Il gioco della Spiritualità Laica
Ma insomma cos’è questa spiritualità laica?
Serve a qualcosa continuare a parlarne come fosse un percorso, una via per andare da qualche parte per giungere a delle conclusioni di vita?
Nel cielo non vi sono strade c’è solo vuoto spazio.
Nello spirito, nella coscienza , così come nel cielo, non c’è percorso e quindi anche parlare di spiritualità laica sottintendendo che ci sia un modo di impostare la ricerca interiore attenendosi a delle norme o respingendone altre è pura vanità, è finzione.
Tutto avviene per conto suo, sulla base di una spinta evolutiva interiore, credere in una via e pensare di essere nel giusto è la prerogativa di ogni percorso. Ma non serve nemmeno indicare le incongruenze di questa o quella religione, di questo o quel credo. Finché c’è qualcuno che crede in una religione non si può far a meno di riconoscere che per lui la verità del sè è un miraggio. Credere in questo o credere in quello è solo credere. Ma possiamo affermare di “credere” nell’esistenza, di “credere” nella nostra coscienza?
Noi esistiamo e siamo coscienti, non crediamo di esserlo.
L’io è un segno, ognuno di sé dice “io sono”, questo segno è comune a tutti, il resto è solo pensiero aggiunto. L’io è lo stesso per tutti. Essendo questa la verità a che serve legare l’io ad una specifica forma pensiero, ad un concetto? Tutto è nell’io. La forma individualizzata dell’io è come la coscienza di una cellula nel corpo. Ovviamente nella consapevolezza di sé, come organismo unitario, quella cellula è solo un aspetto, una base esperienziale dell’io. Ed allora dov’è la differenza fra l’individuo ed il tutto? Quell’io da cui ogni pensiero emerge e che è in grado di riconoscere ogni pensiero è lo stesso io in cui tutto si scioglie.
Quando dormiamo percepiamo molti personaggi, li vediamo separati da noi, consideriamo noi stessi e gli altri come separati, ma è così realmente? Possiamo ragionevolmente affermare di essere separati dai personaggi del nostro sogno?
Infatti ignorare che tutto è Uno è come sognare.
Risvegliarsi alla conoscenza di sé è chiamare questo fatto “spiritualità laica” è solo un modo di dire, dal punto di vista dell’esperienza non può essere dato un nome, quindi spiritualità laica è solo una descrizione dell’indescrivibile.
Diceva un maestro zen “il dito che indica la luna non è la luna”.
Paolo D’Arpini
Ecco dabbasso una poesia che amo molto:
Ci sono così tante luci abbaglianti
nel negozio di lampade
del cervello morente;
dimenticati di loro.
Concentrati nell’essenza,
concentrati nella luce.
La luce fluisce verso di te da tutte le cose,
tutte le persone, tutte le possibili combinazioni
del bene e del male, tutti i pensieri
e tutte le passioni.
Le lampade sono diverse ma la luce è la stessa.
Una sostanza, un’energia, una luce, una mente-luce,
che emette tutte le cose, senza fine.
Un diamante rotante e bruciante,
uno, uno, uno.
Spogliati davanti al silenzio avvolgente ed amorevole.
Resta lì,
finché non vedi la luce con i suoi stessi occhi eterni.
Jallaluddin Mohammad Rumi
(poeta persiano del XIII° secolo)
13 maggio 2008 alle 02:29
Caro Paolo,
Forse il porsi tante domande su tutto, ha la funzione di lenire la nostra paura della morte o della vita; ma c’è poi differenza tra le due cose?
Aia, ecco guizzar via dalla mente un’altra domanda!
Lo vedi come sfuggono al mio controllo queste piccole pesti, che come delle alici argentee scorrazzano a destra e manca nel vasto mare, tenendo ben stretti a sé i punti interrogativi, che si vanno poi ad uncinare nella mia grigia e flaccida materia cerebrale, come spille di platino appuntate sull’artificioso vestito dell’anima.
Abbiamo la testa piena di questi uncini, di questi ami da pesca.
Ogni tanto ci rimangono agganciati tonni e merluzzi ma poi stufi li gettiamo via, perché capiamo che ci sono pesci sempre più succosi e grassi da pescare e allora continuiamo, fino a che riusciamo ad infilzare anche l’ultima delle balene che si era nascosta tra gli iceberg dell’Antartico, e dopo?
Cosa c’è di più grande di una balena?
Certo nulla che trovi posto nel mare, ma solo dopo aver fatto questa scoperta ci accorgiamo increduli che esso è vuoto oramai!
Svuotato da ogni dubbio e cupo, senza più ribelli alici argentee dai riflessi fuorvianti, tra i flutti del mare.
Tutti i pesci e le creature acquatiche che abbiamo ucciso lasciano ora spazio all’acqua che, pur sembrando silenziosa, ci può finalmente raccontare che il mare non può contenere tutti quei pesci che possano saziare la nostra rabbiosa fame d’essere, per farci passare la gastrite dell’angoscia e rimpinzarci di speranze.
D’un tratto ci accorgiamo dell’esistenza, oltre ai pesci, del saggio mare, nel quale ora stiamo nuotando soli e in completo relax, galleggiando sulla superficie dell’acqua come dei morti.
Andando a pesca avevamo conosciuto tutte le creature degli oceani.
Le alghe ci solleticavano i piedi e le stelle marine erano i nostri punti di riferimento, che come dei rassicuranti simboli sapevano indicarci la via per non farci errare senza meta nelle profonde acque del mare.
Ora però, che siamo rimasti soli, ci dimentichiamo pian piano di aver mai veduto dei pesci o qualsiasi altra creatura marina. Infine, senza poter fare più differenze tra noi e loro e a causa del tempo fuggevole, neanche tenerci a galla con dei salvagente gonfi di ricordi, andiamo in apnea.
Così ci scordiamo di essere noi gli umani e pensando di essere dei pesci, ci chiediamo incuriositi dove sono finiti tutti quegli uomini pescatori, le donne e i bambini del mondo.
Un tempo da queste parti se ne vedevano così tanti…
Meglio così!
Vivremo beati, senza paure e più a lungo, senza di loro.
Ora mi chiedo (anche), quale può essere la morale di questo mio agglomerato di libere associazioni, che hanno colorato la bizzarra parabola in stile marinaro.
Forse è quella di riuscire a vedere il tutto da più punti di vista possibili, in modo da accorgerci poi, come dici tu, che siamo tutti uno, nel tutto.
Con affetto,
Elke