Il velo oscurante è stato rimesso…. Contro-contrordine compagni: “Google non ci recensisce più…” – Ecco cosa succede a fidarsi dei motori di ricerca… siamo stati fregati e censurati un’altra volta senza ragione e senza sapere il perché!
Cari amici ve la ricordate la storia del pastore che grida “al lupo, al lupo… ” ed alla fine quando viene per davvero il lupo nessuno gli crede più? Ebbene mi sembra di essere stato attirato in una trappola simile, prima Google ci ha oscurato, pare perché ci fossere nelle pagine dei link indesiderati in html di pubblicità farmaceutica, immessi da misteriosi hacker. Abbiamo tolto questi link e ripulito il sito (persino eliminando dall’home page anche i link amici e le registrazioni per i commenti) ma dopo un giorno in cui erano state riammesse su Google le recensioni dei nostri articoli improvvisamente oggi sono state misteriosamente ri-escluse.
Ora gli articoli del sito www.circolovegetarianocalcata.it non vengono più recensiti…. Per questo che dico che sono stato “fregato” due volte, la prima perché innocente sono stato escluso senza esserne avvertito o conoscerne il motivo, la seconda -adesso- avendo dichiarato pubblicamente che le recensioni erano riprese, insomma essendomi fidato, sono stato di nuovo escluso e non posso mica un giorno sì ed uno no continuare a denunciare l’oscuramento al quale il nostro sito è soggetto…
Insomma sul fronte della censura su Google e sugli altri motori di ricerca, mio figlio Felix ha suggerito che “oscurano il sito perché non è uniformabile ai modelli accettati dei motori di ricerca, in cui nei siti recensiti deve esserci sempre un numero paritario di interessi economici e culturali… altrimenti non c’è più chance di guadagno per loro, noi portiamo avanti un modello che non rientra nel mercato poiché nel nostro sito di economico non c’è nulla (insomma non abbiamo pubblicità)…. e quindi siamo inutili ed oscurati!”
Aggiungo questo articolo agli altri sullo stesso tema, che lascio a testimonianza dell’avvenuto, vedere in url:
Scusate se vi ho annoiato con questa storia, cari saluti, Paolo D’Arpini