Lunedì mattina a Calcata … la vita continua, anche senza poesia!

…è sempre un piacere riabbracciare la vita quotidiana del lunedì mattina a Calcata. Finalmente il teatrino del fine settimana ha chiuso i battenti, niente bancarelle, niente carabattole, niente negozietti finti, niente ristorantini caratteristici aperti due giorni. L’aria è tersa, oggi c’è persino il sole, e mi sento invogliato di affrontare la salita…Prima di tutto passo al reparto immondizie per vedere se qualche anima pia ha lasciato qualcosa di commestibile per la maiala. Radi benefattori talvolta si ricordano degli animali ed invece di gettare tutto dentro i cassonetti dei rifiuti indifferenziati, predispongono un sacchetto di organico e lo attaccano al chiodo che ho infisso appositamente sul muro (lo chiamo del pianto per la vergogna che provo ogni volta che mi ci avvicino). I secchioni come sempre succede al lunedì sono stracolmi e traboccanti, dentro c’è di tutto, cibarie avanzate dai ristoranti, suppellettili scartate, scatole e scatoloni di cartone, cassette di plastica e di legno, libri e giornali, cenere e potature di piante da giardino, lattine e barattoli, bottiglie di plastica e di vetro… insomma i residui ignominiosi della società dei consumi gettati all’ammasso. Al chiodo solo un pacchettino piccolo piccolo, trasparente, in cui si vedono 4 cocce di uova ed un torsolo di cavolo… ben poca cosa rispetto a quanto intravedo occhieggiare dai bidoni.. ma che posso farci? Così va il mondo!

Per fortuna stamattina prima di uscire dalla mia casupola semi-interrata (fredda ed umida d’inverno e fresca ed ombrosa d’estate) ho recuperato un tozzo di pane duro, che conservavo nella madia da oltre 6 mesi (per tempi peggiori, non si sa mai) è un ricordo dell’ultima visita di Stefano Panzarasa che ogni volta che viene mi porta una pagnotta integrale cotta da lui al forno a legna. La durezza del tocco di pagnotta è estrema, pare legno, ormai non posso far altro che destinarla alla maiala che ha i denti migliori dei miei. E così la incarto e la unisco ad un residuato di un rinfreschino antico tenutosi al Centro visite del Parco, si tratta di “puff” (palline gonfie fritte non so di che) che non riuscivo assolutamente a terminare (un sapore troppo moderno e chimico). Con questi doni alimentari uniti alle cocce d’uovo ed al torso di cavolo e ad un pezzo di qualcosa in identificabile (ma evidente commestibile) che raccatto per terra avanzo della razzia di qualche gatto, mi avvio verso il recinto della mia Vetty, la grassa suina vietnamita che non si decide a morire malgrado gli anni. Lei è lì che aspetta davanti al cancelletto, verso il tutto per terra e la osservo per un minuto mentre goduriosamente si pappa i “puff” per primi, evidentemente per lei sono ottimi!

La salita è dura, a metà incontro Edù Nofri che esce da casa, scambiamo due chiacchiere e lo invito a partecipare il 29 marzo alla Fiera Arti Creative, giorno in cui si terrà una manifestazione magica.esoterica.alchemica.pagana, in quell’occasione potrà sbizzarrirsi con la sua musica etnica di cembali, trombette, tamburelli, srutibox, campanelli… assieme all’amico Alex Raccis, il famoso “Duo Cicuta”.

Stamattina mi reco al baretto degli Amigos, non il solito bar sotto al comune, questo è un locale dove c’è una giovane barista strabichetta  carina, ogni lunedì vengo da lei, appena mi vede mi saluta con affetto e senza aspettare l’ordine mi prepara il cappuccino caldo bollente, mentre mordicchio una brioche all’uvetta passita, dopo un po’ mi chiede “ma giù a Calcata c’è un negozio che fa jeans?” dice proprio così, per lei “giù” è “Calcata” (non Calcata vecchia o chissà ché) . “Ma veramente non so..” -E lei aiutandomi a ricordare- “…è quel negozietto appena si arriva a sinistra..” – “..quello che vende mutandine e reggiseni?”- “No, più avanti, fanno anche cappelli” – “Allora ho capito di chi si tratta, Fiore, dove lavora Elena di Faleria, si sono spostate più avanti, sì è vero lavorano da sarte oltre a far cappelli, certamente saranno lì pure oggi, quello è un laboratorio fisso” – “Ah bene, allora vengo giù, le troverò? Comunque se non le trovo farò una passeggiata, tanto ho la macchina…”.

