Lira.. settennale della dipartita. La storia d’Italia, la nostalgia della povertà leggera e la finta ricchezza con l’euro pesante che non vale niente!

Per noi di una certa età affrontare la salita di Via Cadorna a piedi è come rimettere in atto la storia d’Italia… Uno si ricorda del maresciallo Cadorna, della Grande Guerra, e degli eventi che conclusero l’indipendenza del nostro paese.

Stamattina arrivato come al solito al bivio della chiesetta, dove lateralmente inizia la stradina di Capomandro oppure si riprende la salita per via della Lira, mi sono soffermato a riprender fiato proprio davanti alla lapide che ricorda la nostra gloriosa moneta: “17 marzo 1861 – 28 febbraio 2002″, nascita e morte. Da una parte l’inizio dell’unità d’Italia e dall’altra l’entrata politica nella comunità europea… ben 141 anni di storia patria! Una veneranda età per davvero… e fatalità scade oggi il settennale.

Mentre osservavo pensoso la lapide già scalfita -non dal tempo, poiché risale a pochi anni fa, ma dallo sfregio incivile del solito capo sderenato di Calcata- mi sono ricordato di quel fatidico 28 febbraio 2002, esattamente 7 anni addietro. Quello era il giorno in cui bisognava cambiare la valuta ed avevo raccolto tutte le lire lasciate in giro nei vari cassetti e nascondigli (per la mia inveterata abitudine di conservare qualcosa per i tempi peggiori) aveva perciò raggranellato una bella cifretta di un centinaio di mila lire: carte da 20, da 10, da 5, da due, da mille, da cinquecento, monete da 200, da 100, da 50 ed altri spiccetti… carico così del mio tesoretto ero andato all’ufficio postale, armato della macchinetta convertitrice che il Berlusconi aveva regalato a tutti gli italiani, per fare i conti giusti sul cambio.

Ricordo l’impiegata postale tutta presa dalla sua funzione di cambiavalute che contava le lire, faceva i conti mi chiedeva di controllare e poi mi metteva davanti agli occhi alcune cartine piccole piccole, sembravano i soldi del monopoli, ed una manciatina di monetine quasi invisibili… Rimasi di sasso… e capii subito che ero stato fregato! Io avevo dato un mucchio abnorme di lire, sufficienti per vari giorni di sopravvivenza e lei mi restituiva i soldini per il caffè…

Infatti di lì a poco scoprii che il cambio ufficiale non significava un fico secco, la macchinetta di Berlusconi era una specie di “giochetto” per ragazzini scemi, in realtà i cinque euro erano diventati come le cinquecento lire di un anno prima…

Poi nel corso degli anni continuai a scovare in varie saccocce di vestiti vecchi od in libri o in mezzo alle carte delle fatture pagate o da pagare diversi biglietti da mille dimenticati, ma che potevo farci ormai? Sarei dovuto andare alla sede della Banca d’Italia e costava più l’impresa che la resa…

Con questi pensieri che mi frullavano in testa sono salito al solito baretto del paese nuovo e mi sono fatto il conto di quanto andavo spendendo… duemila qua, tremila là, e poi al supermercatino: duemila e ottocento per 120 grammi di orzo in polvere, duemilaquattrocento per 2 paninetti all’olio, etc. etc. debbo dire che sono rimasto un po’ scocciato e mi son detto “ma chi ce l’ha fatto fare di diventare ricchi se la ricchezza non serve a nulla?”

Così oggi ho inteso festeggiare l’anniversario della sua dipartita ricordando con simpatia la nostra vecchia e gloriosa Lira!

Paolo D’Arpini

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