Le nuove frontiere di Cladio Martinotti, cavaliere del Monferrato….
Alla ricerca di una identità dei luoghi.
Che senso ha di questi tempi parlare ancora in ambito politico di “destra e sinistra”, di categorie che nessuno ormai potrebbe ancora differenziare con contenuti nettamente distinti per qualità, idealità, etica, prospettive e strategia, ecc., e per le quali in passato occorrevano effettivamente diversi strumenti culturali interpretativi. Ora la differenza è solo fittizia e propagandistica, pretestuosa e strumentale. Si riconosce chi sta (temporaneamente) a destra e chi sta a sinistra solo per le prese di posizione aprioristiche ed apparentemente ostili, che vengono assunte nei confronti dell’avversario, che in quanto avversario va avversato sempre, soprattutto se ha vinto le elezioni e quindi gestisce il potere, prima ancora di sapere e capire cosa abbia deciso di fare o di conoscere le persone che ha scelto per svolgere incarichi, ecc..
Si critica, a volte aspramente ed in modo offensivo, tutto quanto proviene dalla controparte. Questo ormai è il modo anacronistico e distruttivo di fare politica nel nostro paese, sia a livello nazionale che locale. Quello che viene definito “teatrino della politica”, che ormai non diverte più nessuno, anzi esaspera, consapevoli che apporta solo danni. Poi ci si sorprende per la grave disaffezione verso la politica partitocratica, per usare un eufemismo, perché ormai dovremmo definirla “repulsione”, totale sfiducia e disgusto.
La consapevolezza di quanto grande sia questo scollamento tra società civile e politica è rilevabile soprattutto in internet, nei blog, nei forum, nelle mailing list, ecc., in tutti quegli spazi nei quali centinaia di migliaia di persone esprimono ogni giorno il loro pensiero senza inibizioni e censure (motivo per cui ogni tanto qualche politico di professione tenta di imporre leggi liberticide verso la rete). Sia dalla lettura di questi spazi e sia dalla mia consueta e decennale frequentazione degli spazi della società civile locale, ho potuto cogliere fortissimi segnali di fermento, dinamismo, desiderio di impegnarsi e cambiare le pessime prospettive all’orizzonte, desiderio di aggregazione ed autonomismo, di libertà e di azione civile responsabile, ecc., volendo riassumere con un’unica parola io direi che si tratta di un fenomeno sociale definibile LOCALISMO.
Di fronte ad uno stato spesso accentratore e talvolta prevaricatore la reazione più o meno consapevole nella popolazione cosciente e matura è la ricerca di libertà (liberismo e liberalismo) ed il localismo, da non confondersi con il campanilismo (in proposito visionate il sito del Movimento http://openlocalismus.com/italiano/ e vi invito a leggere il mio ultimo saggio, pubblicato sul mio blog http://www.cavalieredimonferrato.it e titolato: “L’Italia delle Autonomie Locali e del Localismo”).
Quindi dal mio modesto punto di vista, se vogliamo sottrarci il più possibile a questo degrado morale ed alla degenerazione politica in corso, dobbiamo impegnarci nel localismo, nelle autonomie locali, lavorando ovviamente in rete e non isolati, non egoisticamente ma con una visione d’insieme condivisa. Quindi Casale deve lavorare non solo per se stessa ma per il Monferrato di cui era ed è tuttora storicamente e culturalmente la Capitale, trattando alla pari i suoi interlocutori, le altre città e borghi monferrini, mirando a creare una identità localistica forte, nella quale le potenzialità ed i talenti latenti possano emergere (in precedenza invece erano emarginati perché non allineati politicamente nel sistema partitocratico).
Ben vengano in proposito gli apporti delle rappresentanze della società civile, come le associazioni, i movimenti, i comitati e le vere liste civiche. Ed al bando ogni pregiudizio ideologico, i personalismi e l’opportunismo, le manie di protagonismo, ecc., che finora hanno solo provocato danni alla comunità ed al territorio.
E’ giunta l’ora di imparare a lavorare in squadra per il bene comune, dando il proprio contributo senza aspettative strumentali ed egoistiche, senza voler primeggiare, consapevoli che le proprie energie non saranno dissipate ma concorreranno a costruire qualcosa che durerà nel tempo, un Monferrato ben identificato, finalmente appartenente ai monferrini ed apprezzato e frequentato dai turisti, che saranno accolti con calore umano e con il vivo desiderio di renderli partecipi di una realtà storico culturale ancora attuale e gloriosa, di cui andiamo fieri e che non può esserci sottratta. Cordiali saluti.
Claudio Martinotti – Consigliere dell’Associazione Nuove Frontiere