Nerina Negrello: “No alla morte dichiarata, con tutti i segni della vita” – Ovvero: medicina Franckenstein, come uccidere il vivo per resuscitare il morto…

Il 19 Febbraio 2009 abbiamo partecipato a Roma, su invito, al convegno internazionale sulla “morte cerebrale” promosso da varie associazioni cattoliche americane ed organizzato da Famiglia Domani. Presenti oppositori statunitensi, tedeschi, austriaci, inglesi, brasiliani e ovviamente italiani. Erano in molti, ma niente di nuovo sul fronte che già non fosse noto e pubblicato.

Paul Byrne neonatologo, già presidente dei medici cattolici statunitensi, pur contrastando radicalmente la “morte cerebrale” e i trapianti, procede così come la gran parte degli americani all’ombra della Chiesa, quindi mentre spingono, frenano con il punto interrogativo che dopo 40 anni di falsità scientifiche smascherate non ha più motivo di esistere, a meno che l’obiettivo finale sia la discussione ad oltranza.

Nessuna proposta radicale, ma una ribadita denuncia dei protocolli per la dichiarazione di “morte cerebrale”, che conta 30 diverse modalità nelle varie nazioni. Dei dieci esimi relatori, in particolare il neurologo Cicero Galli Coimbra ha denunciato il letale test dell’apnea (sospensione temporanea della ventilazione). Inoltre ha ricordato la condizione di “penombra ischemica”, passaggio obbligato prima del “coma irreversibile”, nella quale il paziente non risponde ai test clinici, ma potrebbe essere ancora salvato se la burocrazia medica non lo dichiarasse “morto cerebrale” d’autorità. Coimbra sollecita l’applicazione dell’ipotermia cerebrale controllata che la Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente aveva già segnalato alla Commissione Affari Sociali nell’Audizione del 1998.

Il neurocardiologo John Andrew Armour ha sottolineato l’autonomia del sistema cardiocircolatorio rispetto all’attività cerebrale, evidenziando le pericolose recenti prassi per ottenere organi anche in arresto cardiaco precoce: paziente trattato con anticoagulanti ed espiantato dopo 2/5 minuti dall’arresto cardiaco non contrastato.

Da tutti è stato ribadito che la “morte cerebrale” non è la morte dell’uomo, che scientificamente la “morte cerebrale” non è sostenibile come morte totale, ma implicitamente alcuni riconoscono la morte del cervello, o di una sua parte, e qui casca l’asino.

Infatti il filosofo del diritto Paolo Becchi, politicamente anello di congiunzione tra la verità scientifica e l’utilitarismo trapiantistico, ha elaborato un contorcimento mentale del tipo: la “morte cerebrale” scientificamente non è la Morte, ma per il trapianto salva-vita si può trovare una soluzione ragionevole con “criteri giuridicamente e socialmente sostenibili e condivisibili” per procedere all’espianto.

In sintesi la perpetuazione dell’omicidio di quello che considerano un moribondo. I colti capendo si difendono, il popolo viene così sacrificato all’altare della bontà sotto i ripetuti inviti a donare della Chiesa e della propaganda governativa. I “laici” fanno una mezza opposizione alla morte su base neurologica e una mezza ammissione di “morte cerebrale” con l’invito alla donazione delle “frattaglie” ancora vive: un’incoerenza totale, assurda, diciamo criminalmente utilitaristica.

Nessuno dei relatori parla dell’approccio omissivo di cure al traumatizzato cranico per incuria ed interesse all’ottenimento di organi. Non vogliono abolire la morte cerebrale, ma mettere in discussione l’equiparazione della “morte cerebrale” alla Morte totale.

Restiamo dunque sulla nostra posizione radicale di abrogazione della legge che impone la “morte cerebrale”, per porre automaticamente fine ad espianti/trapianti, commercio d’organi sia dentro che fuori dalle istituzioni e a tutti i crimini legati a questo mercato. Serve una scelta netta per non creare una zona d’ombra che permette all’autorità sanitaria di fare ciò che gli conviene. Si torni a curare i traumatizzati cranici.

Nerina Negrello

lega.nazionale@antipredazione.org  

www.antipredazione.org

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