Spesa economica al mercatino della natura e discorso sull’agricultura contadina all’interno della Rete Bioregionale Italiana.
Domenica 14 settembre, la mia permanenza nella stanzetta del pastore è stata veramente poco proficua, la sola persona che è venuta a consultarmi, una signora un po’ rinsecchita inviatami dal un professore medico che ha casa a Calcata, non sembra interessata al mio discorso, sugli elementi e gli archetipi, continua ad agitarsi e di tanto in tanto esce nervosa a cercare gli amici. Evidentemente ha problemi emozionali ed infatti individuata sulla mano la sua carenza nel Legno (preposto alle emozioni e sentimenti) le consiglio la “cura delle piante” (ovvero dedicarsi al giardinaggio, anche fatto in piccolo sul terrazzo di casa) per poter integrare l’elemento in chiave psico naturale, ricevendo dalle piantine riconoscenti, per simpatia, lo stimolo ad aprirsi all’amore indifferenziato (si dice anche compassione per tutte le creature). Purtroppo non mi pare che questo bel discorso trovasse in lei un terreno fertile e così finita la sessione lei, alquanto nervosa ed insoddisfatta (forse perché non l’avevo turlupinata con i soliti trucchetti degli indovini) mi chiede “Quant’è per il consulto?” e come al solito le rispondo “un’offerta volontaria a piacer suo”.
Il piacere non è stato eccessivo, evidentemente, giacché la signora cercate nel borsellino alcune monete me le mette in mano e se ne và ancora più rinsecchita di quando era entrata.
Ecco, stamattina con l’incasso risicato di 3 euro e cinquanta di ieri e qualche altro risparmio mi avvio a piedi verso il paese nuovo di Calcata, come ogni giorno. Che bisogno c’è di preoccuparsi? Qualcosa succede sempre e la strada è piena di avventure… Mi fermo prima a governare la maiala vietnamita che diventa sempre più grassa e vecchia, scendo un attimo all’orto selvaggio dove crescono solo cicorie ed erbe selvatiche, occhieggio una piantina di pomodori tardivi, troppo piccoli e verdi per esser colti… Proseguo ed arrivo al baretto all’incrocio di via Circonvallazione, e qui compio il rito della colazione, cappuccino e cornetto, la ragazza è gentile e mi sorride. “Quant’è..?” chiedo anche se già conosco il prezzo “Un euro e sessanta” mi fa lei ed io pago ringraziandola, con quello che mi rimane vado al supermercatino dove solitamente acquisto alcuni generi di prima necessità e lì scopro che c’è una cassetta con su scritto “pomodori caserecci 1 euro al kilo”…
Woaoww, miracolo, solo un euro per dei pomidoretti invernali tondi e gialli (si chiamano invernali perché si conservano per diversi mesi), locali e biologici, ne prendo due kili ed anche un cetriolo che sta nel mucchio “anche questo è casareccio?” domando “certo -mi fa la ragazza del banco- è del marito di Cesarina (nota bene “è del marito di Cesarina”).
Insomma al mercatino son stato proprio fortunato ed ancor di più all’uscita mentre torno a casa, ad un altro angolo di via Circonvallazione, trovo per terra parecchie melucce buonissime e bacate cadute per l’acquazzone di ieri l’altro, l’albero di mele sta lì in un angolo di terra che nessuno cura. Faccio almeno tre kili di mele gialle e verdi, così ho la frutta per l’incontro di stasera (lettura romantica con la luna piena) e non è finita qui, infatti mentre ridiscendo al paese vecchio raccolgo per terra tre fichetti neri e dolcissimi che mi son mangiato appena rientrato a casa.
“Anche oggi l’abbiamo sfangata..” Mi dico soddisfatto e posso perciò dedicarmi all’esame della lettera ricevuta da Giuseppe Moretti in cui mi chiede il mio parere su una campagna popolare per promuovere l’agricoltura contadina (vedi testo che segue):
PER UNA LEGGE CHE RICONOSCA L’AGRICOLTURA CONTADINA E LIBERI IL LAVORO DEI CONTADINI DALLA BUROCRAZIA
ESISTE un numero imprecisato di persone che praticano un’agricoltura di piccola scala, dimensionata sul lavoro contadino e sull’economia familiare, orientata all’autoconsumo e alla vendita diretta; un’agricoltura di basso o nessun impatto ambientale, fondata su una scelta di vita legata a valori di benessere o ecologia o giustizia o solidarietà più che a fini di arricchimento e profitto; un’agricoltura quasi invisibile per i grandi numeri dell’economia, ma irrinunciabile per mantenere fertile e curata la terra (soprattutto in montagna e nelle zone economicamente marginali), per mantenere ricca la diversità di paesaggi, piante e animali, per mantenere vivi i saperi, le tecniche e i prodotti locali, per mantenere popolate le campagne e la montagna.
Per quest’agricoltura che rischia di scomparire sotto il peso delle documentazioni imposte per lavorare e di regole tributarie, sanitarie e igieniche gravose, per ottenere un riconoscimento che la distingua dall’agricoltura imprenditoriale e industriale, per ottenere la rimozione degli ostacoli burocratici e dei pesi fiscali che ostacolano il lavoro dei contadini e la loro permanenza sulla terra… (etc. la lettera continua con tutte richieste di sgravi fiscali etc. alquanto tecnici che tralascio).
Ed io gli rispondo:
Caro Giuseppe e cari amici della Rete Bioregionale Italiana, per quanto riguarda la proposta di adesione al progetto di agricoltura contadina se è a scatola chiusa, ovvero se bisogna aderire al documento soltanto così come è stato prospettato, in ogni caso di sì…. ma se fosse possibile modificare l’impostazione tenendo conto di quando precedentemente sottoposto in merito alla riduzione di commistione fra agricoltura ed allevamento e sul concetto stesso di “alimentazione naturale” (come presupposto per una dieta senza carne) sarei persino più contento. Sapete come la penso e lo dissi sin dalla fondazione della Rete Bioregionale ad Acquapendente ed anche in tutti gli altri incontri ho sempre cercato di inserire la comprensione del necessario abbassamento dell’uso carneo nella dieta ecologica, soprattutto in considerazione del livello di inquinamento e sfruttamento della terra in conseguenza dell’allevamento industriale.
Tra l’alto c’è da considerare che nell’ecologia “umana”, sulla base degli studi di anatomia comparata e sulle ricerche fatte sui residui coprologici dei nostri padri, risulta evidente che l’uomo non è assolutamente carnivoro, bensì frugivoro, esattamente come le scimmie antropomorfe ed i maiali, significa che i frugivori hanno una alimentazione fondamentalmente senza carne (al massimo un 5 o 10 % di prodotti di origine animale ivi compreso il latte materno), per cui se vogliamo fare un discorso “ecologico” non possiamo prescindere da queste considerazioni. Spero che siate d’accordo.
Cari saluti, Paolo D’Arpini
E voi cosa ne pensate?