Vita in palafitta per gli antichi europei delle Alpi e non solo lì… anche a Calcata

Debbo fare una premessa, a titolo personale e come cultore di psicostoria, confermo alcune illazioni contenute nell’articolo sottostante, sulla vita in palafitta dei primi europei… e vi raccvonto la mia esperienza in proposito. Già dal tempo in cui risiedevo in Veneto, in cui numerosi sono gli insediamenti preistorici ritrovati in vari lughi di montagna, e dalle mie visite in Trentino Alto Adige, scoprii il mio amore spontaneo per le palafitte. Ricordo ad esempio dei miei progetti, coltivati con alcuni amici, di costruire un villaggio “sollevato” da terra in vicinanza dell’acqua, ed un gruppetto di volenterosi aveva iniziato sulle colline del veronese con il costruire una baita in legno, con alberi ricavati dal bosco stesso in cui si trovava…

Successivamente le mie visite a numerosi laghetti di montagna avevano ulteriormente affascinato la mia fantasia, soprattutto dove risultavano esserci residui di villaggi preistorici su palafitte. Poi venni ad abitare a Calcata, dove ci sono parecchie grotte scavate nel tufo, alcune sono molto antiche, sicuramente di origine neolitica, e qui con l’aiuto di un amico danese, Jurgen, costruii proprio sotto un costone di roccia una piccola palafitta in legno a fianco di una antica nicchia preistorica. La prima cosa che feci fu di cercare di capire come facessero i miei precedessori a rifornirsi d’acqua, considerando che oggi quel costone è alquanto distante dal corso del fiume sottostante. Ma presto individuai in una grotta vicina tracce evidenti di un passato scorrere dell’acqua, c’era una fessura nella roccia, con ancora il bianco del calcare contenuto nel’acqua. Questa sorgente essiccata si trovava in una specie di lunga conserva che l’affiancava. In verità poche decine di metri più in basso erano ancora presenti alcune tracce superficiali di acqua sorgiva, in alcune nicchie scavate nella terra e ricche di creta. Purtroppo negli ultimi cinquat’anni lo scavo di pozzi artesiani e gli aumentati consumi umani hanno fatto abbassare enormemente il livello delle falde ed ora le sorgenti si trovano solo al livello del fiume…

Comunque l’ispirazione da me avuta di voler costruire una palafitta aveva un senso, poiché antichissimamente in quella stessa zona potevano esserci trasboccamenti idrici e quindi il sollevamento delle capanne sarà stato necessario.

Ed ora leggetevi il testo storico “ufficiale” sulla vita in palafitta degli antichi alpigiani.

Paolo D’Arpini

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Tra i patrimoni culturali e archeologici più importanti d’Europa, i siti lacustri dell’arco alpino sono ufficialmente in corsa per l’iscrizione a Patrimonio dell’Unesco. Una candidatura transnazionale presentata lunedì dalla Svizzera, che va ad aggiungersi a quella ancora in sospeso delle opere di Le Corbusier. Non sembra arrestarsi la corsa della Svizzera al marchio Unesco. Due settimane dopo l’iscrizione delle città orologiere di La Chaux-de-Fonds e Le Locle – che ha portato a nove il numero dei siti elvetici patrimonio dell’umanità – la Confederazione torna alla carica con una nuova candidatura.

Si tratta dei siti lacustri dell’arco alpino, un bene culturale che porta i segni di 7000 anni di storia e racconta la vita dei primi contadini del centro Europa. Una scoperta archeologica che risale al 1854 quando lo storico Ferdinand Keller riconobbe nelle distese di pali di Meilen – sul lago di Zurigo! – i resti di alcuni villaggi preistorici. Da allora sono stati identificati 1000 insediamenti dalla Francia fino alla Slovenia, risalenti a un periodo tra il 5000 e l’800 avanti Cristo. «I siti lacustri rappresentano uno dei patrimoni culturali e archeologici più importanti d’Europa», spiega Christian Harb, segretario generale dell’associazione “Palafitte”. «Protette dall’acqua, le materie organiche – come il legname, i resti di cibi, gli utensili e perfino i vestiti – sono giunte fino a noi in un perfetto stato di conservazione e permettono di risalire il cammino della storia con estrema precisione». Coordinato dalla Svizzera, il dossier comprende 156 siti in altri cinque paesi alpini: Germania, Italia, Francia, Austria e Slovenia. «Una trentina di istituzioni archeologiche sono coinvolte nel progetto che, per la prima volta nella storia della ricerca, ha permesso la creazione di un inventario transnazionale».

