Carissima Etain, carissimo Paolo,
scoppia l’estate ed io finalmente torno da me. Dura poco, e quindi godiamocela fino in fondo:) Ringrazio Etain per le bellissime parole regalate alla macchia di Manziana e alla breve ma intensa esperienza che ci ha accomunati in un giorno d’aprile. Non so ora quali parole potrei aggiungere alle memorie di Etain e alle riflessioni di Paolo, anche perché non sono dentro uno stato d’animo così lucido per poter disquisire attorno all’utilità delle parole. Ma siccome è l’unico mezzo che abbiamo tanto vale montarci su, anche se non sempre si sa verso quali traguardi ci conduce. Sono state ore di serrata e appassionante conversazione, ma forse mai potranno dissiparsi i sentieri del labirinto che ci attraversa, ognuno dentro la propria vita, ma così vicina e così simile a chi ci sfiora compagno dello stesso viaggio.
Pellegrini in terra e fino all’inverosimile tormentati dal possesso delle mappe, del magico punto rosso delle metropolitane… vous étes ici! Quel tanto bramato ici che finalmente ci inchioderebbe all’illusione dell’essersi trovati, dell’essere meno smarriti, del sentirsi meno stranieri. In che galassia abita l’ici? E se fosse solo il sasso che mi fa inciampare sul metro di sentiero che sto percorrendo? Grazie sasso, ti voglio bene! Quando non avevo fuori dalla porta della mia casa i seicento ettari di foresta manzianese, possedevo solo un geranio alla ringhiera di un balcone milanese. Contavo i petali dei fiori, li liberavo dalle foglie secche, toccavo la terra e portavo le dita alla bocca. Ero lì e in nessun altro luogo, lì si consumava il mio privato banchetto con gli dei. Ieri ho abbracciato una quercia di cinque secoli. Che importa se agli dei piace così tanto cambiar ristorante? Che importa se mi invitano sempre? Pellegrini e transitori come siamo, perché mai dovrebbe fermarsi il viaggio davanti a un numero civico? Anche se fosse la soglia della casa degli orrori, dei lager e delle delicatezze, perché dovrei fermarmi e suonare il campanello se so che sono pellegrina in una terra che non mi appartiene? Il vento continua a portare nei giardini i semi del cardo e della malva… e anche se smettesse di portarli, anche se gli uomini gli impedissero di portarli… non sono io pellegrina dentro una storia che non mi appartiene? Che mai sarà in grado di consumarmi?
Il mio gatto si smaterializza e attraversa i muri, la notte. Se vuole entrare lui si smaterializza e salta sul mio letto, devo alzarmi per aprirgli la porta. Il mio Maestro Gatto ha il dono dell’ubiquità, nemmeno lui ha il destino di essere consumato dalla piccola breve inconsistente e imbecille storia degli uomini. Lui sta qui perché mi deve insegnare che c’è dell’Altro. Ovunque c’è dell’Altro… nei sassi nella malva nei gatti e nei gerani. Ovunque, alla fine di un sentiero, ne comincia un Altro. Non c’è stranierità che tenga, se il Pellegrino può battere allora la terra col piede nudo e danzare e cantare la gioia per quell’ignoto metro di eternità che gli è ancora concesso di percorrere.
Grazie a tutti i compagni di viaggio che danzano con me:)
Maria Castronovo