Laura Lucibello scrive: “Obbedisco! ma a tuo rischio e pericolo“ – Correva l’anno 5109 del Kaliyuga, giorno di luna nuova nel mese di phalguna… “

Premessa: “Cara Laura… hai corso troppo per venire a Calcata… e tanto dove vuoi che scappo… ora devi pagare! Oggi mi sono proprio divertito, la giornata è stata piena di tante cose e di tanta umanità… Scrivi, se non ti costa troppa fatica, un resoconto breve che lo pubblico sul sito. Ciao, Paolo”

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Resoconto breve:

Oggi il Circolo (vegetariano) ha registrato il tutto esaurito, sia in platea che in galleria dove qualcuno si è anche quasi arrostito al sole avendone in premio due belle guance rosse. Essendo arrivata a tarda mattinata mi sono persa tutta la spiegazione del corso I Ching mensile, d’altronde c’erano persone che mi aspettavano per parlarmi della Fiera delle Arti Creative, ed il dono dell’ubiquità non c’è lo ha ancora nessuno, tanto meno io. Da quel che ho potuto vedere e capire però c’erano persone molto attente ed interessate.

Un altro gruppetto invece, di cui qualcuno rievocava giovanili e goliardici ricordi mentre altri ignoravano totalmente l’esistenza di Calcata sulla faccia della terra, sono andati al Borgo antico in perlustrazione muniti di macchina fotografica, ad occhio e croce avranno fatto 150 fotografie.

All’ora di pranzo ci siamo tutti riuniti condividendo equamente i cibi portati. Sarà stata la fame e la compagnia, ma era tutto ottimo. Dopo il rito del caffè, abbiamo intrapreso il sentiero verso gli orti per giungere fino ad un “poggetto” solatio dove il nostro conduttore ama fermarsi, forse anche lui soggetto ad una attrazione fatale e perdurante.

Ci sediamo sul terreno, che risulta essere pieno di brulicanti ed attivissime formiche (ma non dovevano essere ancora in letargo?), in cerchio come il nostro deus in machina aveva proposto. E qui lo stesso riprende i suoi discorsi della mattina introducendo elementi legati al rapporto tra terra, natura e libere espressioni del corpo con accenni alla sessualità naturale del genere umano.

Mi sovviene che giusto in questo ultimo periodo Paolo aveva già introdotto questo discorso: cerco di ricordare: ma parlava di “lucumoni” o “lumaconi”? Il dubbio si insinua spontaneo. Lui continua a parlare tranquillo, mentre qualcun altro nascostamente sente la necessità di prendere la mano della sua compagna come a dire “questa te la scordi”.

Il poggetto solatio all’ improvviso diventa diaccio, il parlator cortese si tacita quasi annoiato di parlare solo lui e dice la fatidica frase : “ed ora 5 minuti di silenzio”. L’obbedienza al quel punto è d’obbligo, ma crea scompiglio in chi ora deve raffrontarsi col suo cuore, c’è chi imbarazzato ridacchia, chi si allontana facendo finta di sgranchirsi le gambe, chi parla sommessamente come fosse in chiesa o nella sala d’aspetto di un medico. E il “nostro” con lo sguardo fisso diretto verso un punto che vede solo lui, o forse no…

Con il mio solito carattere di prima linea, mi viene spontanea alle labbra una battuta “Paolo, ma siamo in chiesa quando il prete dice (mi sembra) “ed ora un minuto di raccoglimento”, ma tu no addirittura 5 interminabili minuti”. Ma conto fino a 10 e non la dico capendo che avrei rovinato quel bellissimo e profondo pomeriggio di domenica 22 febbraio, correva l’anno 2009…(?)

Laura Lucibello

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Ed ora, dulcis in fundo, una poesia:

Castello di Carta  -  (di Rodari Gianni)

C’era una volta il Re di Denari,

il più avaro di tutti gli avari.

Il suo castello era d’argento

era d’oro il pavimento,

i coppi del tetto eran diamanti,

al posto dei vetri smeraldi e brillanti,

le scale avevano i gradini

tempestati di rubini.

La Regina, Madama di Picche,

era la più ricca di tutte le ricche

e si vestiva di perle e turchesi

tutti i giorni di tutti i mesi.

Quei vestiti, potete capire,

erano pesi da morire,

così, per portare la Regina

il Re fece fare una portantina.

La reggevano quattro Fanti,

due di dietro e due davanti.

La Figlia del Re, la Donna di cuori,

s’innamorò del Fante di Fiori,

e una volta dal finestrino

gli fece un saluto col ditino:

lui si confuse, si emozionò,

la portantina si rovesciò.

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