Marco Corradi e Sergio Cecchini: “Quest’anno nella terza edizione della Fiera Arti Creative abbiamo trovato una nuova casa dove condividere ed esprimere le nostre scelte emozionali…”
Quando si muove il primo passo in una direzione, non si ha mai la certezza che la meta prefissata si raggiungerà, o se durante il percorso saremo attratti da altri sentieri, altre emozioni, che ci guideranno su territori inesplorati.Quest’anno nella terza edizione della Fiera Arti Creative abbiamo trovato una nuova casa dove condividere ed esprimere le nostre scelte emozionali, con e per il linguaggio a noi piu rispondente, la fotografia.
Partiti con la voglia e la certezza di aver qualcosa di importante da trasmettere abbiamo impegnato il nostro lavoro nel recupero fisico e didattico di scatti unici che facevano da colonna sonora muta alla realtà della vita contadina, oramai persa nella quasi sua totalità, anche nel nostro territorio.
Non so se l’atmosfera sempre un po magica del piccolo Borgo oppure la giusta commistione di persone diverse che si sono incontrate tutte nello stesso posto, o la primavera che fa sentire il suo influsso, od un insieme di tutto ciò, il risultato finale e che chi ha potuto e voluto partecipare a queste giornate ha sicuramente imparato tanto e la sensazione di scoperta che riporta ai giochi fanciulleschi, ha amplificato la voglia e la convinzione di esserci, la strada maestra abbandonata e poi ripresa infinite volte, il filo conduttore di tutto, “la voglia di emozionarsi”, di giocare con il proprio io, di vivere in contatto con la natura, con gli altri ma soprattutto con se stessi, un percorso infinito, come un gioco sempre nuovo.
È sempre difficile mettere su carta delle emozioni, ma ogni singola foto presentata, ha permesso il riacutizzarsi doloroso della malcelata velocità con cui passa il tempo, ogni scatto é tornato al presente, ogni ora passata a cercare lo scatto perfetto ha ridestato profumi e sensazioni, ogni sguardo che si veniva posando su di esse, permetteva di percepire l’emozione che esse donavano, e più complimenti riempivano le orecchie, tanto più proporzionalmente si sentiva lo scorrere imprescindibile del tempo, quindici anni che hanno cambiato il mondo radicalmente, e che hanno dato un valore storico alle foto, il mondo che esse vogliono testimoniare non esiste più, perché in quei gesti in quelle forme, nella stessa aria, spesso giocosa, ma consapevole di ogni sguardo in esse ritratto, e racchiuso un sapere antico, forse inconscio ma sempre presente, oggi tutto questo sembra superato, i ritmi e le nostre possibilità amplificate ma il dolce scorrere di una serata primaverile ad ascoltare chi racconta la sua vita mentre accarezza un agnellino in piena campagna, o intreccia un cesto di vimini sull’uscio di casa, mentre il profumo dei primi fiori nell’aria densa e il tepore del sole al tramonto colora tutto il tuo mondo, tutto questo, forse, non lo avrò mai più, e forse potrei scoprire che la meta agognata l’ho sempre avuta sotto i miei passi e lo lasciata andar via.
Marco Corradi
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Il tempo passa, alcuni riti si ripetono ma al verde della primavera non ci si abitua mai… è la nostra storia, la storia raccontata attraverso le immagini fotografiche in bianco e nero che abbiamo proposto, sembrerebbe al limite del tema alla Fiera 2009, se non fosse per il racconto che si trascinano dietro, il racconto della razza umana della sua ‘Cultura’ appunto, sentita attraverso testimonianze e valenze pratiche tra saperi e cerimonie antiche.
Ed intendo sottolineare che non e mai stata nostra intenzione presentare un lavoro accettabile tecnicamente, se non arricchito dal punto di vista artistico rappresentativo, ma colpire nelle sensazioni si, anche se, molto probabilmente, come quella donna folgorata in gioventù, difficilmente riusciremo a trasmettere questo se non ha chi ha vissuto la nostra stessa esperienza.
Da quegli anni ad oggi mi sono addentrato in certi modi di fare tanto che da questo ne è sorta un’osservazione: tutto quello che l’essere umano ha potuto fare di buono è quando si è unito agli altri; da cui deriva la definizione di cultura: “prendere dall’esperienza le cose buone e scartare quelle negative”. Ma cosa intendiamo per positivo e negativo. Il punto di vista parte dall’essere umano e la sua azione nella comunità in quanto essere sociale e non isolato.
E le immagini presentate rappresentano un volto del mondo, un mondo che non c’è più, un mondo passato che ha costruito il presente, una voglia però, di comunicare questa sorta di seme di continuità a cui l’essere dovrebbe essere affezionato e sentirlo nelle membra anziché lasciarlo andar via ed, alcune volte, nasconderlo.
Siamo quello che siamo stati e saremo ciò che siamo oggi e come dice Gombrich: ‘tutte le storie incominciano con “C’era una volta” e la nostra storia vuole raccontare proprio questo: che cosa c’era una volta”.
E chi vuole fare qualcosa di nuovo oggi dovrebbe conoscere ciò che è stato fatto in passato.
Sergio Cecchini