Intervento tecnico sulla proposta di riassetto “bioregionale” del Lazio, applicando le leggi 145 e 142 del 1990.
Condivido il Bioregionalismo nella sua sostanza ma l’obbiettivo nell’attuale assetto istituzionale italiano non può che essere raggiunto per gradi. Nella prima fase bisogna tener conto dell’esistenza delle Regioni così come sono oggi, senza pretendere modifiche di territorio perché queste per essere realizzate necessitano di complicati meccanismi costituzionali e scatenano nel contempo reazioni a catena dovute ad interessi precostituiti che è difficilissimo scardinare.
Questa situazione rende per i momento utopistica l’istanza bioregionale anche se effettivamente ben motivata. Oggi quindi il bioregionalismo amministrativo può avere, a breve e medio termine, una concreta possibilità di realizzazione solo con accorpamenti e ristrutturazioni di enti all’interno delle singole Regioni. Nel nostro caso ci soccorre la Legge 145 del 1990, una buona legge partorita dalla Prima Repubblica, purtroppo ancora disapplicata. Nel Lazio ci sono tre realtà territoriali e socio economiche diverse. C’è l’area metropolitana romana che comprende gran parte del territorio e degli abitanti laziali, c’è il sud pontino e ciociaro che è riuscito in questi ultimi 60 anni ha guadagnare un parziale progresso, c’è un nord sabino e la Tuscia che rappresentano l’anello più debole della catena regionale. Pur tuttavia sia il nord, ovvero la provincia di Rieti e Viterbo, che il sud, cioè Frosinone e Latina, sono legati da una omogeneità socio economica, di tradizione culturali e storiche che possono riconoscersi in un’unica matrice bioregionale. Tutte e quattro queste province hanno comunque tratti comuni evidenti di condizioni economiche, sociali e culturali che hanno poca attinenza con la realtà della megalopoli romana. La legge del 1990 prevede l’istituzione delle Aree Metropolitane, una sorta di città stato alla maniera tedesca (dove funzionano molto bene), staccate amministrativamente dalle Regioni di cui fanno parte ed il cui territorio non dovrebbe allargarsi più di tanto dagli attuali confini comunali. In questo modo l’attuale territorio della Provincia di Roma, non necessaria all’Area Metropolitana, dovrebbe essere ceduto alle Province storiche confinanti (in chiave omogenea) rendendole così più solide dal punto di vista politico ed economico. Ne verrebbe fuori un nuovo Lazio di due regioni, la prima costituita dall’Area Metropolitana di Roma, la seconda dalle quattro province autonome capaci di amministrarsi e programmare un loro sviluppo adeguato alle proprie esigenze, anche in considerazione delle esigenze metropolitane ma ad esse non soggette né condizionate. Per realizzare tutto ciò non occorre una legge costituzionale, basta applicare la L.142/1990 sul riordinamento degli enti locali che consente questi aggiustamenti. In tal modo sarà possibile realizzare a breve una prima graduale applicazione del bioregionalismo, lasciando a tempi più maturi la prospettiva di una riaggregazione su base prettamente bioregionale del territorio dell’Italia centrale. Gianfranco Paris
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Risposta:
Accolgo con grande piacere questa lettera-proposta di Gianfranco Paris, che riporta tutta la discussione bioregionale alla sua origine. Infatti questa descritta da Gianfranco è la prima proposta bioregionale avanzata da un nostro comitato chiamato “Punto Verde”, proprio negli anni ‘90 del secolo scorso, prima ancora della fondazione della Rete Bioregionale Italiana e dell’uso del termine “bioregionalismo” che -ricordiamolo- è un neologismo d’importazione statunitense, oggi entrato nell’uso comune, in precedenza si usavano i termini “coesione delle aree omogenee” “ecosistema condiviso” “comune ambito socio culturale e geografico” etc.. Già dal 1990 questo discorso era partito assieme con la VAS di Stefano Zuppello e di Guido Pollice, successivamente con il discorso “etnico geografico” di Edoardo Zarelli (tra i primi fautori dell’ecologia geografica in Italia) e con Accademia Europea di Carlo Carli, poi sono arrivati gli americani…. con la nuova terminologia “bioregionale”….
L’intervento di Gianfranco Paris che, essendo direttore della testata locale Mondo Sabino, nonché compartecipe del “Punto Verde” per il riassetto del Centro Italia, e che ha sempre praticato un “bioregionalismo” ante litteram mi fa molto piacere e rende giustizia storica al nostro impegno.
Qui di seguito alcune referenze dei primi interventi “registrati” in tal senso.
Paolo D’Arpini
1. Diritto & Diritti – rivista giuridica on line
Paolo d’Arpini ed il Punto Verde sono eminente espressione. Tra queste iniziative, quella a me più cara è quella in materia di “trasparenza amministrativa” …
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INDICI DI EUPOLIS PUBBLICATI NUMERO 0,1 – DICEMBRE 1990 Una …
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Una regione di piccole città Paolo d’Arpini. Una proposta del Punto Verde di Calcata per il. riassetto regionale dell’Italia Centrale. …
almanacco di fine millennio
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della Capitale, uno spazio pulito non compromesso da continue fagocitazioni sollecitate da bisogni che partono dal centralismo romano. Paolo D’Arpini