Energia elettrica ed autonomia politica in Italia
Il 30 luglio 2008 è stata avviata a Torre Valdaliga nord (Civitavecchia) la riconversione della centrale ad olio combustibile che viene sostituito dal cosiddetto “carbone pulito”. Questo secondo alcuni è un passo necessario per l’abbassamento del tasso d’inquinamento nella produzione energetica, ed in verità, anche se all’inaugurazione c’erano Scaiola e Letta del governo Berlusconi (era atteso anche lui il Cavaliere ma forse l’opportunità politica gli ha consigliato di non farsi vedere), quest’impianto fu voluto dal governo Prodi e votato dalle stesse forze (verdi, comunisti, etc) che ora montano la protesta.
Ed allora perché ho espresso la mia solidarietà ai cittadini di Tarquinia che protestano per la polluzione di fumi e veleni sul loro territorio ?
E qui debbo dire che capisco perfettamente i tarquiniesi che si vedono inquinare (senza vantaggi di ritorno) per scelte non loro, come capirei le proteste degli abitanti dell’arco alpino che vivono a ridosso delle centrali nucleari Francesi. Noi compriamo energia elettrica dalla Francia ma le loro centrali sono ai confini con l’Italia (che è un paese denuclearizzato). Queste incongruenze della povera Italia hanno una storia lunga dietro…. La storia inizia con il “boom” economico del dopoguerra, con la creazione dell’Eni e con la scomparsa (uccisione?) di Mattei il suo presidente battagliero che si era messo in testa di rendere il nostro paese “autonomo” dal punto di vista energetico. L’autonomia dello Stivale non è mai piaciuta alle Grandi Potenze, l’Italia poteva anche sviluppare una sua economia industriale purché restasse succube e ricattabile. Vedi ad esempio, una cosa che può sembrare banale, la sostituzione della canapa (che per legge fu proibita dal trattato di pace con gli USA) per poter introdurre il nylon e le fibre sintetiche. Ma andiamo per ordine. Il nostro Paese sino alla fine degli agli anni ‘50 ed in parte ‘60 del secolo scorso ricavava la massima parte di energia elettrica attraverso centraline idroelettriche poste lungo i fiumi che scorrono nel mezzo di tutte le città italiane (infatti le città una volta nascevano proprio lungo i fiumi per ovvia ragione approvvigionativa). Ricordo ad esempio che proprio in quegli anni -in cui abitavo a Verona- andavo spesso a passeggiare in periferia e sulla diga che sbarrava l’Adige e da cui si ricavava l’energia per tutta la città.
Sino ad un certo punto questa produzione energetica localizzata funzionò, il problema di ampliarne la quantità venne solo con l’avvento del modello consumista, per produrre utensileria perlopiù di plastica, quali: suppellettili, mobili, giocattoli, stoviglie, etc. Da quel momento l’Italia si dovette piegare al sistema della produzione elettrica concentrandola in grossi impianti che funzionavano (e funzionano) ad olio combustibile. Sappiamo quali erano gli interessi delle case produttrici del petrolio e così andò a finire che diventammo sempre più schiavi di scelte economico-politiche “atlantiche” che non erano per nulla negli interessi nazionali. Poi ci provammo con il nucleare, anche questo non per nostro interesse, ma fu abbandonato in seguito ad un referendum nazionale. Ci abbiamo infine riprovato con il metano ma anche questo (lungi dalla ricerca di fonti nostrane) arriva da paesi che possono chiuderci i rubinetti -Russia ed Algeria- anche perché le condotte italiane sono “terminali” ovvero non “transitano” sul nostro territorio nazionale ma finiscono qui…
Ma torniamo a parlare di come si potrebbe risolvere il problema energetico nella penisola. Certo il “carbone pulito” è meno inquinante del petrolio ma anch’esso viene importato come il metano e come lo sarebbe l’uranio (se si volesse tornare al nucleare). Di cosa è ricca l’Italia? Per antonomasia canora si dice “chisto è ‘o paese do sole..” quindi si potrebbe ricorrere al solare, ma attualmente i pannelli solari anch’essi inquinano, soprattutto nella fase produttiva del silicio necessario al loro funzionamento, ma si potrebbe (sviluppando la sperimentazione in tal senso) allungarne la capacità di raccolta e la durata (che oggi arriva a circa vent’anni).
Ciò non sarebbe però sufficiente per soddisfare le esigenze della grande industria del futile. Si potrebbero allora realizzare impianti ad idrogeno, in effetti i motori ad idrogeno esistono da anni (basti pensare ai razzi che vanno a questo propellente) e tra l’altro la scissione dell’acqua in idrogeno ed ossigeno sarebbe facilmente ottenuta con pannelli solari, ma l’idrogeno non piace ai potentati economici che campano sul petrolio. Si potrebbe ricorrere all’eolico ma qui subentrano fattori di carattere estetico ambientale, oppure alla geotermia e persino ai famigerati “termovalorizzatori” ma anche questi inquinano (la cosa da ridere è che inviamo la plastica differenziata delle nostre immondizie in Germania, pagando per lo smaltimento, e poi la Germania con essa ci produce corrente elettrica che rivende all’Italia…. e noi paghiamo 2 volte….).
Una soluzione intelligente potrebbe derivare dalla riconversione dei rifiuti organici e dei liquami in biogas, un ciclo concluso come si dice in gergo, ad esempio in certi paesi dell’Asia nei villaggi si produce elettricità dal gas ottenuto con la cacca degli umani e degli animali. Insomma tutte queste opzioni potrebbero andar bene… l’importante -per ora- sarebbe diversificare al massimo e cercare di rendere la produzione energetica il più possibile “autonoma” e non soggetta a ricatti esterni. Ma per far questo serve una chiara volontà e coraggio politico e soprattutto un reale decentramento produttivo. Teoricamente anche forze come la Lega, attualmente al governo, dovrebbero essere interessate a tale decentramento ma questa scelta non piace alla grande industria ed alle multinazionali e (come abbiamo visto in altri casi)…. i conflitti di interessi sono troppo forti.
In verità per rendere l’Italia libera da ricatti energetici occorrerebbe che il modello consumista venisse rivisto, la produzione industriale oggi è tutta tesa al superfluo (imballi, ciarpami ed involucri usa e getta) ed andrebbe riordinato tutto il sistema di produzione e riciclo rispettando la “sostenibilità ecologica ” e le reali necessità sociali.
Ma finché si continuerà a voler produrre energia in grosse centrali inquinanti come non potrei offrire la mia solidarietà ai cittadini di Tarquinia?
Paolo D’Arpini