“Ganesh, capo dei Gana” – A Calcata il 23 agosto 2009 commemorazione del Dio-elefante – Ed un pensiero edificante di Omraam Mikhaël Aïvanhov
Ciao Paolo, come stai oggi? Qui il caldo è meno intenso.. e tra un po’ credo che ci farà visita la tanto attesa pioggia! I miei amici del ristorante di Torino mi hanno inviato comunicazione della festa dedicata a Ganesh! Mi piace Ganesh, pensa che ho trovato persino una borsa (al mercato delle pulci) con una sua immagine!
Ti giro l’articolo inviandoti il barrito di Ganesh.. affinché possa allontanare tutti gli “sderenati” che disturbano la pace e la dolce quiete della Valle del Treya! Tua affezionata, Hari Atma
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La storia popolare di Ganesh
Il pantheon spirituale dell’India è multiforme e sterminato. Lo popolano 330 milioni di divinità alcuni dei quali hanno origine nell’antica tradizione delle Upanishad. Com’è logico, a un panorama tanto sovrappopolato di religioni corrisponde un’estesa collezione di divinità: il solo Olimpo indù è affollato da non meno di 300 milioni di dei e demoni.
Brahma, Vishnu, Shiva… ogni indù ha una sua divinità preferita, ma, tra tutti gli dei, quello che raccoglie più fedeli è Ganesh, ritenuto il dio della buona sorte. Figlio di Shiva e Parvati, dio della saggezza, ha il capo di un elefante ed il corpo umano. Alla nascita la testa era di uomo, ma fu decapitato da Shiva in un attacco d’ira (per ragioni giustificate). La madre Parvati pregò il marito di riportarlo in vita e così fece Shiva, ma decretò che gli venisse messa addosso la testa della prima creatura che i suoi Gana (servitori) avessero incontrato, e questa fu un elefante.
In genere Ganesh viene colorato di rosso (il colore della Shakti), e il topolino Akhu ne rappresenta il suo veicolo. Ganesh è invocato per iniziare ogni impresa, un viaggio, un affare con la finalità di rimuovere ogni ostacolo o impedimento. È lo scriba autore della trascrizione del Mahabarata ed è quindi il patrono della scrittura.
In termini filosofici, le sembianze di mezzo-uomo e mezzo-elefante sintetizzano il concetto metafisico del Tat-twam-asi (che significa Tu Sei Quello, riferito all’Assoluto): il corpo umano è la personalità individuale mentre il pachiderma ne rappresenta la componente cosmologica ed insieme si uniscono in un solo elemento.
La statua di Ganesh viene solitamente posizionata all’entrata delle case ed anche dei templi con lo scopo di proteggere ma anche per fare entrare, assieme ai graditi ospiti, la buona sorte e la spiritualità.
La celebrazione di Ganesh Chaturthi quest’anno cade il 23 Agosto ed è festeggiata in tutta l’India. Per l’occasione vengono costruiti santuari, si può assistere ad intensi e fragorosi spettacoli pirotecnici, fiumi e mari si riempiono di idoli costruiti in creta e i fedeli cercano di non porre il loro sguardo sulla luna, dato che vi è la credenza che porti decisamente… sfortuna (ma questa è solo superstizione).
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Nota esplicativa e corroborativa sul mito di Ganesh:
Dovremmo considerare il contesto in cui questa storia e questa immagine di Ganesh è nata.
Corrisponde al momento della transizione fra matrismo e patriarcato. Parvati la Dea Madre, sposa di Shiva, si era urtata perché i Gana (servitori) di Shiva entravano nel palazzo di Kailash cercando il suo sposo senza aver preventivamente chiesto il suo permesso. Perciò creò da se stessa, con la sua energia divina, un figlio e gli diede l’incarico di guardare la porta d’accesso del suo appartamento e di non far entrare alcuno senza il suo consenso. Così egli fece e quando vennero i Gana ritenendo che potessero entrare senza alcun permesso lui li scacciò. I Gana si lamentarono con Shiva del fatto e Shiva alquanto scocciato per l’impudenza di questo nuovo guardiano che non teneva conto della sua posizione di “padrone di casa” ordinò al suo esercito di dargli una buona lezione. Ma i Gana furono sconfitti, allora Shiva andò lui stesso alla testa di tutte le sue orde ma anch’egli fu sconfitto. Allora umiliato si recò a chiedere aiuto a Vishnu, il protettore, ed assieme a lui si recò con tutti gli eserciti degli dei a combattere contro il figlio di Parvati. Vishnu e Shiva assieme lo affrontarono e mentre Vishnu lanciava il suo disco e il giovane lo deviava Shiva colse l’attimo di disattenzione e lanciò il suo tridente e così decapitò il giovane. Parvati fu molto disturbata dal quanto avvenuto e si rinchiuse nelle sue stanze rifiutandosi di incontrare Shiva. Si annunciava così la fine del mondo, perche Shiva (Coscienza) e Shakti (Energia) debbono essere sempre uniti. Shiva infine chiese ammenda e Parvati acconsentì a riappacificarsi con lui ma pretese che il figlio ritornasse in vita. Shiva accettò dicendo che in questo modo avrebbe sancito la sua paternità, riportandolo cioè in vita, e ordinò che venisse presa la testa della prima creatura incontrata dai Gana. Lì fuori c’era l’elefante sacro veicolo di Indra (il capo degli dei) e gli fu tagliata la testa e posta sul cadavere del ragazzo che improvvisamente rivisse. Ovviamente Shiva riportò in vita anche l’elefante sacro e poi conferì al giovane, ormai suo figlio, il comando di tutti i suoi Gana, infatti Ganesh significa comandante supremo dei Gana.
Con questo gesto si trovò un accordo fra il matristo ed il patriarcato, infatti in India la donna ha una posizione di rispetto che in altre parti del mondo le manca.
Per ricordare questo mito e restituire dignità all’uomo ed alla donna anche noi del Circolo Vgetariano compiremo un breve rito dedicato a Ganesh, nella grotta a lui consacrata, il giorno stabilito del 23 agosto 2009. Appuntamento in Via del Fontanile snc. alle h. 18.00 – Venire muniti di candela e bastoncino di incenso.
Paolo D’Arpini – Tel. 0761/587200
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Pensiero edificante aggiunto:
“Voi tendete sempre a considerare le difficoltà come degli impedimenti.
In realtà, spesso è nelle condizioni difficili che l’uomo ha le maggiori possibilità di crescita, e questo proprio perché è messo alle strette. Osservate come l’albero della foresta risolve questo problema. In una foresta, tutti gli alberi sono talmente fitti che quando uno di essi vuole
allargarsi, gli altri glielo impediscono. Quell’albero allora dice a se stesso: «Ecco delle cattive condizioni per il mio sviluppo, ma io troverò una soluzione…» Non può estendersi in ampiezza, è vero, ma nulla gli impedisce di slanciarsi verso l’alto. In quella direzione lo spazio è libero, e l’albero non incontra più ostacoli.
La stessa cosa vale per l’essere umano. Quando non può più andare né avanti né indietro né di lato, non gli resta che dirigersi verso l’alto, vale a dire lanciarsi verso il mondo spirituale, perché in questa direzione nessuno può opporsi alle sue aspirazioni”.
Omraam Mikhaël Aïvanhov