Il mito del popolo delle palafitte In Svizzera i primi insediamenti lacustri risalgono al 4300 avanti Cristo. Alcuni sono tuttora nascosti sui fondali dei laghi, mentre altri sono stati scoperti in aperta campagna, dove le acque si erano ritirate, o perfino nei centri urbani. Le prime ipotesi parlavano di villaggi costruiti su delle palafitte poste al di sopra dell’acqua e collegate tra di loro da ponti e passerelle. Il “popolo delle palafitte” divenne presto un mito e affascinò non solo gli studiosi, ma anche artisti e politici, che lo trasformarono nel simbolo romantico di una giovane Confederazione alla ricerca di un’identità. Negli ultimi decenni però, grazie alle moderne tecniche di analisi scientifica, si è scoperto che questi popoli vivevano in realtà sulla terra ferma, generalmente in zone paludose, per recuperare prezioso terreno agricolo.

«Le palafitte servivano a proteggere le abitazioni dalle repentine variazioni del livello delle acque, spiega Christian Harb, e a garantire a queste popolazioni nomadi una certa stabilità». Una storia da riscrivere Al di là del valore scientifico dei ritrovamenti organici, la scoperta di Meilen viene tuttora considerata come una rivoluzione per l’archeologia europea, sottolinea Christian Harb, perché rappresenta il punto di partenza per le ricerche sulla preistoria. «Gli archeologi non devono più accontentarsi di simboli di morte – come tombe o armi – ma hanno tra le mani oggetti che raccontano le abitudini di vita di questi popoli, le loro tradizioni agricole e il loro rapporto con gli animali». «In nessun altro luogo d’Europa, l’evoluzione del processo di civilizzazione, delle tecnologie, dell’economia e dell’ambiente può essere seguito con tanta precisione e coinvolge così tanti ricercatori di diversi paesi», prosegue Harb.

«E proprio per questo i 156 siti meritano di essere iscritti nella lista del Patrimonio dell’Unesco». E come se non basta! sse, è grazie a questi ritrovamenti che la Svizzera ha ! elaborat o una nuova coscienza storica, facendo coincidere le sue origini non più con la nascita dell’Impero romano ma con l’evoluzione di questi popoli lacustri. Un patrimonio a rischio Così come altri beni culturali e naturali che hanno superato indenni i segni del tempo, anche questi insediamenti si trovano oggi confrontati alle minacce legate alla crescente urbanizzazione e ai cambiamenti climatici. A lanciare l’allarme è lo stesso presidente dell’associazione “Palafitte” Claude Frey: «Lo sviluppo edilizio, il traffico nautico, le bonifiche e l’abbassamento del livello dei laghi rischiano di distruggere i resti di questi villaggi millenari e soltanto una presa di coscienza collettiva può evitare il peggio».

L’iscrizione nella lista del Patrimonio mondiale rientra proprio in quest’ottica, spiega Anne Weibel, portavoce dell’Ufficio federale della cultura. «Il marchio Unesco permetterebbe non solo di tutelare questi siti archeologici, ma! anche di aumentarne la visibilità e di sensibilizzare meglio la popolazione sull’importanza di conoscere e salvaguardare questa eredità collettiva». Contrariamente ai castelli di Bellinzona o all’abbazia di San Gallo, gli insediamenti dei popoli lacustri non rappresentano certo un’attrazione turistica e il loro interesse resta spesso confinato a storici e ricercatori. Qualche iniziativa però è già stata lanciata negli ultimi anni per far conoscere meglio questo universo subacqueo. Nel 2004 una ventina di musei, tra cui quello nazionale, hanno organizzato una serie di esposizioni sul mito del popolo lacustre. Inoltre a Lucerna come a Neuchâtel le ricostruzioni dei villaggi permettono al pubblico di immergersi in questo mondo magico e di sperimentare –anche se solo per qualche minuto– una vita tra le palafitte.

Stefania Summermatter, swissinfo.ch – http://www.swissinfo.ch/ita/index.html  –  http://www.accademiadelmonferrato.com

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