“Usanze pansessuali dei bonobo e furbizia umana del calarsi le braghe” – Succede anche a Viterbo….

Gli etologi hanno studiato attentamente le abitudine dei bonobo, una famiglia di scimpanzé molto simili all’uomo. La somiglianza fra bonobo ed umani non sta solamente nel genoma comune, che si differenzia in percentuali irrisorie, ma anche nelle abitudini sociali e nei modi di risolvere i conflitti. Solo che i bonobo a volte dimostrano una maggiore elasticità. Essi hanno deciso di utilizzare la sessualità come forza deterrente all’aggressività mentre nella famiglia umana talvolta avviene il contrario, cioè prima sorge l’aggressività e poi segue la sessualità, ricordatevi il detto mafioso “mejjio commannari ca fotteri” (meglio comandare che fare l’amore).

Per farla breve vi descrivo le tendenze che in qualche modo hanno un’attinenza con entrambe le specie (se di specie possiamo parlare, forse meglio dire sotto-specie o gruppi della stessa specie). Nelle comunità dei bonobo quando si manifestano conflittualità interne di solito queste vengono superate con l’atto di sottomissione che non si ferma (come avviene in simili casi in altre specie) al semplice gesto d’inchinarsi al dominante bensì si concretizza in veri e propri amplessi sia fra maschi che tra femmine. Insomma i bonobo usano il sesso come un ammorbidente e lo fanno in continuazione usandolo quindi anche come deterrente ai conflitti. La loro è una società pansessuale.

Esistono chiaramente dei rari casi in cui alcuni individui della comunità non accettano la sottomissione ed in quel frangente decidono di allontananrsi dal gruppo originario e fondano una nuova tribù e così avviene una propagazione abbastanza non violenta, certo finché c’è spazio sufficiente per tutti….

Ho notato come anche nella società umana primitiva (ma in varie forme anche in quella moderna) esistessero (ed esistono) delle norme o inclinazioni in tal senso. Ad esempio inizialmente i conflitti fra gruppi umani rivali si risolvevano nell’accorpamento dei succubi, ovvero le femmine ed i maschi accettavano la “incubanza” del gruppo vincente, mentre venivano allontanati (od al peggio uccisi) i retrivi. Di questo sistema abbiano notizie storiche documentate in cui vengono descritte le varie sottomissioni di popolazioni sconfitte, nel senso concreto in cui sottomissione vale per “star sotto” e quindi accettando la funzione sessuale passiva. Numerosi racconti contenuti nella bibbia lo testimoniano, ed anche nella storia romana vi sono referenze in tal senso, ricordiamoci ad esempio le famose forche caudine in cui i soldati sconfitti inchinandosi venivano realmente sodomizzati, oppure del ratto delle sabine, oppure dell’abitudine delle legioni e degli eserciti di inchiappettarsi i maschi sconfitti e violentare le femmine (avvenne in Gallia ed in Britannia ed ovunque i romani andassero). Ma questo è successo e succede anche recentemente, ad esempio nell’ultima guerra con i famosi reparti marocchini (ma non solo quelli) e durante le varie guerre e guerriciole moderne. In questi fenomeni va compresa anche la prostituzione volontaria o quella indotta… (vedi le “signorine” delle aam-lire o le prostitute in Vietnam, etc).

Comunque per descrivere un comportamento di “sopravvivenza” dei popoli fermiamoci per oggi all’analisi di quanto avvenne fa etruschi e romani. Allorché i romani iniziarono la grande avanzata verso l’Etruria dovettero affrontare inizialmente una resistenza attiva, ma sino ad un certo punto… Ad esempio nella conquista di Faleri Veteres, che era una città falisca alleata degli etruschi ma nella quale si parlava latino come a Roma, la conquista avvenne per “convincimento” di una parte della popolazione che accettò di sottomettersi mentre la parte avversa fu sterminata. In altre città etrusche accadde più o meno la stessa cosa. Ed una volta riconosciuta la potenza militare romana gli etruschi trovarono più comodo accettarne la dominanza politica, che consentì loro di mantenere una sorta di isolamento culturale e sociale. Ovvero mantennero i loro usi e costumi ed un potere interno semi autonomo. Questo sistema di sottomissione parziale consentì agli etruschi, soprattutto quelli in prossimità di Roma, di sopravvivere e compartecipare al potere. Essi si fecero servitori privilegiati dei romani, accettandone la supremazia remissivamente, ed in cambio ottennero di potersi gestire le “cose loro” senza grandi interferenze. Ciò continuò anche nel medio evo sotto il papato, che non è altro che una forma di potere romano continuato in veste religiosa. In quel tempo la società della Tuscia era suddivisa fra guelfi e ghibellini ma nella bassa Tuscia prevalevano i guelfi, cioè quelli proni a Roma e c’era una sorta di commistione e “scambio” in questa sudditanza. Viterbo addirittura venne definita la Città dei Papi, poiché accolse e si adagiò al potere papale, supinamente….

Anche in tempi moderni in quel di Viterbo assistiamo a questa forma di piaggeria, ad esempio nell’accettare che il territorio divenga sede di scomodi servizi a vantaggio di Roma (vedasi ad esempio il polo energetico di Montalto di Castro e Civitavecchia, mega-aeroporto di Viterbo, etc.…..). Qualsiasi cosa possa far comodo a Roma viene immediatamente accordato dagli amministratori locali della bassa Tuscia (bassa in tutti sensi) in cambio essi (gli amministratori), di tanto in tanto, possono sperare di condividere alcuni aspetti del potere romano. Vedasi l’esempio di Rodolfo Gigli che avendo accontentato varie lobbyes… (omissis) assunse il comando formale della Regione Lazio, oppure il medico Giuseppe Fioroni che divenne persino ministro dell’istruzione (in rappresentanza della quota viterbese-vaticana) ed oggi a fare la parte del “servitor cortese” abbiamo il sindaco di Viterbo, Giulio Marini, che siede pure in parlamento e svolge la funzione di “garante” del potere romano in terra di bassa Tuscia.

Che abbiano tutti appreso dai bonobo come convivere “pacificamente” con chi comanda?

Paolo D’Arpini

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