Simpatica ragazza, questa barista (Carla mi pare si chiami) è originaria di Calcata nuova, ma evidentemente non pensa male di quelli di Calcata vecchia, anzi… verso di me dimostra anzi un certo rispetto e simpatia.

Rincuorato mi reco al supermercatino. Appena entro mi sento accolto dalla signora grassottella che lo gestisce, Maria, che senza che l’avessi nemmeno vista mi saluta a voce alta “Buongiorno Paolo”. Lì faccio qualche acquisto necessario: pane, formaggio coi buchi, marmellata, ceci, pelati… 5 euro e settantaquattro di merce.

Poi salgo ancora all’ufficio postale, stamattina stranamente ci sono almeno 6 o sette utenti in attesa, sto quasi per andarmene quando la signorina allo sportello mi riconosce e mi chiede “vuole solo la posta signor D’Arpini?” – “sì solo la posta se è possibile altrimenti ripasso..” – “ecco… prenda c’è questa lettera per lei!”. Saluto soddisfatto e me ne vado fra i sorrisi comprensivi degli altri… in attesa del loro turno.

Oggi niente giornali da spulciare, tanto il lunedì ci sono solo pagine e pagine inutili di “sport”, e me ne riscendo a valle soddisfatto. Anche stamattina ho compiuto il mio dovere sociale. Al ritorno a mezza strada ritrovo Edù, ancora parliamo dell’incontro, poi mi chiede “come sta Sava?” (è il mio nipotino di tre anni che l’altro giorno si è ingoiato mezza boccetta di tachipirina ed è stato portato all’ospedale per controlli e pulizia interna) “Oh, niente di grave, dovrebbe uscire nel pomeriggio, lo hanno trattenuto per sicurezza, sai com’è con i bambini…”. Lui sorride ed annuisce, anche lui è padre di una bimba della stessa età e sa come vanno certe cose…

Finalmente imbocco la piazza Roma, dove appare lo sderenato capo, quello che fa i dispetti a tutti ed attacca manifestini offensivi, faccio finta di non vederlo mentre lui passa mugugnando come al solito. Dopo pochi metri incontro Annamaria, che ultimamente non mi parla quasi più, sta con un’altra signora che per ignoti motivi mi antipatizza, io egualmente saluto con un sorriso “ciao Annamaria..” Lei mi guarda di traverso (mentre l’altra gira gli occhi dall’altra parte) e gelidamente mormora un “buongiorno”.

Pazienza, che posso farci, non sono mica tutte gentili le donne, alcune per gelosia, invidia o delusione si incattiviscono. Infine passo davanti alla casa di mia nuora, il cancello è aperto ed entro chiamando forte per avere notizie di Sava… Lei mi tranquillizza, dice che dovrebbe essere rilasciato ad ore… Posso ritornarmene nella tana, ma prima di nascosto porto via due tronchetti per la stufa, rientrato nel mio giardinetto il gatto, che aspetta spaparanzato al sole, mi viene incontro felice… è l’ora anche per lui della colazione!

Avevo iniziato questo racconto come stralcio di lettera da scrivere ad un’amica (che non nomino) con la quale mi ero uggiato ieri per una poesia che mi aveva inviato e che non ha voluto però condividere con gli altri. Secondo me non dovrebbero esserci segreti nell’espressione poetica… io la penso così, quello che scrivo può essere letto da chiunque, può essere persino fatto proprio da chiunque, nelle parole non ci può essere copyright o reticenza alcuna. Mi sovviene della frase detta da Uppaluri Gopala Krishnamurti al proposito dei suoi scritti: “… you may use them as you like, you may claim even authorship….. words are just words!”

Paolo D’Arpini

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