“Basta acqua ai poveri..” – Ovvero: modifiche all´art. 23 bis, servizio idrico, legge per legge, cavillo per cavillo, minuto per minuto… con regolamento attuativo da approvare entro il 30 settembre 2009 e Confindustria gode…
Cari amici,
provo in queste poche righe a dare una prima lettura parziale e a fare alcune prime considerazioni personali sulle modifiche apportate il 9 settembre 2009 dal Consiglio dei Ministri all´art. 23 bis della Legge 133/08.
Con una premessa “politichese” i cui contorni sono ancora da comprendere.
Infatti, mentre sembrava che l´art. 23 bis fosse ormai stato abbandonato in funzione di una riforma più complessiva della gestione dei servizi pubblici locali, ad agosto è il Ministro dell’Economia Tremonti a intervenire sulla materia con l´art. 19 della Legge n. 102 del 4/8/2009 che in estrema sintesi : a) estende alle SPA a totale capitale pubblico e alle SPA miste gli stessi vincoli gravanti sugli enti locali relativamente alle assunzioni di personale e b) assoggetta le stesse al patto di stabilità previsto per gli enti locali (con regolamento da approvare entro il 30 settembre 2009).
Di fronte a questo recente intervento del Ministero dell’Economia, risulta decisamente singolare l´improvviso risveglio del Ministro agli Affari Regionali Fitto che, a poco più di un mese di distanza, fa approvare (in accordo stretto, così dice, con il Ministro Calderoli) le modifiche all’art. 23bis.
Cosa sta dunque succedendo nei blocchi di potere interni al governo e alla maggioranza?
A quali blocchi di potere corrisponde la competizione Tremonti/Fitto?
Il via libera leghista ha a che fare con le prossime candidature alle Presidenze regionali? Non lo sappiamo, per ora.
Ma veniamo al merito di quello che NON è il regolamento attuativo dell’art. 23 bis (da emanare entro il 31/12/2009) bensì un “Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici di rilevanza economica” (inserito come art. 15 in un Decreto legge per l´adempimento degli obblighi comunitari).
Una prima parte di modifiche riguarda gli affidamenti dei servizi pubblici locali.
In particolare, si indicano, come vie ordinarie di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica,l´affidamento degli stessi attraverso gara o l´affidamento degli stessi a società mista, in cui il socio privato sia scelto attraverso gara, possieda non meno del 40% e sia socio “industriale”.
L´eccezione -ovvero la gestione attraverso SpA a totale capitale pubblico- può avvenire solo in condizioni straordinarie, che abbisognano del parere preventivo dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (da emettere entro 60 giorni dalla richiesta, con silenzio-assenso), e a patto che la SpA rispetti le caratteristiche “in house” previste dall’ordinamento comunitario (controllo analogo e prevalenza dell’attività territoriale).
Su questa prima parte si può dire che le modifiche rispetto all’art. 23bis sono :
a) l´inclusione delle società miste tra le gestioni ordinarie;
b) la necessità, per le deroghe d gestione, di un pere preventivo da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato;
Una seconda parte di modifiche riguarda il regime transitorio.
In questo senso, mentre l´art. 23bis , stabiliva la cessazione di tutti gli affidamenti effettuati senza gara (ad eccezione di quelli in deroga) entro il 2010, le nuove norme stabiliscono con precisione i termini di scadenza per ciascuna tipologia, ovvero :
a) entro il 2010 decadono gli affidamenti a SpA in house che non rispettano la normativa comunitaria (controllo analogo e prevalenza territoriale dell’attività); gli affidamenti a società miste nelle quali il socio privato non è stato scelto con gara; mentre, e ovviamente, si devono adeguare gli Ato che non hanno ancora provveduto ad affidare il servizio;
b) entro il 2011 decadono tutti gli affidamenti a SpA in house (anche se rispettano la normativa comunitaria) e gli affidamenti a società miste, nelle quali, pur essendo stato scelto il socio privato con gara, questi non è un soggetto “industriale” ;
c) entro il 2012 decadono tutti gli affidamenti a SpA quotate in Borsa, nelle quali la partecipazione pubblica non sia nel frattempo scesa al 30%
Si stabilisce inoltre che solo le SpA miste con scelta corretta del socio privato e le SpA quotate in Borsa possano svolgere attività in territori diversi da quello di appartenenza.
