Nella mente inferno o paradiso – Nella mente aggressività o gentilezza – Nella mente quiete od ansia – La mente non mente… (titolo fuorviante)

La mente.

Se il computer di bordo dà dati sbagliati sui percorsi da seguire e sulla meta da raggiungere l’aereo rischia di schiantarsi contro qualche montagna. La mente è una macchina che funziona a glucosio, che si trova principalmente nella frutta e nella verdura: ne servono almeno 100 grammi al giorno che corrispondono a circa 500 calorie.

Si può dire che una mente è ammalata quando non pensa in modo positivo, quando concepisce pensieri offensivi o lesivi per l’organismo che la contiene e per gli altri.

Duemila anni fa Giovenale affermava “mens sana in corpore sano”, infatti quando l’individuo gode buona salute, perché vive e si alimenta correttamente, aumenta la basicità del suo sangue e con essa si sviluppa il suo acume, la sua intelligenza positiva, la sua saggezza, la sua lungimiranza. Nella mente vi sono le radici della violenza umana, confermato anche scientificamente dalla biochimica dei neurotrasmettitori. Gli alimenti, infatti, condizionano il biochimismo cerebrale, il pensiero e quindi il comportamento delle persone. Carne e pesce fanno aumentare i livelli dell’aminoacido tirosina e l’accumulo nel cervello dei 2 neurotrasmettitori dopamina e adrenalina responsabili della grinta e dell’aggressività tipica degli animali predatori.

Un eccesso proteico dovuto alla carne, oppure a cibi troppo ricchi di proteine, causa carenza di triptofano e serotonina. Il triptofano è presente anche nella carne ma il triptofano, che viene dalla carne o da cibi iperproteici, aumentano contemporaneamente altri 2 aminoacidi, la leucina e la tirosina in misura maggiore rispetto al triptofano il quale giunge al cervello in dosi minori perché questi impegnano i meccanismi di trasporto degli aminoacidi a discapito del triptofano che giunge al cervello in dosi minori generando aggressività e violenza nell’individuo. Per contro i vegetali per il loro alto contenuto di amidi e fibra favoriscono la concentrazione di triptofano nel cervello consentendone la trasformazione in serotonina che è il neurotrasmettitore tipico di uno stato di calma, di serenità, di socievolezza. I vegetali inducono il ritmo di base “alfa” che caratterizza un cervello cosciente e vigile accompagnato da un senso di benessere generale analogo allo stato di meditazione che permette all’individuo di entrare in contatto con le realtà più profonde della sua vera natura favorendo immaginazione e creatività.

Inoltre, sotto l’aspetto bio-energetico l’alimentazione carnea abbassa le frequenze energetiche dei chakra, l’energia diventa più densa e scorre più lentamente: le persone tendono ad essere più aggressive e tese, perché vengono sollecitati i chakra istintuali. L’alimentazione vegetariana invece consente la depurazione dell’organismo che si ripercuote sui chakra che alimentano l’aspetto mentale e spirituale: l’energia della persona diventa più armonica ed equilibrata, aumenta la vibrazione complessiva e ci si avvicina al piano delle percezioni superiori.

Come aiutare la mente a sviluppare la sua parte positiva? Con l’abitudine a pensare in modo positivo, allontanandosi da ogni pensiero che genera rancore, antipatia, odio, vendetta, invidia, disprezzo, desideri sfrenati e poi meditare, fare esercizi di concentrazione, pregare, stare in silenzio, leggere poesie, imparare a dare il giusto valore alle cose, specialmente alle più semplici, le più piccole, le più in apparenza insignificanti.

Per dimensione spirituale si intende la sfera dei sentimenti, la sensibilità del cuore, la capacità di condividere le altrui necessità e di immedesimarsi nelle esigenze vitali degli altri, insomma l’amore che diviene pratica operativa. Questa parte dell’individuo si ammala o è ammalata perché non viene coltivata, non viene aiutata a svilupparsi. Come il corpo e la mente hanno bisogno di esercizi per mantenersi efficienti così è la dimensione emotiva e spirituale dell’uomo. Diceva il filosofo Simon Weil: “La compassione è un miracolo più grande del camminare sulle acque”. L’importanza dell’astinenza della carne considerata come condizione imprescindibile per raggiungere le alte vette della spiritualità è stata da sempre raccomandata dai grandi iniziati, mistici e santi di ogni tempo e paese. Questa regola di vita ha radici antichissime parte dagli antichi Veda e arriva fino a noi attraverso il pensiero di Leonardo da Vinci, Gandhi, Capitini ecc. Tale concetto viene messo in atto dall’Induismo, da Krisna, dalla tradizione Indiana, dai Brahmani, dal Buddismo, dallo Zoroastrismo, dal Taoismo, dallo Jainismo, anche da alcune frange dell’ Ebraismo, e successivamente anche dai santi Sufi dell’Islamismo, dagli antichi Egizi, dall’Orfismo, dai Misteri Eleusini, dagli Oracoli Caldei, dai Pitagorici, dagli Stoici, dai Neoplatonici, da Ermete Trismegisto, dai Padri della Chiesa cattolica d’Oriente e d’Occidente, e quindi dai primi cristiani, da molte sette spirituali e comunità religiose al tempo di Gesù, da molti se non tutti gli Ordini monastici cristiani; lo stesso concetto è evidente nei Vangeli apocrifi in particolare nel Vangelo Esseno della pace, nel Vangelo dei 12 apostoli, e soprattutto nelle Pergamene del Mar Morto rinvenute nel 1947 a Qumran una località dove visse la comunità degli Esseni, ed infine nel pensiero dei più grandi filosofi e uomini di scienza come Euripide, Pitagora, Platone, Socrate, Ippocrate, Cicerone, Virgilio, Seneca, Marco Aurelio, Orazio, Ovidio, Plutarco, Porfirio, Plotino, Spinoza, Einstein, Goethe, Nietzsche, Schopenhauer, Schweitzer, , ecc.

