Libertà espressiva nella spiritualità laica

Poems and Reflections ilaria 16 maggio 2008

La nostra vera natura spirituale, se ascoltata con rispetto, è aldilà del
dualismo.  Purtroppo lo schema mentale delle religioni, sovrimposto alla
spontanea rivelazione dell’umano in noi, continua ad offuscare la semplice
coscienza di esistere, di appartenere ad un tutto iscindibile di cui siamo
parte integrante.

Prima ancora di essere  cristiani, maomettani o buddisti, noi siamo
“coscienza” ma tale consapevolezza è talmente offuscata che le nostre
intrinseche qualità  vengono sommerse da una pletora di idee, costrizioni e
strutturazioni precostituite da vari credo religiosi. Un recinto che
impedisce la libertà espressiva in termini di spiritualità naturale
dell’uomo.

Basti vedere l’uso improprio che viene fatto  del termine “laico” dalla
religione cattolica, sottintendendo si tratti di persona  non appartenente
alla classe sacerdotale  ma membro della religione. Cosa assurda dal punto
di vista  etimologico e glottologico. Ma questo misuso viene portato
sfacciatamente avanti nelle menzioni fatte dal vaticano in riferimento ai
cosidetti credenti “laici”  della chiesa (intendendo persone comuni,
capifamiglia od altro non ordinati nella casta sacerdotale ma appartenenti
alla religione).    Questo imbroglio lessicale contribuisce a mistificare  e
differenziare  quel che è  assolutamente indivisibile: lo spirito.

Dalla nascita alla morte restiamo in una gabbia ed uscirne sembra quasi
impossibile. Pian piano l’uomo si sta riconoscendo  sempre più abitante
della Terra e non particolarmente di una religione od etnia. Questa tendenza
alla “unità” va aiutata  attraverso  la coscienza di una vera spiritualità
naturale e laica, che riporti la libertà personale dell’uomo alla sua
originaria manifestazione.

I bambini, i neonati, sono i primi sfruttati, in senso ideologico e
religioso, obbligati dai loro stessi genitori  e dagli obblighi “sociali”
(ormai consolidati) a sottostare alle  strumentalizzazioni religiose.  Prima
ancora che abbia potuto capire cosa significhi “religione”, un bambino
innocente viene obbligato ad un percorso religioso, del tutto
inconsapevolmente,  cominciando con il battesimo, poi  la cresima e poi
ancora  la comunione. Il bambino incolpevole viene legato ai riti e ad una
fede che non conosce e non ha l’età per capire se sia buona o cattiva.

In tal modo non si aiuta la libera espressione spirituale ma si rinchiude la
società in una prigione di pensieri, e ciò vale sia per le religioni che per
le ideologie.
Invito le persone per bene e sincere a divenire consapevoli di ciò,
contemporaneamente invito i “religiosi” (ovvero gli ipocriti imbroglioni) a
smetterla con questo  massacro dell’intelligenza umana.

Paolo D’Arpini

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