della fede cristiana si era ridotta a leggenda, metafora, spiritualismo disincarnato. Secondo questo teologo, PioXII era colpito tanto dal materialismo ideologico e “di fatto”, quanto dal pragmatismo della cultura americana che andava diffondendosi in tutto il mondo. Il riferimento è la pala di Lorenzo Lotto del 1506 nel Duomo di Asolo, che ci presenta Maria, ossia il suo corpo glorioso, in mezzo alla Natura. Da notare inoltre che la festività dell’Assunzione fu stabilita per il giorno 15 agosto, giornata prossima a quelle che ricordano alcune festività tradizionali, quali Ercole invitto, Venus Victrix, Fasta di Giove (il 14), e gli anniversari del Tempio di Diana, di Ercole vincitore, di Castore e Polluce. Ma, d’altronde, come cita L.M.A Viola…< Il mese di Augustus è il mese che nell’anno manifesta al suo culmine la restaurata Pienezza Aurea del Mondo e dell’Anima nel suo stato regale augusteo. Un tale mese è il più ricco di Feste e, come Tradizione vuole, si dice che sia interamente “feriato”, tanto che ” Feriae Augusti” ( ferragosto) indicava la particolare sospensione augustea di tutte le cose. Tutto il contrario dell’orgia carnale che i tempi presenti ci esibiscono. Tempi di massificazione consumistica tutt’altro che pagana.
Il fatto che, nei secoli, si sia prodotta una letteratura pressoché infinita che esprime motivi sostanzialmente antitetici tra loro per giustificare la medesima fede verso le medesime persone divinizzate oggetto di questa credenza, dovrebbe essere sufficiente, per lo meno, a giustificare l’accettazione del cristianesimo come una religione sincretica.. Invece abbiamo ancora a che fare con una dottrina che insiste, pur di fronte a prove sempre più incontrastate tra le quali anche la derivazione dai miti correnti di Socrate (idealizzato dal neoplatonismo uniformante la weltanshauung del tempo) e dalle opere senechiane sulla morale stoica, nella reale esistenza fisica di un personaggio-profeta a nome Gesù, con codazzo di madre, padre, apostoli e quant’altro, vissuti contro ogni evidenza storica e mitica, in una Palestina virtuale, con villaggi mai esistiti e giudei seguaci integerrimi delle scritture bibliche, che a noi risultano scritte in greco.
Sempre nel libro succitato, leggiamo una consistente rivalutazione dell’arte cristiana che si dimostra capace di esaltare il corpo quale <luogo di conoscenza spirituale>. E’ pertanto necessario aggiungere da parte nostra che, senza l’apporto economico della Chiesa non ci sarebbe stata la grand’esplosione dell’arte italiana ed in particolare quella rinascimentale e le sue derivazioni nei secoli seguenti fino ad oggi. Ma questo colossale investimento, del quale i vantaggi si dimostrano rilevanti anche attualmente in termini di turismo culturale, non fu pensato dai papi per puro amore dell’arte in se stessa. Anzi! L’esigenza principale, peraltro ben compresa dagli artisti coinvolti, stiamo pensando a Michelangelo o a Caravaggio, era quella di “attualizzare” visivamente le figure religiose celebrate sugli altari. Infatti la memoria visiva è quella che maggiormente s’imprime nella coscienza. Il fatto poi che i personaggi venissero immortalati sulle tele, nel marmo e nel legno o sui muri con l’abbigliamento dell’attualità serviva a perpetuare l’impressione della persistente “presenza fisica” della persona divinizzata. Quanto sia stato importante per il cristianesimo nascente o meglio, per la dottrina cattolica, il mito dell’effettiva esistenza terrestre di Gesù è dimostrato dal dogma della “resurrezione dei morti”, soluzione di compromesso fra l’esigenza di contemperare le “due nature di Gesù” con il concetto di resurrezione. Infatti, se il Cristo è risorto, questo fatto dimostra la sua natura umana era morta; mentre l’altra componente della sua persona, quella divina, non avrebbe potuto morire e per essa l’idea di resurrezione era improponibile. Per queste ragioni, e per un principio elementare di giustizia logica, se la natura umana può risorgere, ciascun uomo è destinato a risorgere. Da qui la necessità di elaborare e definire il concetto di “resurrezione della carne”, idea quanto mai suggestiva, ma molto affine a concezioni karmatiche da tempo contrastate da quelle fazioni intellettuali che sarebbero diventate l’ortodossia cristiana.
La soluzione di questo problema, che affaticò per lungo tempo le menti dei padri della Chiesa, costituisce uno dei casi più interessanti di creazione collettiva di un mito, laddove però la collettività è costituita esclusivamente da filosofi. Una storia poco conosciuta che invece dovrebbe far riflettere.
Un caso particolare d’accettazione sincretica da parte della Chiesa d’aspetti mitici, accettati acriticamente dai “fedeli” è costituito anche dalla storia dei Tre Re Magi.
In estrema sintesi, e solo per invitare i lettori ad approfondire l’argomento, diciamo che di questi personaggi tratta solo il Vangelo di Matteo, con finalità di conferma della messianicità di Gesù.
