Ego, coordinatore dell’individuo, e Sé, indifferenziato testimone. Ma il “soggetto” é lo stesso….
Esaminiamo oggi la funzione dell’ego in quanto coordinatore della mente, e la “non funzione” del Sé che testimonia la mente.
L’ego non è altro che un aggregato identificativo che si coagula nella coscienza, una sorta di programma che tende ad unire elettricamente i pensieri ed i processi mentali e rende funzionale l’individualità. L’ego non è diverso da un software che ha lo scopo di tradurre intelligibilmente i dati elaborati dai sensi, è un processo matematico, schematico ed automatico, che tiene conto delle pulsioni di attrazione e repulsione, pari e dispari, si e no. Come in ogni programma elettronico la forza magnetica dell’ego è in grado di elaborare dati che vengono accettati o respinti, è un conglomerato energetico che si pone in simpatia antipatia con le energie con le quali si trova a trattare. Esso non è però inalterabile, essendo dotato di una sorta di intelligenza evolutiva è anche in grado di produrre variazioni non causali, egli può utilizzare oltre ai meccanismi conosciuti anche una variante innovativa, definita intuizione. Questa forza, a volte chiamata intelletto o lumen, consente all’ego di operare su piani circonvolutori di vario livello, l’evoluzione è insomma una delle sue caratteristiche.
Ciò significa che l’io può trasformare se stesso e può modificare la sua capacità di comprensione di sé fino allo stato di fusione nella pura coscienza. Movimento e trasformazione sono i modi di avvicinamento allo stato ultimo, quello in cui l’io cede il posto al Sé. C’è da considerare, comunque, che tale “crescita” dell’ego non è conseguenza di uno specifico atto di volontà ma una naturale conseguenza dello spontaneo ritorno allo stato da cui esso emerge. Come l’acqua che diventa ghiaccio e poi torna ad essere acqua. Tutto è inserito in una memoria statica e di moto, che si alterna senza sforzo. Ed è in questa propensione alla stasi ed al moto all’interno della sua stessa natura che l’ego trova la sua magnificazione o liberazione.
In questa fase osmotica il processo non può essere definito “strutturale” come avviene nel funzionamento attraverso i sensi, giacché l’ego opera ed agisce in se stesso attraverso l’acquiescenza alla sua natura intrinseca: la consapevolezza.
Abbiamo descritto alcuni processi dell’ego nel suo rapporto esterno ed interno con il Sé e potremmo chiederci qual è la differenza, se esiste, fra questi? Può esserci un duplicità nell’io? Può esserci un io che cerca se stesso? Chi è l’ente e chi il riflesso? Incontestabilmente l’io è uno ed indiviso, quindi come è possibile che si frapponga questa differenziazione fra il cercatore ed il cercato? E’ evidente che la presupposta separazione è solo un gioco che avviene all’interno della stessa coscienza, il gioco dell’io che vuole conoscere l’io. Ma l’io non può mai essere oggettivato in quanto è sempre e comunque soggetto, ed allora?
A Delfi c’era un appello disperato scolpito sul frontespizio d’ingresso al tempio: “Oh uomo, conosci te stesso!” In questo viaggio senza meta ci troviamo a vagare…..
Paolo D’Arpini