Perché l’uomo è diventato aggressivo e insensibile?. I nostri progenitori, strutturati morfologicamente come esseri pacifici e fruttariani, privi di armi naturali offensive, nell’ultima glaciazione Wurm III dell’era quaternaria nel periodo chiamato pleistocene, circa un milione di anni fa, quando le foreste si trasformarono in savane, furono costretti a vivere di sciacallaggio, cioè mangiare i resti degli animali predatori, ma col tempo impararono a cacciare e quindi ad uccidere direttamente gli animali e a mangiare il corpo sanguinolento delle vittime. Si abituarono alla vista del sangue e della morte violenta e la sfera “emotiva” che con l’evoluzione si stava sviluppando subì un arresto. L’ominide aveva imparato ad uccidere e l’azione inizialmente sporadica si ripeté ogni qualvolta vi fu la necessità di difendere il proprio pasto, la propria pozza di acqua, il proprio giaciglio, la propria compagna. Il danno nella sua coscienza era stato irrimediabilmente compiuto ma a pagarne le conseguenze furono anche quelli della sua stessa specie nei confronti dei quali era ormai capace di mettere in atto le stesse azioni violente: l’abitudine ad uccidere aveva decretato la morte della sensibilità umana.

Come sviluppare la parte emozionale e spirituale dell’individuo? Che cosa c’è di più importante della compassione, della pietà, delle misericordia, della condivisione? E che cosa causa maggiormente la disumanizzazione della coscienza umana se non l’incapacità di condividere il dolore della vittima? Se non la violenza sugli esseri più innocenti, indifesi, più piccoli, diversi, gli animali?

Occorre eliminare dalla propria coscienza gli stadi emozionali negativi, il biasimo, la critica disfattista, la maldicenza, il malumore, la cattiveria, l’egoismo, l’indifferenza verso il dolore altrui (questi sono ciò che maggiormente precludono la serenità d’animo e impediscono di raggiungere il benessere integrale) e sostituirli con la condivisione, la tolleranza, la gratitudine, il garbo, la gentilezza, il dialogo costruttivo, la mitezza.

Bisogna impegnarsi a superare i propri limiti in modo da non essere condizionati dai propri impulsi disarmonici; bisogna coltivare la virtù, avere la forza di rinunciare a ciò che di materiale preclude lo sviluppo dei valori spirituali, dedicare più tempo ai propri ideali, alle cause giuste dando il proprio contributo per un mondo migliore, fare in modo che le nostre azioni o le nostre scelte non siano mai lesive per alcuno, cercando di non fare mai lo stesso errore, essere sempre onesti e leali disposti per primi a comportarsi nei confronti degli altri come vorremmo che gli altri si comportassero con noi: solo in questo modo si espande la nostra coscienza, si amplia la nostra sfera morale, la sensibilità del nostro cuore, il senso della vera giustizia.

Occorre che ognuno impari ad essere artefice del proprio destino senza più delegare ad altri la gestione della propria salute fisica, mentale, morale e spirituale. Occorre essere consapevoli che in ognuno vi sono gli strumenti necessari a guarire te stesso: nessuno come noi stessi conosce le vere cause che hanno determinato la nostra malattia. Occorre essere liberi dentro ma soprattutto imparare a valorizzare la differenza formale delle cose, osservare il piccolo, il minuto, stupirsi della bellezza di un fiore, della perfezione di ogni essere vivente: questo è il modo più semplice e più efficace per sviluppare la sensibilità del cuore, il senso della condivisione, della compassione: le sole vere armi per rendere l’uomo più sensibile e giusto e quindi capace di acquisire una coscienza universalista che ci consente di porre le basi per un mondo migliore.

Franco Libero Manco – francolibero.manco@fastwebnet.it  

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