Ego, coordinatore dell’individuo, e Sé, indifferenziato testimone. Ma il “soggetto” é lo stesso….

Poems and Reflections ilaria 14 agosto 2008

Esaminiamo oggi la funzione dell’ego in quanto coordinatore della mente,  e la “non funzione” del Sé  che  testimonia la mente.

L’ego non è altro che un aggregato identificativo che si coagula nella coscienza, una sorta di programma che tende ad unire elettricamente i pensieri ed i processi mentali  e rende funzionale l’individualità. L’ego  non è diverso da un software che ha lo scopo di tradurre intelligibilmente i dati elaborati dai sensi, è un processo matematico, schematico ed automatico, che tiene conto delle pulsioni di attrazione  e repulsione, pari e dispari, si e no. Come in ogni  programma elettronico la forza magnetica dell’ego è in grado di elaborare dati che vengono accettati o respinti, è un conglomerato energetico che si pone in simpatia antipatia con le energie con le quali si trova a trattare. Esso non è però inalterabile, essendo dotato di una sorta di intelligenza evolutiva è anche in grado di produrre variazioni non causali, egli può utilizzare oltre ai meccanismi conosciuti anche  una variante innovativa, definita intuizione.  Questa forza, a volte  chiamata intelletto o lumen, consente all’ego di operare su piani circonvolutori  di vario livello, l’evoluzione è insomma una delle sue caratteristiche.

Ciò significa che l’io può trasformare se stesso e può modificare la sua capacità di comprensione di sé fino allo stato di fusione nella pura coscienza. Movimento e trasformazione sono i modi di avvicinamento allo stato ultimo, quello in cui l’io cede il posto al Sé.  C’è da considerare, comunque, che tale “crescita” dell’ego non è conseguenza di uno specifico atto di volontà ma una naturale conseguenza dello spontaneo ritorno allo stato  da cui esso emerge. Come  l’acqua che diventa ghiaccio e poi torna ad essere acqua.  Tutto è inserito in una memoria statica e di moto, che si alterna senza sforzo.  Ed è in questa propensione alla stasi ed al moto all’interno della sua stessa natura che l’ego trova la sua  magnificazione o liberazione.

In questa fase osmotica il processo non può essere definito “strutturale” come avviene nel funzionamento attraverso i sensi, giacché l’ego opera ed agisce in se stesso attraverso l’acquiescenza alla sua natura intrinseca: la consapevolezza.

Abbiamo descritto alcuni processi dell’ego  nel suo rapporto esterno ed interno con il Sé e potremmo chiederci qual è la differenza, se esiste, fra  questi? Può esserci un duplicità nell’io? Può esserci un io che cerca  se stesso? Chi è l’ente e chi il riflesso?  Incontestabilmente l’io è uno ed indiviso, quindi come è possibile che si frapponga questa differenziazione fra il cercatore ed il cercato? E’ evidente che la presupposta separazione è solo un gioco che avviene all’interno della stessa coscienza, il gioco dell’io che vuole conoscere l’io. Ma l’io non può mai essere oggettivato in quanto è sempre e comunque soggetto, ed allora?

A Delfi c’era un appello disperato scolpito sul frontespizio d’ingresso al tempio: “Oh uomo, conosci te stesso!”  In questo viaggio senza meta ci troviamo a vagare…..

Paolo D’Arpini

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