In questa seconda parte, si può dire che a fronte di una sostanziale proroga dei termini di cessazione delle gestioni, si definiscono con più precisione alcuni elementi :
a) la fine delle gestioni attraverso SpA in house (quelle che non rispettano la normativa comunitaria entro il 2010, le altre comunque entro il 2011);
b) la fine della partecipazione maggioritaria degli enti locali nelle SpA quotate in Borsa (deve obbligatoriamente scendere al 30% entro il 2012).
Infine il decreto sposta l´approvazione del Regolamento attuativo dell’art. 23 bis a fine dicembre 2009 e riafferma che, con l´approvazione di tale regolamento, le SpA in house saranno soggette al patto di stabilità interno.
Alcune prime considerazioni.
E´ evidente come riprenda slancio la spinta privatizzatrice di questo Governo.
D´altronde, i ripetuti appelli di Confindustria, perché si mettessero a disposizione delle imprese i servizi pubblici locali come fonte di guadagno assicurato in tempi di crisi, non poteva restare inascoltato.
La spinta privatizzatrice si evidenzia anche nel fatto che la nuova normativa non riguarda solo il servizio idrico -cui era interamente dedicato (bontà loro) l´art. 23bis- bensì norma tutti i servizi pubblici locali (anche energia, gas, rifiuti e trasporto urbano).
E´ inoltre chiaro come l´attacco sia soprattutto diretto ad aumentare esponenzialmente la presenza dei privati nella gestione dei servizi pubblici locali, azzerando le gestioni attraverso SpA a totale capitale pubblico (per spingere i Comuni alla gara) e riducendo in maniera verticale le partecipazioni pubbliche a SpA quotate in Borsa (anche perché lì è chiaro anche ai ciechi come a decidere siano i poteri finanziari).
Il recupero delle società miste tra le gestioni ordinarie si deve invece motivare con il forte blocco di potere storicamente espresso dalle stesse, e di cui il governo non poteva non tenere conto (si pensi solo alla Toscana).
Si tratta quindi di un attacco generalizzato ai beni comuni e ai servizi pubblici, che deve essere respinto con una forte mobilitazione.
Ogni medaglia ha comunque il suo rovescio e alcune riflessioni credo possano rafforzare il percorso finora compiuto dal movimento per l´acqua.
Perché appare ogni giorno più evidente come, con quest´ulteriore attacco diretto dei privatizzatori, siano progressivamente venute meno tutte le motivazioni che in questi anni hanno prodotto la trasformazione delle gestioni dei servizi pubblici locali attraverso la nascita delle SpA.
Infatti, con il combinato disposto di questa normativa e dell´art. 19 della Legge 102/09 (Tremonti), decade la motivazione per cui, attraverso le Spa, gli enti locali potevano bypassare i vincoli alle assunzioni di personale e il patto di stabilità interno.
Con l´attacco quasi definitivo alle SpA a totale capitale pubblico, decade la motivazione per cui la loro istituzione serve ad arginare l´ingresso dei privati.
Con la caduta verticale della partecipazione pubblica nelle società quotate in Borsa, si rende manifesta l´insussitenza di un qualsiasi controllo pubblico nella gestione dei servizi pubblici locali, quando sia partecipata da soggetti privati (come del resto, le pur salvaguardate gestioni a capitale misto hanno ampiamente dimostrato in venti anni di realtà).
L´attacco è dunque pesante ma la dimensione dello stesso credo renda ancor più evidente come l´unica possibilità per i movimenti e gli enti locali che non vogliano farsi sottrarre l´acqua e il servizio idrico, sia esattamente la sottrazione dello stesso alla dimensione delle SpA, la ripubblicizzazione dello stesso attraverso gli enti strumentali comunali e consortili, la riappropriazione sociale dello stesso attraverso la partecipazione popolare.
