Bologna: Esperimenti di sopravvivenza vegetariana bioregionale in città… “dagli orti di guerra al club degli ortolani urbani”

La campagna si sta facendo silenziosamente strada tra le vie delle città, anzi, per dirla col nome di una fanzine distribuita a Bologna dal centro sociale xm24, si sta insinuando sempre più nelle Crepe Urbane dei centri abitati. Nel tentativo di tracciare la cronaca dell’evoluzione verde del capoluogo emiliano, Crepe Urbane racconta storie di orticultori in aree residenziali, insomma di tutti quei «guerriglieri verdi» che lottano per riconquistare spazi verdi tra palazzi di cemento.

Tra le città italiane Bologna ha fatto da capostipite nella promozione degli orti sociali destinati ai pensionati, aumentando progressivamente il numero di appezzamenti coltivati, fino ad arrivare a contarne oggi più di 3000, distribuiti su otto quartieri cittadini. Nati con l’intento di creare centri di aggregazione, questi orti urbani forniscono ai pensionati luoghi in cui incontrarsi e chiacchierare tra un colpo di zappa e l’altro.

A Bologna l’esperienza degli orti sociali ha inizio nei primi anni Ottanta, non è quindi un caso che proprio qui nasca, nel 1990, l’Associazione Nazionale Centri Sociali, Comitati Anziani e Orti (ANCeSCAO), un’associazione senza scopo di lucro sorta con lo scopo di coordinare a livello nazionale i comitati locali impegnati a favore degli anziani. È interessante notare com’è cambiata la popolazione degli assegnatari dei terreni da coltivare: inizialmente si trattava prevalentemente di ex-contadini o ex-braccianti che, emigrati dalle campagne negli anni Cinquanta e Sessanta per lavorare nelle fabbriche, al momento del pensionamento avevano ricercato in città un ritorno alle origini attraverso la cura dell’orto. Oggi, invece, gli ex-agricoltori non superano il 6% degli assegnatari, mentre gli altri sono ex-operai, tecnici, impiegati, commercianti, casalinghe, poliziotti, carabinieri, informatici.

Parlando sempre di orti sociali, città complesse come Bologna, che si trovano a dover accogliere sensibili flussi di immigrati, possono ricavare un altro valore aggiunto da questa coltivazione. Gli orti urbani, infatti, possono fornire nuove soluzioni al problema dell’integrazione sociale dei nuovi arrivati. Questa è l’idea su cui si basa il progetto “Coltiviamo/ci Insieme” promosso dalle donne arabe dell’associazione ANNASSIM, con il sostegno della provincia di Bologna. Il progetto prevede che alcuni dei 400 orti assegnati a pensionati in zona Pilastro siano dati in gestione a donne immigrate dal Marocco, in modo che possano continuare quelle tradizioni apprese nel loro paese natio. Al contempo, inoltre, questo fornirà loro la possibilità di venire a contatto con la nuova realtà sociale in cui si sono inserite e superare le eventuali barriere culturali e linguistiche, velocizzando il processo di integrazione.

Il passaggio dagli orti sociali ai community garden è molto breve: è sufficiente incentivare tutti i cittadini di un intero quartiere, e non solo i pensionati, alla coltivazione di un giardino comune. Esattamente quanto si propone di fare l’associazione EUGEA. EUGEA nasce dall’iniziativa di un gruppo di entomologi del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali dell’Università di Bologna, impegnati nel promuovere progetti che aiutino a creare negli ambienti urbani piccole oasi di verde in cui possa prosperare la biodiversità. All’interno di piccole scatole di cartone, EUGEA vende ai cittadini kit completi per creare giardini sui propri terrazzi: non solo semi, ma anche organismi utili che, nutrendosene, aiutano a debellare i parassiti o a impollinare le piante.

Considerando quindi la loro  valenza sociale, culturale e naturale, orti e giardini urbani rappresentano degli ottimi candidati per coniugare “coltura e cultura”, come piace dire alla nota turista per caso, Syusy Bladi. Questo è, infatti, il principio che l’ha spinta ad ideare il progetto del Club degli Ortolani, fondato proprio con l’intento di dare ai cittadini la possibilità di coltivare il proprio orto personale e creare anche punti di incontro per dialogare scambiandosi pareri e saperi. Con questa idea in mente, Syusy ha deciso di comprare un terreno coltivabile di circa 4 ettari in prossimità di Bologna, terreno che sarebbe poi da parcellizzare e distribuire tra gli iscritti al Club. Chi decide di aderire e entrare a far parte del Club, avrà anche delle regole da rispettare: sarà tenuto, per esempio, a seguire dei corsi di formazione mirati, gestiti in collaborazione con la Facoltà di agraria.

A Febbraio 2009 si contano a Bologna più di 100 km quadrati di terreni ortivi.

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