Umiltà, luogo geografico in provincia di Viterbo o condizione mentale e psicologica descrivibile? Dall’acqua minerale alla morale il passo è breve!
Avevo iniziato questo racconto pensando di occuparmi del problema ambientale causato dalla captazione in falda delle acque minerali. Poi mi sono accorto che ho scantonato il discorso descrivendo l’arroganza della politica “umile”… quella a vantaggio del popolo…..
Forse le due cose son collegate, poiché spesso si giustificano alcune scelte politiche ed amministrative con la scusa del “bene comune” ovvero dello sviluppo economico, dei posti di lavoro, del benessere sociale che deriva dallo sfruttamento delle risorse, etc.
Questo non avviene solo nel caso eclatante e mistificatorio di opere e progetti devastanti, come ad esempio il gigantesco aeroporto che si vuole installare a Viterbo (dove dovrebbero transitare milioni di passeggeri e centinaia di voli giornalieri senza tener conto della qualità della vita degli abitanti né dello stravolgimento culturale che ne conseguirebbe…..). In realtà la strumentalizzazione e distruzione del territorio a volte assume forme apparentemente innocue come ad esempio lo sfruttamento delle acque minerali…. E qui debbo far presente che l’utilizzazione delle acque minerali non significa che l’imbottigliamento viene fatto alla sorgente bensì che vengono concesse delle autorizzazioni “minerarie” dalla Regione per l’attingimento, quindi si pesca alle falde profonde, come ad esempio a Nepi dove le pompe succhiano a 300 metri di profondità.
Eppure tali scelte di utilizzo delle ricchezze naturali, lungi da essere innocue e portatrici di benessere, sono un modo drammatico di distruggere le risorse, alienandole alle future generazioni. Infatti il risucchiare acque dalle falde sotterranee significa che, in seguito al percolamento delle acque superficiali inquinate da vari fattori atmosferici, il comune bene pubblico dell’acqua potabile viene pian piano alienato alle genti del luogo. Le acque minerali e le bibite ottenute da tali impianti vengono massimamente vendute all’estero e le comunità locali ne traggono irrisori benefici economici mentre restano sul territorio e nelle falde solo sostanze inquinanti.
Quello che avrei voluto dimostrare con la storiella che segue è come l’ipocrisia del bene comune, in forma di “umiltà” d’intenti politici utili alla comunità, in realtà sia solo una forma di appropriazione del bene, quindi non c’è umiltà in questo percorso ma solo finzione ed arroganza. Ma se leggerete oltre forse le similitudini usate vi aiuteranno a comprendere il mio discorso…
C’è una località nel territorio di Nepi che si chiama Umiltà, lì vicino si trovano le sorgenti dei Gracchi, famose per l’acqua minerale. Ma non è questa la materia che continuerò a trattare, userò il nome del luogo “Umiltà” come pretesto per giocare sul significato della parola, cosa vuol dire? Da una parte evoca una semplicità, innocenza e spontaneità di comportamento libero da ogni affettazione dall’altra può essere interpretata come una professione, un atteggiamento costruito sulla modestia ma destinato all’esibizione della qualità stessa. Per capire come il nostro io, nel caso più deleterio, possa mascherarsi di umiltà sovrimposta vorrei raccontare due storielle, due raccontini che girano nei cerchi di apprendimento esoterico.
In un monastero zen c’erano tre suore che un giorno avevano deciso di compiere un rito che comportava un assoluto silenzio. Per tutto il giorno dovevano meditare di fronte alla statua del Buddha e compiere tutti i gesti rituali dell’adorazione senza mai emettere un suono, il silenzio era essenziale per la riuscita del rito come pure era indispensabile che un lume restasse sempre acceso per tutta la durata della cerimonia. La mattina presto iniziò la meditazione con tutti buoni auspici, il lume veniva riempito d’olio di tanto in tanto da un inserviente e le tre monache restavano sedute compiendo mudra in perfetto silenzio. Giunse la notte e la monaca più anziana che sovrintendeva alla cerimonia si avvide che la fiamma tremolava, guardò in direzione dell’inserviente ma questi si era placidamente appisolato su un fianco, la monaca combattuta fra l’obbligo del silenzio e la responsabilità della conduzione cerimoniale non sapeva che fare, non poteva alzarsi non poteva parlare… Alla fine sbottò “sveglia, l’olio della lampada sta esaurendosi”. La seconda monaca esterrefatta esclamò “abbiamo fatto voto di silenzio perché hai parlato?” e la terza dopo essersi pavoneggiata un po’ aggiunse, quasi rivolta a se stessa, “ah, sono l’unica che non ha parlato..”.
Ed ora passiamo ad un’altra storia, il fatto si svolge sul monte Athos. Tre monasteri vicini, ma appartenenti a congregazioni diverse, sono famosi in tutta la Grecia per la loro religione. Un giorno i tre priori, che si trovavano contemporaneamente a passeggiare sul monte, si incontrano e decidono di sedersi assieme all’ombra di un albero. Il capo del primo monastero esordisce: “E’ vero che anche voi siete al servizio della religione ma per quanto riguarda lo studio delle scritture e della bibbia il nostro convento è più rinomato”. Dopo un po’ interviene il secondo priore: “Certo è così, in effetti noi tutti siamo al servizio della religione ma per l’assistenza ad infermi e malati l’opera del mio monastero ha un riconoscimento primario”. Il terzo monaco, che dirigeva un eremo francescano, sussurrò con parole dolci e condiscendenti: “Quel che voi dite è corretto e senz’altro giusto, vorrei però precisare che nella pratica dell’umiltà nel nostro eremo siamo i migliori…”.
Alla fine alcuni di voi potrebbero chiedersi: “ma allora cosa vuol dire questo… D’Arpini che mescola i discorsi e non si capisce più nulla.. ?”
Dare una risposta precisa sarebbe fuorviante, e non nel mio stile, di sicuro posso dire che esiste un luogo sul territorio di Nepi che si chiama Umiltà, fatalità oltre alle sorgenti c’è anche un ricovero per malati terminali…..
Paolo D’Arpini