Upadesha Saram di Ramana Maharshi, introduzione di Muruganar Sastri – Estratto da: “La domanda finale” (pag. 6, IV edizione), con commento di…
Sri Ramana ha detto che noi, ognuno di noi, siamo in essenza realmente Jnani (conoscitori della verità), che ci muoviamo con le gambe dell’esteriorizzazione (uscir fuori da sé) e dell’interiorizzazione (entrare nel proprio sé). Tutti noi viviamo sottoposti agli stessi imperativi, ci spingiamo verso la stessa realizzazione.
Senza l’esteriorizzazione non potremmo manifestarci nello specchio della creazione, che consente all’Assoluto di percepire se stesso. L’illuso e l’illuminato sono entrambi “necessari”. L’illuso non può scegliere. Il liberato non sceglie. Poiché non vi è “scelta”. Upadesha Saram descrive il sentiero del “ritorno a casa”. Leggere ed assorbire il suo significato vuol dire ricevere la “sua volontà liberatrice”, la sua Grazia (n. 13). Muruganar Sastri
Nota 13 – In verità Maharshi considerava ogni cosa come Grazia Divina. Allorché un suo devoto, Devaraja Mudaliar, si lamentò di alcuni fatti che disturbavano la sua quiete mentale e domandò se tali problemi significavano che Maharshi aveva ritirato il flusso della sua grazia, il Maharshi rispose: “Tu compagno pazzariello, i problemi o la mancanza di pace vengono solo a causa della Grazia” (Recollections, pag. 113).
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Riflessioni sul testo:
Allorché Maharshi afferma che tutti sono Jnani evidentemente fonda tale affermazione nella coscienza Advaita (non duale) in cui esiste solo l’Uno senza un due, per cui ognuno di noi è considerato la manifestazione di quell’Uno e non può essere altri che Quello.
Ramana specifica ulteriormente che nel gioco della Coscienza l’Uno si proietta nel riflesso della mente e si percepisce come separato – questo processo è definito esteriorizzazione- ma allo stesso tempo sempre è in atto la spinta inversa all’interiorizzazione (ovvero del consapevole ritorno all’Unità primigenia).
Alcuni aspetti dello stesso Uno (che definiamo entità o persone) si manifestano come “illusi”, altri come “illuminati” -così appare nello specchio della mente- per espletare la “commedia” della creazione. Usando le parole stesse del Maharshi “consente all’Uno di percepire se stesso”. Il che significa che ai fini del gioco cosmico le parti antagoniste (gli opposti) sono necessarie.
L’ignorante non può scegliere, afferma il saggio, perché sospinto da una volontà, da una forza misteriosa in lui riposta che lo muove secondo le predisposizioni e qualità incarnate, una sorta di agire automatico che ha però la parvenza della manovra volontaria, derivante dalla sensazione che noi definiamo “libera scelta”. Ma pur essendo apparentemente risultato del nostro “arbitrio” l’azione compiuta e le sue conseguenze, sono in verità una semplice proiezione della forza energetica dell’Uno (Shakti).
Il conoscitore dell’Uno (Jnani), che è l’Uno stesso in Coscienza, e quindi aldilà di ogni senso di limitazione, e privo della nozione di “meglio” o “peggio” “giusto” o “sbagliato”, non sceglie, ed in effetti cosa e come potrebbe scegliere se è lui stesso presente in ogni cosa?
Il problema dell’incongruenza di tali affermazioni è solo nella mente del “cercatore spirituale”, il quale viene “invitato” ad esercitare disciplina ed autocontrollo per compiere il “ritorno a casa”, egli perciò ritiene che le opere, le pratiche, da lui portate a termine siano funzionali a quel “ritorno”, in effetti son solo “un segnale” del ritorno ed assolutamente non propedeutiche ad esso.
E poi definirlo “ritorno” è alquanto fuorviante –essendo un termine adatto alla mente duale che ritiene di concludere un percorso- infatti come si può “tornare” a ciò che si è sempre stati? Ma nella condizione presente non possiamo far a meno, utilizzando il linguaggio che è una forma di condivisione e comunicazione nella dualità, di esprimerci “assurdamente”….
Resta il fatto che la consapevolezza non duale del Jnani, essendo incomunicabile a parole, può essere trasmessa solo in forma di “grazia” (noi diremmo anche “amore” o “compassione”), tale Grazia è la costante e reale natura dell’Uno quindi non può esserne mai interrotto il flusso.
Lo stato del Jnani, e la Grazia da lui emanata, non è dispensazione o favore dall’Uno ai molti… è il semplice permanere nella propria natura, totalmente ed assolutamente Una e perciò indistinguibile, e che non può essere suddivisa in “gradi”. In tal senso la presenza del Jnani viene paragonata alla Presenza Divina. E chiunque entra consapevolmente in quella Presenza in essa viene assorbito e riconosce se stesso.
Questo è il grande mistero della Presenza.
Paolo D’Arpini