Viterbo, Tuscia, Italia: “Scaccia la caccia…” – Per interrompere il meccanismo dei ripopolamenti fasulli o dannosi, l’immissione di specie aliene, le sparatorie nei campi e la circolazione di bande armate nei fondi agricoli

Stamattina mentre sorseggiavo il mio cappuccino al paese nuovo di Calcata, circondato dall’indifferenza e dal silenzio dei paesani che ormai mi vedono come una iattura poiché temono che rivolgendomi la parola io possa poi trasformare i loro detti in un articolo che compare sui giornali e sul web, ho letto su un quotidiano locale di Viterbo della protesta di alcune associazioni venatorie che hanno litigato sull’improprietà dei luoghi in cui sono state “liberate” le lepri a Vetralla (ed in altri luoghi della Tuscia): “troppo vicino agli abitati, addirittura nelle aie delle case coloniche od in luoghi in cui non potrebbero sopravvivere… più di un giorno”.

Già questa notizia mi ha fatto riflettere sul sistema caccia vigente oggi in Italia. In passato mi sono spesso occupato dell’argomento…. La caccia è stato un metodo sordidamente accettato da varie forze politiche per mantenere una fascia di popolazione “armata”. Dal dopoguerra, sino allo scandalo di Gladio e poi ancora, c’è stata la tendenza di accettare il sistema caccia per consentire la creazione od il mantenimento di “nerbi” legalmente autorizzati alla detenzione ed uso delle armi. In realtà quelle armi non servivano e non servono per “andare a caccia” ma per consentire il commercio delle armi stesse ed il possibile loro utilizzo per qualsiasi altro scopo a venire. Solo un baucco potrebbe pensare che esistono ancora animali da cacciare in qualsiasi luogo d’Italia, Tuscia compresa.

Diverse specie cacciabili sono importate dagli allevamenti che si trovano un po’ ovunque sparsi in Europa, vedi ad esempio le lepri (che solitamente giungono da gabbie slovene) pagate a peso d’oro (letteralmente a peso d’oro) e “liberate” dove capita pronte ad essere impallinate da sadici… ma sarebbe meglio dire “abbandonate” poiché queste lepri sono meno selvatiche dei conigli allevati ancora da qualcuno in campagna, sono talmente imbranate che possono essere afferrate con le mani (questa è stata anche la mia esperienza). I capi “liberati” perlopiù muoiono di stenti od in bocca a qualche cane di passaggio. Per questo che solitamente vengono rilasciate vicino agli abitati, come detto sopra, in modo che i cacciatori non le perdano tutte per strada…..

Vediamo ancora cosa succede con altri animali. Talvolta vengono dichiarati cacciabili specie di uccelli che per un motivo o per l’altro sono considerati “dannosi” ed in tal modo si effettua una “pulizia etnica” con la scusa del carniere, sapendo però che certi uccelletti inseriti nelle liste sono pressocché incommestibili. Vediamo poi quel che è avvenuto coi cinghiali, tutti ormai sanno che i cinghiali immessi da vent’anni nei boschi, o “scappati” da allevamenti compiacenti, non sono i cinghialetti italici descritti e dipinti dai pittori e viaggiatori del ‘700 ed ‘800 nel Bel Paese, sono invece bestioni di origine asiatica che prolificano due volte all’anno sfornando 8/10 cuccioli per volta. Questi cinghiali sono diventati una tale piaga che gran parte delle risorse dei parchi serve a pagare i danni da essi causati. Vedi ad esempio qui a Calcata nel Parco del Treja, in cui non esiste più alcun sentiero agibile a causa delle distruzioni causate da questi facoceri enormi e talvolta cattivi. Ebbene sono così numerosi i capi ammazzati che l’assessore provinciale di Viterbo alla caccia, Mario Trapé, ha dovuto emettere un’ordinanza sul modo corretto di smaltirne le corpose carcasse. Tra l’altro questi cinghiali sono ormai una specie che non può essere più controllata, non avendo nemici naturali se non i cacciatori stessi che però non possono inseguirli nei numerosi parchi del Lazio (il loro santuario riproduttivo e buen retiro, con buona pace di ogni altra specie vivente).

Quanti malanni nel nome della caccia, quante ipocrisie e quante prevaricazioni, quanti sfondamenti di fondi privati, quanti impedimenti all’agricoltura naturale, etc. etc.

Possiamo ancora risolvere questo dramma, siamo ancora in tempo, forse, tanto per cominciare mettendo fuori legge la caccia.. “Scaccia la caccia” il mio motto per una campagna di chiusura definitiva e totale di questa barbarie stupida ed inutile. Poi bisognerà cercare di recuperare la biodiversità perduta e danneggiata da tanti anni di proditorie “immissioni” aliene.

Intanto l’ho buttata lì, poi ne riparliamo meglio una prossima volta!

Paolo D’Arpini

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