Veri compagni di viaggio….
Le preziose “briciole” di scrittura che Paolo ci regala (e mi piace
immaginarlo mentre, chino su di un minuscolo fornelletto, con amorevole
disposizione le mette “sul fuoco”, in un angolo di cucina, tra foglie di tè,
spicchi d’aglio e mazzetti di peperoncino) sono tutte un afflato dell’anima,
che si ritrova domestica eppur selvaggia davanti allo stesso specchio.
Nei suoi “racconti” vi è un po’ del rincantucciarsi del bambino, famelico d
‘affetto, tra le braccia della madre, e l’eccitazione dello studentello che
si è conquistato il suo primo alloggio indipendente; e anche la fumosa ed
ansiosa curiosità del marinaio di vedetta sulla coffa di un veliero dei
sentimenti. Egli, sfibrato dalla lunga attesa interiore nello svelarsi del
mistero del sé, non desidera altro che rompere gli indugi, vedere se stesso
proiettato oltre la sua solita immagine, quella di tutti i giorni; ed anche
oltre quella immaginata, oltre quella paventata, insomma oltre tutte le
facce che abbiamo.
E’ per questo che a volte bisogna viaggiare – e viaggiare molto – per
ritrovare la faccia “giusta” di se stessi e per ritornare, con gli occhi un
po’ più accesi e il corpo un po’ più dolente, al nostro domicilio interiore
che, come la chiocciola sapiente, abbiam sempre portato con noi, pensando
però di averlo abbandonato per sempre.
Quella che è scivolata via, invece, senza nemmeno accorgercene, è la pelle
del serpente, che diventa più saggio e più agile, più integro ed essenziale
ad ogni muta. Più inafferrabile, anche? Chissà. Paulo Coelho racconta di un
pastorello che partì dagli scalini di una vecchia chiesa abbandonata per
trovare un tesoro nascosto – si diceva – all’ombra delle piramidi. Dopo
tante peripezie, anni di viaggi, di avventure ed esperienze, scopre infine
che il tesoro era sepolto nel cortile della stessa chiesetta che era stata
il suo punto di partenza.
Noi gettiamo ponti intorno al mondo, distendiamo l’arco dei nostri pensieri
fra mille razze e popoli; ci ritroviamo smarriti, pressati dalla folla
incalzante dei propositi, delle idee, dei sogni e dei desideri. Infine,
apriamo gli occhi, e ci accorgiamo di non essere davvero mai partiti. E
quello è il nostro tesoro.
Con affetto e simpatia.
Simone Sutra
Risposta:
Caro Simone, ho conservato per un bel po’ questa tua lettera, indeciso sul
da farsi, pubblicarla o non pubblicarla? Alla fine ha vinto la
considerazione della sincerità ed onestà da te dimostrata. Fra noi c’è un
rapporto carmico forte, carico di insegnamenti e saggezza, e solo dopo un
anno ho il coraggio di ammetterlo, come è lungo il percorso intellettuale
per riconoscere un vero compagno di viaggio…
Tuo fratello, Paolo D’Arpini