Doriana Goracci é tornata a casa…. Ecco la storia del suo viaggio “dalla Maremma alla Tuscia”
Arrivando nella metà del mese di settembre, in Maremma, capita che fa ancora caldo, che è piovuto assai pochino e la vendemmia appena iniziata, subisce un arresto. Il giorno dopo piove violentemente e si allagano gli stabilimenti della costa, cadono pini e si sfascia qualche incauta macchina. E´ per poco. Le scuole riaprono, i tardivi vacanzieri ne approfittano per prendersi l´idromassaggio gratuito delle cascatelle di Saturnia, la spiaggia del Parco dell’Uccellina è magnifica, come una regina nomade: la vedi di giorno accessibile a tutti gli sguardi, la notte è sola tra le capanne naturali della macchia mediterranea, le conchiglie e le bacche. Ci si fa una schiacciata di pane, fritto o al forno, a volte con un po’ di rosmarino, che consola qualsiasi gola da quelle parti, cominciano i rossi e i marroni in tutte le gamme nella terra del fiume Albegna, degli Etruschi e delle loro vie Cave, delle case in tufo e in pietra: si degusta il vino, come il morellino di Scansano o il bianco di Pitigliano. E pecore e mucche, libere di stravaccare, a dare latte che fa un formaggio da sogno e campi ancora con rovi di more e cardi secchi, come alcuni girasoli e le pannocchie e gli ultimi fichi dolcissimi.
A Pitigliano si trova anche “lo sfratto”, un tipico dolce ebraico che risale ai primi del `600, quando gli ebrei che lì abitavano, furono costretti a sfrattare e concentrarsi in un ghetto, vicino alla sinagoga del paese: l´ufficiale giudiziario e il messo notificatore avevano battuto lo sfratto con un bastone alla loro casa e dopo cent´anni, l´imposizione subita, diventò un dolce-bastone, fatto di miele e noci e una cialda del colore di pane. Verdura e frutta si comprano alla Despar o alla Coop: niente costa meno di 2 euro, neanche certe zucchine o palle di verza. Se ti fanno la grazia di mettere una cassetta con frutta da marmellata, cioè pesta, quasi del tutto andata, va a ruba, per quell’euro al chilo, che sono quasi 2mila lire, come fossero regalate, roba per cittadini e forestieri che si dilettano a cercare l´affare… Eppure li vedi asciutti a farsi la partita di carte alla sera, le chiacchiere al bar, con la risposta pronta e arguta. Sembra non costi fatica mantenere quei chilomentri di boschi e centinaia di agriturismi, case con gli orti dietro e siepi ferme nel tempo di rose che ancora profumano e lavanda già potata…
Se si accende la tv, chissà se ancora appare il maestro Manzi…No: appaiono sfasci di borse, prefiche editoriali, sfide e battute tra una preporta, un postballarò, un blob cortissimo tra telenovele di Napoli e del Sud, torna la Carrà, l´Isola dei Famosi, ma anche un po’ di Iacona, mentre la pizzeria ristorante qui vicino è piena, così le cantine…dove sarà la crisi? Come campano, questi toscani della Maremma, oltre le galline i conigli le pecore il grano il vino l´olio la casa il trattore …? Eppure tutta roba buona anche per il tedesco l´inglese l´americano il francese, il cittadino… Anche loro smadonnano e brontolano e bestemmiano ma intanto vanno avanti come meglio non si può e fanno mangiare a scuola ai loro figli e nipoti, il biologico dei terreni loro, chiedono aiuto per le vigne e per i campi, anche a quelli delle “altre terre” e fanno feste e sagre, magari senza santi, ma santo fagiolo salame e cacio, con un po’ di editoria alternativa e pittura e scultura con riciclo di rifiuti, con recupero minuzioso dell’etrusco, dei suoi morti e dei suoi vivi.
Qui la patria dell’Ombra che non ne aveva più bisogno alla sua Festa, finita sotto l´acqua con un Casini che su Rai Tre, pareva l´esponente di spicco del Centro Ombroso. Tornando a casa, ti raccontano dal televisore o dal pc, di Sfasci Autunnali a botte di manifestazioni organizzate da mesi, di denunce e appelli stesi nella stagione estiva ad asciugare, come fosse un bucato gigante o una provvista di legna, di bastoni che finiranno bruciati, per scaldare i corpi e fermare le menti: tutto previsto e controllato. Si entra ufficialmente nell’autunno, dopo un´estate dove tutto è successo, massacri dentro e fuori , dentro e fuori quello che è rimasto sbrindellato dei Diritti Civili e della Costituzione, tra una febbrile caccia al posto, alla riconferma del proprio precariato, a mettere in fila le centinaia di euro per libri di testo e scarpe nuove, a prenotare una visita medica, a contare le decine di migliaia di licenziati: sembrano esondare solo i fiumi, franare i confini delle colline e sciogliersi i ghiacci e morire le api, per i veleni nel polline. Ma chi se ne frega del miele…
Tornando nel paese-città, si ritorna in attesa di un treno o di un pullman che fa un´ultima corsa verso Roma, poco dopo le 19, con tasse da pagare se circoli in macchina, non solo con le gambe e benzina che scende mentre il petrolio risale, e il mutuo che sale come il costo della vita e tutto si riapre : la scuola l´università la fabbrica lo sportello la pratica la trattativa e ti accorgi che sono rimasti gli anziani e gli stranieri ad accumulare legna nelle cantine, a raccogliere nocciole, a mettere sotto l´olio le verdure scartate, in vasetto le marmellate e in bottiglia i pomodori e il vino, al buio patate aglio e cipolla e sono pronti a raccogliere castagne, hanno piantato finocchi e broccoli, coccolano galline ovarole e portano a casa i ricordi, mai stati così vicini ad un clima da guerra che non unisce ma divide e fa diffidare del proprio vicino, quello che ruba e non ti offre neanche un sorriso. I conti li fanno in televisione, una splendida cabina di regia che non ha ancora trovato neanche il suo pupazzo garante a muovere i fili della famiglia italiana, in marcia non si sa dove.
Come nelle Favole di Libertà di Antonio Gramsci, i fedeli cortigiani gioiscono per il risveglio del castello addormentato e l´arrosto ritorna a cuocersi a puntino , le principesse ad amare il loro liberatore e qualche volta, rara assai, i capretti a gioire che il lupo cattivo è steso morto, per sempre e non ci sarà incantesimo che lo risvegli. Ma queste si sa, sono favole di libertà, metafore di streghe e contadini, soldati e cortigiane, serve e signori, cacciatori e banditi, novelline di Grimm che solo uno in carcere, pensava di poterle sistematicamente ridisporre con un paziente lavoro, per farne regalo ai bambini, per sviluppare la loro fantasia…Era il 6 ottobre del 1930 e scriveva: “Carissima Giulia, ricordo una novellina popolare scandinava: tre giganti abitano nella Scandinavia, lontani uno dall´altro come le grandi montagne. Dopo migliaia di anni di silenzio, il primo gigante grida agli altri due: – “Sento muggire un´armento di vacche!”- dopo trecento anni il secondo interviene: “Ho sentito anche io il mugghio!” e dopo altri 300 anni il terzo gigante intima: ” Se continuate a fare chiasso così, io me ne vado!”.
Il destino delle mandrie si ripete… e quello dei giganti?
Doriana Goracci