Viterbo, Santa Maria della Pace, i facchini di Santa Rosa e le pitture “scivolose” che se ne vanno pian piano..
Sono andato a curiosare nella Chiesa di Santa Maria della Pace, a Viterbo, per assistere alla prova alla quale si sottopongono gli aspiranti facchini della Macchina di santa Rosa, per aggiudicarsi un posto durante il trasporto.
La ressa era tanta, i presenti erano tutti eccitati per vedere se pinco pallino ce l’avrebbe fatta a sollevare la cassetta pesante 150 chili e portarla lungo il percorso segnato in terra sul pavimento dell’antica chiesa.
Ad ogni successo, il futuro facchino veniva immerso di applausi… e fin qui nulla da dire, ma… nessuno, dico nessuno si è accorto dello stato pietoso in cui versano gli affreschi della chiesa.
Una chiesa affrescata in ogni dove, in ogni parete, non c’è un pezzetto di muro che non ha visto il pennello del pittore! Me la sono goduta per un po’ nella sua maestosità, nella sua estrema bellezza, preso dal soffitto con belle figure dai colori ad effetto.
Era il 1667 quando la Chiesa di santa Maria della Pace dette i primi vagiti. I primi passi glieli fece fare addirittura un cardinale, Francesco Maria Brancaccio, il quale si piegò e con la cazzuola murò la prima pietra. Dopo anni di splendore iniziarono le ruberie autorizzate meschinamente, alla fine dell’800, dallo Stato italiano, con l’asportazione degli altari, dei quadri, e di tutto ciò che poteva essere utilizzato.
Non hanno portato via quello che era impossibile depredare, come gli affreschi.
Tanto che nella volta della chiesa è ancora pitturata l’Immacolata concezione tra angeli e nuvole del secolo XVII. Ma se lo Stato non è riuscito a portare via gli intonaci pitturati, ciò lo sta facendo inesorabilmente il tempo grazie all’incuria di noi tutti, degli amministratori comunali, provinciali, regionali, nazionali, europei, di te che mi leggi, di me che scrivo.
Sì proprio di tutti, perché non si possono accettare le parole di competenza dinanzi ad opere d’arte che si sbricio-lano col tempo, con la perdita quotidiana della bellezza. La competenza è di tutti, il menefreghismo è di tutti, ma so che parlo al vento, che le pitture continueranno a cadere in polvere sul pavimento calpestato da chi pensa ad altro, da chi non vede quello che c’è da vedere, da quelli che non amano Viterbo, simbolo di quella Viterbesità che va a farsi fottere e che rimane sempre sulla bocca di chi fa finta di capire, fa finta di amare, fa finta di essere cittadino rispettoso della terra in cui è nato, ma che sotto sotto pensa solo ai c. propri. Peccato! Avevo creduto di stimolare i sensi di chi potrebbe fare qualcosa per santa Maria della Pace, ma purtroppo non ci credo più!
Mauro Galeotti – www.viterbotv.it
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