E se l´art. 15, approvato ieri, s´intitola significativamente “Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici di rilevanza economica”, credo che il primo passo sia proprio quello di ottenere dagli enti locali -titolari del servizio- atti che sottraggano a questa normativa il bene acqua, dichiarandola bene comune, e il servizio idrico, dichiarandolo “privo di rilevanza economica” perché colmo di rilevanza sociale, ambientale e culturale.
Insomma, l´attacco è forte e conseguente alle politiche governative.
Ma la strada intrapresa dal movimento per l´acqua può rappresentare non solo l´argine, bensì soprattutto l´inversione di rotta.
A patto che tutte/i assieme sappiamo costruire un movimento ancor più capace di diffusione, di radicamento territoriale e di inclusione, per costruire nuova massa critica e adeguati rapporti di forza.
E´ una battaglia aperta: abbiamo le menti e i cuori per affrontarla?
Marco Bersani (Attac Italia)
………….
Primo commento ricevuto:
Preparatevi ad un altra Cochabamba.
Con questo voglio dire che in Bolivia, leaders sindacali (ben diversi da quelli italiani) iniziarono una lunga lotta contro la privatizzazione dei servizi idrici, lotta che poi ha portato Evo Morales a presiedere la Bolivia.
Posso solo dirvi che almeno qui in Svizzera, pur avendo trasformato i servizi essenziali in SA (società anonima, ma in questo caso i soci sono noti), il controllo politico è rimasto. Nei servizi municipalizzati e i consorzi, i consigli comunali nominano i membri sia della direzione, sia delle assemblee, che a loro volta nominano i tecnici che poi in effetti dirigono le aziende. Tutti i conti sono pubblici e approvati dalle assemblee. Alle aziende private resta praticamente impossibile accedere ai servizi essenziali come la distribuzione dell’acqua, del gas o dell’elettricità, oppure la depurazione dell’acqua di fogna o la gestione dei rifiuti e persino le case per gli anziani sono spesso gestite dai municipi. Le sorgenti non possono appartenere a soggetti privati, a meno che l’acqua non venga imbottigliata. Ma persino in tal caso i controlli sono severi e le sorgenti sono date in accomodato d’uso a tempo determinato, visto che spesso appartengono ai patriziati (cioè alle famiglie del luogo, un’istituzione del tutto svizzera, non a scopo di lucro, infatti con i ricavati gestiscono i boschi, i sentieri, i pascoli, le riserve di caccia, i ripari antivalanga, ecc.).
Questo vi fa capire la forte resistenza in Svizzera, anche da parte ecologista, per entrare a far parte dell’UE. Ma va anche ammesso che certi municipi e certi patriziati vengono gestiti da una o due famiglie, e anche questo spesso è un male, specie in Ticino.
Quello che conta soprattutto è una forte identificazione con le risorse da parte della popolazione locale che comincia dalla scuola elementare (anch’essa gestita dal municipio, tranne che per la didattica), con visita ai servizi da parte delle scolaresche e continua fino alla terza età. Nelle grandi città come Zurigo, Basilea, Ginevra e Berna, i servizi sono demandati ai quartieri, anche se spesso si tratta di consorzi, mentre i comuni piccoli si consorziano, gestendo i servizi in società fra comuni.
Qui in Svizzera c’è ancora molto senso dello Stato, anche perchè una larga parte della popolazione viene ancora coinvolta nel controllo politico e nella gestione del territorio, tranne nei casi negativi citati poc’anzi.
Ora è in atto una vera e propria rivolta contro la privatizzazione della Posta, un’istituzione in Svizzera, modello di efficienza pubblica. Una rivolta che non fa distinzione tra sinistra e destra, ma semmai coalizza i comuni minori, più discosti e conservatori contro i grandi centri urbani.
Cordialmente.
A. Boggian – già coordinatore dei Verdi del Ticino