Già il fatto che di un evento così singolare tratti un solo evangelista avrebbe dovuto mettere sull’avviso i tanti studiosi della vita di questo profeta. Un primo punto di contatto con tradizioni antecedenti alle quali il racconto sui Magi intende riferirsi è quello con il mito d’Abramo, o meglio con il mito della sua elevazione, per intervento divino, ad una dimensione superumana.
Fra gli scritti apocrifi, che rappresentano un’importante fonte di tradizioni, tanto più in quanto messi, per così dire, in un cantuccio dai creatori della dottrina ufficiale, il ” primo libro d’Adamo ed Eva” ci dice invece che è proprio Dio che fa tre doni a Adamo, oro incenso e mirra, imponendogli di tenerli accanto a sé nella caverna (Caverna, beninteso, nella quale nascono o si rifugiano tutti i personaggi mitologici che simboleggiano il Sole.) Alla sua morte Adamo sarà sepolto al centro della terra con i tre doni, ma dopo il diluvio universale questi saranno trafugati e solo all’uomo che incarnerà la Parola di Dio i Re li consegneranno. Con la Crocifissione, il sangue versato dal corpo di Cristo penetra la terra e la lava, raggiungendo infine il luogo dove sarebbe sepolto il corpo di Adamo. Così viene pulito il mondo dal peccato. ( Trasparente similitudine al mito del Graal, che si dimostra legato ad una tradizione che precede di molto il cristianesimo istituzionalizzato.)
Nel Vangelo arabo-siriaco i Magi sono avvertiti da una profezia di Zoroastro. Nel Vangelo Armeno, invece, un angelo avverte i Magi del concepimento del bambino divino e questi si mettono in viaggio nove mesi prima della nascita per giungere al cospetto del Dio nascente al momento giusto. In questo testo si trova la prima affermazione che i Magi sono tre e che questi portano a Gesù nientemeno che libri scritti e sigillati dalle mani di Dio. Interrogati da Erode essi affermano di possedere da tempo immemorabile un libro profetico consegnato da Dio a Adamo dopo la morte d’Abele e l’esilio di Caino. Il “Libro della caverna dei tesori” conferma che i Magi erano tre fratelli. Da notare la componente persiana del mito dei Magi e gli echi di questi miti nel classico testo ” Mille e una notte”. Se poi aggiungiamo che quest’ultimo testo da studi recenti dimostra la sua provenienza da scritti occidentali la questione si chiarisce ulteriormente.
Nelle tradizioni di stampo gnostico-manicheo, e specificatamente nel Vangelo Arabo dell’Apostolo Giovanni è descritta < l’immagine di una vergine adolescente che regge un piccolo fanciullo sul cui corpo c’è una corona di luce nel mezzo della luce della stella > Viene in tal modo rappresentata l’ emanazione del LOGOS dall’abisso per mezzo del verbo. Secondo la Gnosi i doni rappresentano i tre principi originari d’ogni forma esistente: l’oro è la Luce, cioè l’Abisso; l’incenso è lo Spirito che divide l’Abisso dal Regno delle Tenebre; la mirra rappresenta la Materia, ovvero le Tenebre. Da qui è facile intravedere un’interpretazione alchemica che nel vasto pelago di scritti relativi a questa via della Conoscenza si può così riassumere: L’oscura natura umana viene destata alla vita da una Luce venuta grazie ad una Vergine. Il Bambino rappresenta un’Anima nuova e divina non di questo mondo, giunta a noi anche grazie a Giuseppe, che rappresenta l’intelletto purificato, che non giudica secondo i canoni umani e protegge il bambino. Quest’ultimo nasce dall’Anima Universale, dal fuoco dell’Amore Divino che feconda e purifica come i “fuochi solstiziali”.
Nota finale: i Magi rappresentano indubbiamente l’affermazione mitica della divinità di Gesù attraverso un concetto universalmente accettato, in altre parole che la conoscenza esoterico-magica propria della precedente cultura persiana capace di riconoscere la componente “divina” in un essere umano ha reso omaggio ad un uomo-dio.
Ma quest’affermazione ne implica un’altra, e cioè che non è la cosiddetta tradizione biblica quella capace a riconoscere l’elemento divino, ma un’altra tradizione, ben lungi nel tempo e nei luoghi e ben diversa. E tutto ciò può essere utile per riconoscere quanto la collocazione in Palestina del percorso umano del Cristo da parte d’alcuni studiosi alessandrini (primo fra tutti Filone, palestinese di nascita) sia del tutto arbitraria. Tra l’altro l’area geografica e geopolitica nella quale si sviluppa il cristianesimo delle origini, non ché quello anacoretico ed ortodosso, cioè fedele ai concili, è proprio quella che, controllata dall’Impero Romano d’Oriente, si estende in quelle zone che comprendono le attuali Siria, Turchia, Armenia, Georgia, fino ad Egitto, Iran ed Iraq.
In particolare, è proprio una caratteristica geofisica che permane ancora oggi che ha creato l’idea di Paradiso, ovvero giardino di delizie circondato dal vuoto desertico. Si tratta dei giardini che fioriscono dall’emergere di fonti d’acqua fresca provenienti dai monti circostanti, dopo aver percorso centinaia di chilometri a diecine di metri sotto la superficie terrestre.
E papa Ratzinger che dice?
Giorgio Vitali
(prima parte)